Paolo Ventura. D’Armi e D’Uomini
Dal 07 Marzo 2015 al 26 Aprile 2015
Lissone | Milano
Luogo: Museo d’Arte Contemporanea
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: mercoledì e venerdì 10-13; giovedì 16-23; sabato e domenica 10-12 / 15-19
Curatori: Walter Guadagnini, Alberto Zanchetta
Enti promotori:
- Comune di Lissone
Telefono per informazioni: +39 039 7397368 / 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.museolissone.it/
Dall’8 marzo al 26 aprile 2015, il Museo d’Arte Contemporanea di Lissone ospita la mostra di Paolo Ventura (Milano, 1968), dal titolo D’Armi e D’Uomini.
L’esposizione è parte del programma culturale Era una notte, promosso dal Comune di Lissone, in occasione del primo centenario della dichiarazione di guerra all’Austria e all’Ungheria da parte dell’Italia.
La rassegna, curata da Walter Guadagnini e Alberto Zanchetta, direttore del Museo, presenta una selezione di opere che Paolo Ventura ha realizzato ispirandosi ai tempi eroici e funesti della Grande Guerra, affiancate da fotografie dell’epoca (provenienti dal Comando Supremo e dal Ministero della Marina), documenti e cartoline, tessere di riconoscimento e prime edizioni del movimento futurista.
Agli istrionici futuristi, che consideravano la guerra come «sola igiene del mondo», Ventura ha dedicato una serie di immagini che suggellano lo spirito di esacerbato interventismo tipico dei primi decenni del Novecento.
Se Morte e resurrezione di Giovanni D., opera inedita stampata su veline applicate direttamente a parete, rivela un soldato immolato alla causa, ne I gemelli si nota lo stesso Paolo Ventura e il fratello gemello indossare le divise militari dell’Austria e dell’Italia mentre duellano per “Amor di Patria”.
Le atmosfere surreali di Paolo Ventura trasmettono un velo di ironica – ma pur sempre inquieta – malinconia; le sequenze fotografiche raccontano storie brevi, semplici e allo stesso tempo inaspettate, ambientate in scenari che non sono altro che lo studio dell’artista, in cui sono stati allestiti i fondali da lui dipinti.
La fotografia di Ventura non “registra” passivamente l’esistente ma ricrea un immaginario dove i protagonisti, le scene e i costumi mescolano le fantasmagorie del tardo Settecento con le “memorie” del conflitto armato.
L’artista accompagnerà le immagini con testi scritti di proprio pugno, oggetti della sua collezione e costumi di scena che si avvicenderanno con autentici cimeli bellici (borracce, elmetti, pinze tagliafili) creando un’alternanza tra la pura finzione e ciò che è effettivamente reale. Tra soldati infagottati nelle loro uniformi e truppe che combattono ai confini delle proprie nazioni, la mostra intende creare una frenesia bellica che ci ricorda i tanti eroi e le troppe vittime della Grande Guerra, ma soprattutto quell’indole guerrafondaia che non cesserà mai le ostilità, così come testimonia la serie de Il soldato di Napoleone in si avverte il peso dei conflitti che hanno vessato il corso di tutta la storia umana.
Giorgio de Chirico aveva detto che «le guerre, una volta cominciate, pare che non debbano finire mai, come le disgrazie e le sofferenze che suscitano».
Sabato 7 marzo, in contemporanea con l’apertura della mostra di Paolo Ventura, saranno inaugurate altre tre personali.
La prima, è quella di Matteo Fato (Pescara, 1979), dal titolo Krinein (la) crisi, che presenta, fino al 19 aprile 2015, opere degli ultimi anni che dialogano tra loro in modo sincronico, restituendo così una visione ampia e completa della ricerca intrapresa in seno alla pittura, al disegno e alla scultura. Autoritratti e paesaggi rimandano ai grandi temi della pittura antica, rivisitata con uno sguardo rivolto al presente. Tra i motif cari all’artista viene qui riproposto un ciclo dedicato alla pigna, il frutto delle pinacee che in quest’occasione assume una valenza araldica, come nel caso dei dipinti con i cavalieri e le armature. Oltre a di-segni digitali e visori stereoscopici, in una bacheca sono esposte le riproduzioni di tre opere su carta, realizzate per la rivista CO2, a cui si aggiunge un intervento inedito, pensato per un quarto numero mai pubblicato.
Nella seconda, Magazzinoscuro, Paolo Grassino (Torino, 1967), propone fino al 3 maggio 2015, sculture dipinte di un nero fumo che – alla maniera della caligine – sembra essersi depositata sugli oggetti; l’allestimento è concepito come lo stoccaggio di un magazzino; i pallet, usati per trasportare le opere, diventano quindi parte integrante dell’esposizione, elemento strutturale (dell’installazione) e allo stesso tempo de-strutturante (per ciò che concerne lo spazio).
Inoltre, Echi dal bianco rievoca, fino al 19 aprile 2015, un luogo dove si rinvengono blocchi di marmo, materia prima (e d’eccellenza) della statuaria antica. Per la project room del MAC di Lissone, Vincenzo Rusciano (Napoli, 1973) offre due opere in cui si danno appuntamento le ambiguità della storia e della cultura.
L’esposizione è parte del programma culturale Era una notte, promosso dal Comune di Lissone, in occasione del primo centenario della dichiarazione di guerra all’Austria e all’Ungheria da parte dell’Italia.
La rassegna, curata da Walter Guadagnini e Alberto Zanchetta, direttore del Museo, presenta una selezione di opere che Paolo Ventura ha realizzato ispirandosi ai tempi eroici e funesti della Grande Guerra, affiancate da fotografie dell’epoca (provenienti dal Comando Supremo e dal Ministero della Marina), documenti e cartoline, tessere di riconoscimento e prime edizioni del movimento futurista.
Agli istrionici futuristi, che consideravano la guerra come «sola igiene del mondo», Ventura ha dedicato una serie di immagini che suggellano lo spirito di esacerbato interventismo tipico dei primi decenni del Novecento.
Se Morte e resurrezione di Giovanni D., opera inedita stampata su veline applicate direttamente a parete, rivela un soldato immolato alla causa, ne I gemelli si nota lo stesso Paolo Ventura e il fratello gemello indossare le divise militari dell’Austria e dell’Italia mentre duellano per “Amor di Patria”.
Le atmosfere surreali di Paolo Ventura trasmettono un velo di ironica – ma pur sempre inquieta – malinconia; le sequenze fotografiche raccontano storie brevi, semplici e allo stesso tempo inaspettate, ambientate in scenari che non sono altro che lo studio dell’artista, in cui sono stati allestiti i fondali da lui dipinti.
La fotografia di Ventura non “registra” passivamente l’esistente ma ricrea un immaginario dove i protagonisti, le scene e i costumi mescolano le fantasmagorie del tardo Settecento con le “memorie” del conflitto armato.
L’artista accompagnerà le immagini con testi scritti di proprio pugno, oggetti della sua collezione e costumi di scena che si avvicenderanno con autentici cimeli bellici (borracce, elmetti, pinze tagliafili) creando un’alternanza tra la pura finzione e ciò che è effettivamente reale. Tra soldati infagottati nelle loro uniformi e truppe che combattono ai confini delle proprie nazioni, la mostra intende creare una frenesia bellica che ci ricorda i tanti eroi e le troppe vittime della Grande Guerra, ma soprattutto quell’indole guerrafondaia che non cesserà mai le ostilità, così come testimonia la serie de Il soldato di Napoleone in si avverte il peso dei conflitti che hanno vessato il corso di tutta la storia umana.
Giorgio de Chirico aveva detto che «le guerre, una volta cominciate, pare che non debbano finire mai, come le disgrazie e le sofferenze che suscitano».
Sabato 7 marzo, in contemporanea con l’apertura della mostra di Paolo Ventura, saranno inaugurate altre tre personali.
La prima, è quella di Matteo Fato (Pescara, 1979), dal titolo Krinein (la) crisi, che presenta, fino al 19 aprile 2015, opere degli ultimi anni che dialogano tra loro in modo sincronico, restituendo così una visione ampia e completa della ricerca intrapresa in seno alla pittura, al disegno e alla scultura. Autoritratti e paesaggi rimandano ai grandi temi della pittura antica, rivisitata con uno sguardo rivolto al presente. Tra i motif cari all’artista viene qui riproposto un ciclo dedicato alla pigna, il frutto delle pinacee che in quest’occasione assume una valenza araldica, come nel caso dei dipinti con i cavalieri e le armature. Oltre a di-segni digitali e visori stereoscopici, in una bacheca sono esposte le riproduzioni di tre opere su carta, realizzate per la rivista CO2, a cui si aggiunge un intervento inedito, pensato per un quarto numero mai pubblicato.
Nella seconda, Magazzinoscuro, Paolo Grassino (Torino, 1967), propone fino al 3 maggio 2015, sculture dipinte di un nero fumo che – alla maniera della caligine – sembra essersi depositata sugli oggetti; l’allestimento è concepito come lo stoccaggio di un magazzino; i pallet, usati per trasportare le opere, diventano quindi parte integrante dell’esposizione, elemento strutturale (dell’installazione) e allo stesso tempo de-strutturante (per ciò che concerne lo spazio).
Inoltre, Echi dal bianco rievoca, fino al 19 aprile 2015, un luogo dove si rinvengono blocchi di marmo, materia prima (e d’eccellenza) della statuaria antica. Per la project room del MAC di Lissone, Vincenzo Rusciano (Napoli, 1973) offre due opere in cui si danno appuntamento le ambiguità della storia e della cultura.
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