La natura di Alik Cavaliere cibo per l'arte
Dal 13 Maggio 2015 al 14 Ottobre 2015
Milano
Luogo: Centro Artistico Alik Cavaliere
Indirizzo: via De Amicis 17
Orari: 17-21,30
Curatori: Francesco Tedeschi
Enti promotori:
- Centro artistico Alik Cavaliere
- con il patrocinio di EXPO 2015 e del Ministero dei Beni culturali
Telefono per informazioni: +39 02 8323220
E-Mail info: centro.alikcavaliere@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.alikinexpo.it
Nei mesi di EXPO, il Centro Artistico Alik Cavaliere, con il patrocinio di EXPO 2015 e del Ministero dei Beni culturali, ha organizzato una Mostra di sculture, curata da Francesco Tedeschi, sull’originalissimo rapporto tra le opere di Alik e la “natura germinante”, con i suoi frutti visibili e metaforici.
Durante il periodo della esposizione vi saranno incontri ed eventi.
La mostra vuole ricordare la presenza e l’opera di Alik Cavaliere a Milano, la città dove lo scultore ha avuto le sue radici fin dai tempi della sua frequentazione di Brera, della condivisione dei primi passi del lavoro artistico con amici come Dario Fo, suo compagno di studi e di invenzioni, e della sua collaborazione al film di Vittorio De Sica Miracolo a Milano; il luogo dove la sua opera è cresciuta e maturata, negli anni fervidi e fecondi della seconda metà del Novecento, in cui è stato a lungo docente di scultura all’Accademia di Brera, titolare della prestigiosa cattedra che fu di Marino Marini.
La natura è personaggio vivente nelle opere di Cavaliere, interlocutore attivo del suo fare artistico, cibo per l’arte e per il pensiero, elemento sempre presente, punto di partenza e termine di confronto della sua rivisitazione dell’esperienza umana. La mela, in particolare è il cibo della conoscenza, il primo frutto del giardino dell’Eden, che può rendere l’uomo indipendente dal destino, capace di conquistare la propria libertà superando i confini angusti dell’istinto, del predisposto, del banale, del consueto, del già detto, di evadere dall’angusto retaggio della convenzione, dall’abito sterile del conformismo, dalla facile trappola dell’omologazione, ma anche il metro del giudizio della bellezza, forma semplice e perfetta. Cavaliere la riproduce spesso in proporzioni e con caratteristiche diverse nel contesto dell’opera, di materia solida e resistente, in bronzo, ceramica o sostanze plastiche, su un piedistallo o nella gabbia intricata della vita.
L’intenso confronto che Cavaliere durante tutta la sua carriera artistica ha intessuto con la natura, anche attraverso la vitale rivisitazione del De rerum natura di Lucrezio, o del pensiero panteista e ilozoista di Giordano Bruno, ha avuto forse il suo momento più intenso nella straordinaria “serra” allestita nella stanza personale alla Biennale di Venezia del 1964 e nella mostra Arbres alla Galleria Schwarz, dove aleggiava una concordia discors che evocava ad un tempo “la fecondità della vita e la legge della morte, l’infinita energia della natura e la sua infinita fragilità” (Elena Pontiggia, Alik Cavaliere. Il giardino delle metamorfosi, in Alik Cavaliere. Catalogo delle sculture, Silvana Editoriale 2011, p. 22).
L’intrico della natura è sempre posto nel suo rapporto con l’uomo, che ne è parte, in uno scambio dialettico, in un contrasto fecondo e infinito, al di là di ogni immediato naturalismo. La natura rinasce nell’opera di Cavaliere dai manufatti umani, si rigenera, evade dalle gabbie che vorrebbero comprimerla e costringerla, si pone come interlocutrice inestinguibile per l’artista, in primis, ma anche per lo spettatore.
La sua è una natura labirinto, generante, lussuriosa, che inghiotte e distrugge, ma vivifica al contempo l’opera dell’uomo; una natura potente, che costringe l’artista a riflettere, a interrogarsi, che lo obbliga, come scrive lo stesso Alik, “ad una invenzione continua, innestata sul nostro pensiero, sul nostro amore della realtà”.
La mostra si tiene nello splendido contesto di quello che è stato l’ultimo studio di Cavaliere, un magico giardino situato nel cuore della Milano romana e medievale, che occupa il braccio duecentesco di un grande convento ristrutturato nel XVI secolo, e presenta un’attenta riflessione su quello che è stato uno dei percorsi artistici tra i più significativi della scultura del secondo Novecento, permettendo una rilettura originale e proficua, sul piano della rielaborazione simbolica e culturale, dei temi di EXPO: cibo, energia, agricoltura sostenibile, integrazione tra uomo e natura, tra l’essere umano e il pianeta Terra.
“In questa nuova fase”, scriveva Alik Cavaliere in un taccuino del ’64, “ho inserito una osservazione della natura, una natura che diviene, si muove, travolge, sconvolge le cose, soprattutto assorbendole o dominandole.
Una natura varia e inquieta, germinante”
Nel periodo della mostra, si terrà, tra l’altro, la quarta edizione di
Parole immaginate, anche quest’anno in collaborazione con i docenti e gli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti Milano
giovedì 21 Maggio, ore 18.30
“Biografie”: performance live con gli studenti del II anno
(a cura di Antonella Cirigliano)
giovedì 28 Maggio, ore 18.30
Sarasso presenta il suo libro Aeneas
(a cura di Alessandro Bertante )
giovedì 4 Giugno, ore 18.30
Miracolo a Milano con Giuseppina Turra, Alessandro Mor +2 musicisti (a cura di Giacomo Andrico)
Nella seconda metà di giugno, eventi curati da Andrea Branzi e Michele De Lucchi.
Le altre iniziative saranno comunicate nel corso dell’esposizione. www.alikinexpo.it
Durante il periodo della esposizione vi saranno incontri ed eventi.
La mostra vuole ricordare la presenza e l’opera di Alik Cavaliere a Milano, la città dove lo scultore ha avuto le sue radici fin dai tempi della sua frequentazione di Brera, della condivisione dei primi passi del lavoro artistico con amici come Dario Fo, suo compagno di studi e di invenzioni, e della sua collaborazione al film di Vittorio De Sica Miracolo a Milano; il luogo dove la sua opera è cresciuta e maturata, negli anni fervidi e fecondi della seconda metà del Novecento, in cui è stato a lungo docente di scultura all’Accademia di Brera, titolare della prestigiosa cattedra che fu di Marino Marini.
La natura è personaggio vivente nelle opere di Cavaliere, interlocutore attivo del suo fare artistico, cibo per l’arte e per il pensiero, elemento sempre presente, punto di partenza e termine di confronto della sua rivisitazione dell’esperienza umana. La mela, in particolare è il cibo della conoscenza, il primo frutto del giardino dell’Eden, che può rendere l’uomo indipendente dal destino, capace di conquistare la propria libertà superando i confini angusti dell’istinto, del predisposto, del banale, del consueto, del già detto, di evadere dall’angusto retaggio della convenzione, dall’abito sterile del conformismo, dalla facile trappola dell’omologazione, ma anche il metro del giudizio della bellezza, forma semplice e perfetta. Cavaliere la riproduce spesso in proporzioni e con caratteristiche diverse nel contesto dell’opera, di materia solida e resistente, in bronzo, ceramica o sostanze plastiche, su un piedistallo o nella gabbia intricata della vita.
L’intenso confronto che Cavaliere durante tutta la sua carriera artistica ha intessuto con la natura, anche attraverso la vitale rivisitazione del De rerum natura di Lucrezio, o del pensiero panteista e ilozoista di Giordano Bruno, ha avuto forse il suo momento più intenso nella straordinaria “serra” allestita nella stanza personale alla Biennale di Venezia del 1964 e nella mostra Arbres alla Galleria Schwarz, dove aleggiava una concordia discors che evocava ad un tempo “la fecondità della vita e la legge della morte, l’infinita energia della natura e la sua infinita fragilità” (Elena Pontiggia, Alik Cavaliere. Il giardino delle metamorfosi, in Alik Cavaliere. Catalogo delle sculture, Silvana Editoriale 2011, p. 22).
L’intrico della natura è sempre posto nel suo rapporto con l’uomo, che ne è parte, in uno scambio dialettico, in un contrasto fecondo e infinito, al di là di ogni immediato naturalismo. La natura rinasce nell’opera di Cavaliere dai manufatti umani, si rigenera, evade dalle gabbie che vorrebbero comprimerla e costringerla, si pone come interlocutrice inestinguibile per l’artista, in primis, ma anche per lo spettatore.
La sua è una natura labirinto, generante, lussuriosa, che inghiotte e distrugge, ma vivifica al contempo l’opera dell’uomo; una natura potente, che costringe l’artista a riflettere, a interrogarsi, che lo obbliga, come scrive lo stesso Alik, “ad una invenzione continua, innestata sul nostro pensiero, sul nostro amore della realtà”.
La mostra si tiene nello splendido contesto di quello che è stato l’ultimo studio di Cavaliere, un magico giardino situato nel cuore della Milano romana e medievale, che occupa il braccio duecentesco di un grande convento ristrutturato nel XVI secolo, e presenta un’attenta riflessione su quello che è stato uno dei percorsi artistici tra i più significativi della scultura del secondo Novecento, permettendo una rilettura originale e proficua, sul piano della rielaborazione simbolica e culturale, dei temi di EXPO: cibo, energia, agricoltura sostenibile, integrazione tra uomo e natura, tra l’essere umano e il pianeta Terra.
“In questa nuova fase”, scriveva Alik Cavaliere in un taccuino del ’64, “ho inserito una osservazione della natura, una natura che diviene, si muove, travolge, sconvolge le cose, soprattutto assorbendole o dominandole.
Una natura varia e inquieta, germinante”
Nel periodo della mostra, si terrà, tra l’altro, la quarta edizione di
Parole immaginate, anche quest’anno in collaborazione con i docenti e gli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti Milano
giovedì 21 Maggio, ore 18.30
“Biografie”: performance live con gli studenti del II anno
(a cura di Antonella Cirigliano)
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Sarasso presenta il suo libro Aeneas
(a cura di Alessandro Bertante )
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Nella seconda metà di giugno, eventi curati da Andrea Branzi e Michele De Lucchi.
Le altre iniziative saranno comunicate nel corso dell’esposizione. www.alikinexpo.it
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