Immagini e parole: il racconto della memoria - Ferdinando Scianna. Visti&Scritti
Dal 23 Settembre 2014 al 23 Settembre 2014
Milano
Luogo: Spazio Tadini
Indirizzo: via Niccolò Jommelli 24
Orari: Apertura 20.30; inizio incontro 21
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 26829749
E-Mail info: ms@spaziotadini.it
Sito ufficiale: http://milanoartexpo.com/2014/08/03/spazio-tadini-ferdinando-scianna-presenta-vistiscritti-milano-arte-expo-fotografia/
Martedì 23 settembre 2014 Ferdinando Scianna incontrerà il pubblico presso lo Spazio Tadini a Milano in occasione dell’uscita di Visti&Scritti (Contrasto). Il fotografo dialogherà con Alberto Bianda, l’art director che ha curato e impaginato il volume, per raccontare come è nato questo libro che lega insieme immagini e parole.
L’appuntamento è alle 21 in Via Niccolò Jommelli, 24. L’incontro, primo in cui si presenta Visti&Scritti a Milano, sarà un’occasione unica per scoprire i segreti della fucina creativa del grande maestro della fotografia. Visti&Scritti è l’ultimo libro pubblicato da Ferdinando Scianna, nella collana In Parole di Contrasto. Si tratta di un libro che chiude un ciclo personale, che si potrebbe definire il ciclo della memoria, che comprende tre volumi. Prima di quest’ultimo ci sono stati, Ti mangio con gli occhi (2013, Contrasto) e nel 2001 Quelli di Bagheria. Ciclo della memoria perché rievoca l’infanzia e la prima giovinezza di Scianna in Sicilia, ma anche perché si avvale del tema del cibo come innesco del racconto. Nell’ultimo libro il fotografo siciliano raccoglie 350 ritratti realizzati in oltre cinquanta anni di mestiere. Per ogni ritratto Scianna ha scritto un testo che lo accompagna, tentando quindi un grande affresco autobiografico. Libro memoria, libro specchio anche Visti&Scritti dunque. Ma i tre titoli insieme propongono anche un nuovo percorso narrativo per Ferdinando Scianna. L’autore, infatti, sperimenta e propone dei libri nei quali le fotografie si coniugano in maniera stretta e inscindibile con la scrittura. Ha sempre dichiarato che l’obbiettivo centrale della sua idea di fotografia sono i libri. Ne ha pubblicati oltre quaranta e sono stati sempre al centro della sua riflessione su come finalizzare il proprio racconto fotografico. Ma una cosa è comporre un album di fotografie, altra cosa è scrivere un romanzo o un saggio, altro ancora concepire dei libri in cui questi due linguaggi ambiscano a un nuovo, diverso tipo di racconto, che non è possibile leggere prescindendo dalle immagini, né - guardando le immagini - prescindendo dalle parole che vi scorrono insieme (e non accanto). Per progettare libri di questo tipo, a cominciare da Quelli di Bagheria, Scianna ha capito di avere bisogno di una relazione importante e diversa con un art director con il quale stabilire un rapporto dialettico, profondo e molto complice per organizzare la vera e popria architettura del libro. L’incontro con Alberto Bianda è stato in questo senso fondamentale. Scianna concepisce i propri libri autonomamente, ma rispetto ai tre succitati (come anche, per esempio, per la grande monografia La geometria e la Passione, pure realizzata insieme) considera Bianda alla stregua di un coautore. Nel senso che il contributo dell’art director alla realizzazione non è stato semplicemente grafico e formale, ma molto più profondo, essendo entrato nello spirito stesso del libro contribuendo in maniera molto rilevante al risultato finale. Di questa esperienza, di questa complicità si parlerà il 23 settembre allo spazio Tadini. SCHEDA LIBRO Formato: 16x22 cm Pagine 432 Fotografie 353 Prezzo 24,90 “Mi capitava ogni tanto di sognare che entravo in una piazza e in quella piazza, gremita, scoprivo che c’erano le persone, attraverso le quali ho vissuto la vita. I vivi, i morti, i miei cari, gli amici, i tanti maestri, e in tutti mi riconoscevo, tutti mi suscitavano ricordi, emozioni, pensieri. Un sogno felice. Quella piazza è diventata questo libro. Sono tanti, ma molto più numerosi sono quelli che non ci sono. In un certo senso ci sono tutti, li ringrazio.” Ferdinando Scianna Dopo aver raccontato il suo rapporto con il cibo e i piaceri della tavola in Ti mangio con gli occhi, con Visti&Scritti Scianna torna a confrontarsi di nuovo con la scrittura raccontando - con parole e immagini - gli innumerevoli incontri avuti nel corso della sua vita e i ritratti che ne sono scaturiti. Così, come in una enorme piazza virtuale, sfogliando il libro abbiamo il privilegio di imbatterci, uno dopo l’altro, nei volti di grandi personaggi (attori, scrittori, registi, colleghi fotografi, artisti, cantanti, grandi stilisti e così via), dei suoi amici e dei familiari più cari, ma anche di gente comune che ha colpito lo sguardo del fotografo per un momento. Ecco quindi i ritratti di Giuseppe Tornatore e Mario Monicelli, ma anche della madre di Scianna e delle figlie, di Paolo Pellegrin, Henri Cartier-Bresson, e poi Ken Follett, Toni Servillo, José Saramago, Karl Lagerfeld, Gianfranco Ferré, Alberto Moravia e molti altri ancora. Una lunga carrellata di icone, di sguardi, di pose, di istantanee in bianco e nero che tessono il percorso personale e professionale dell’autore e per i quali il fotografo ha sentito il bisogno raccontare una storia. Ogni ritratto, infatti, è accompagnato da un testo in cui Scianna presenta il personaggio, definendone le peculiarità anche caratteriali (oltre che estetiche), in cui racconta il momento dello scatto, il suo rapporto con la persona fotografata, ma anche semplicemente le emozioni suscitate da quell’incontro. Il volume presenta oltre 350 volti dei quali il fotografo siciliano è riuscito a cogliere l’essenza e la personalità nel brevissimo e fugace istante di uno scatto, con la bravura e l’attenzione di un vero maestro e con l’acume e la sensibilità di un grande intellettuale. Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facolta di Lettere e Filosofia all' Universita di Palermo. In questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni piu tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, Ie cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. É autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attivita critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Alberto Bianda. Nato a Freiburg in Germania il 18 giugno del 1955, una delle tappe della carriera diplomatica del padre. Si diploma in grafica a Lugano nel 1980. Dopo aver lavorato a Milano con Pierluigi Cerri presso la Gregotti associati da febbraio 1981, inizia l’attività professionale in proprio nel 1984. Nel 1987 la Banca del Gottardo lo incarica dell’ideazione dell’immagine della Galleria Gottardo, di cui è art director fino alla chiusura della medesima avvenuta nel mese di ottobre del 2008. Dal 1996 inizia l’attività didattica al CSIA di Lugano e dal 1997 alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, (SUPSI). Dal 2003 al 2005 è co-responsabile del ciclo di Comunicazione visiva presso lo stesso Dipartimento della Supsi, dove contribuisce all’ottenimento della certificazione federale del dipartimento stesso. Tiene inoltre corsi al Politecnico di Milano e all’Isia di Urbino. Viene chiamato a Photoespaña 2009 a tenere una conferenza sul libro di fotografia, nell’ambito degli Encuentros sul tema Le parole e la fotografia. Dal 1999 al 2002 è art director per la fotografia per la Federico Motta Editore. Fonda nel 2001 il suo studio, Theredbox Communication design. Nel 2010 vince il concorso per il neo-nato Centro Culturale Chiasso e ne diventa l’art director. Ha disegnato e curato, nel ruolo di art director, tutta la comunicazione della Galleria Gottardo, una fondazione per la cultura della Banca del Gottardo, progettandone tutti i manifesti, i cataloghi e gli allestimenti, affiancando a questo in alcuni casi il lavoro di curatela. Sempre nell’ambito della Galleria Gottardo propone, disegna e cura il volume e la mostra di Ferdinando Scianna “Quelli di Bagheria”. Attualmente vive, lavora e insegna a Lugano. Tra i libri più importanti e premiati ricordiamo: Gabriele Basilico, L’esperienza dei luoghi, (Galleria Gottardo, Lugano 1983, Arté, Treviso 1994); Ferdinando Scianna, Quelli di Bagheria, (Galleria Gottardo, Lugano 2002, Peliti Associati, 2003, Quaderni dell’Ortigia, 2009); Antonio Biasiucci, Res, lo stato delle cose (Galleria Gottardo/Contrasto, Lugano 2004), Gabriele Basilico, Diario di lavoro, (Peliti Associati, 2006, Actes Sud, 2006, Dewi Lewis, 2006); Ferdinando Scianna, La geometria e la passione, (Contrasto, Milano 2009); Sergio Libis e Alberto Bianda, Sergio Libis, fotografo a Milano 1956-1995. (Gabriele Capelli Editore/m.a.x.museo, Mendrisio, 2010), Giardini e padiglioni della Biennale di Venezia. Fotografie di Gabriele Basilico, a cura di Adele Re Rebaudengo (Contrasto, Milano, 2013). Ha collaborato con numerosi professionisti tra i quali: Gabriele Basilico, Paola Bergna, Antonio Biasiucci, Mario Botta, Giampiero Bosoni, Giovanna Calvenzi, Achille Castiglioni, Pierluigi Cerri, Donna Ferrato, Max Huber, Antonin Kratochvil, Sergio Libis, Bruno Monguzzi, Francesco Radino, Ferdinando Scianna, Livio Vacchini, Roberta Valtorta, Silvio Wolf. Spazio Tadini è luogo di eventi culturali nel panorama milanese. Si colloca in uno dei primi edifici in cemento armato del Novecento, tra le mura di una ex tipografia storica della città e dello studio che fu di uno dei più amati pittori e scrittori milanesi: Emilio Tadini. Oggi è un luogo che da spazio all’arte, alla musica, alla narrativa, alla poesia, alla saggistica, al teatro, alla danza e ai dibattiti culturali. In via Jommelli 24, a pochi passi da Piazzale Loreto, già nei primi due anni di vita si sono susseguiti più di 200 eventi. A Spazio Tadini si sono incontrati decine di artisti, sono nate idee e progetti che hanno messo in relazione arti diverse. Questo in una dimensione umana e temporale che ricorda quella Milano della ricostruzione del dopoguerra e del boom economico in cui nascevano case editrici, riviste e grandi e piccoli luoghi d’arte che vennero del resto molto copiati anche all’estero. Spazio Tadini nasce in omaggio all’amore di Emilio Tadini per la cultura e l’arte su iniziativa di Francesco Tadini, suo figlio, e Melina Scalise. In questo luogo, c’è molto di lui, ci sono i suoi quadri, la sua nicchia dello studio con il lavello e i pennelli ancora intatta, ma tutto ciò che sta intorno è cambiato. Non è un luogo della memoria, ma è vitale e propositivo aperto agli artisti e alla cultura così come lui era attento ai giovani e alle avanguardie. Oggi il suo atelier ospita opere di artisti giovani e meno giovani, noti e meno noti, italiani e stranieri. L’ecletticità che ha contraddistinto il suo lavoro è stata traslata in un luogo fisico: Spazio Tadini. Il successo di Spazio Tadini si misura dal numero di eventi e dalle migliaia di iscritti alla newsletter che, ogni settimana, ricevono il calendario degli appuntamenti culturali. Sono passati da Spazio Tadini artisti di talento a livello internazionale. Sono passati decine e decine di scrittori. Ha ospitato compagnie teatrali e dato luogo a dibattiti e approfondimenti. Promettenti artisti contemporanei hanno avuto occasione di esporre la loro arte davanti ad un pubblico molto numeroso.?In un unico luogo le persone possono trovare più proposte e stimoli artistici. Si può visitare una mostra personale, una collettiva, ascoltare musica, vedere uno spettacolo, discutere sull’argomento di un libro, partecipare ad un dibattito sui temi di attualità.
L’appuntamento è alle 21 in Via Niccolò Jommelli, 24. L’incontro, primo in cui si presenta Visti&Scritti a Milano, sarà un’occasione unica per scoprire i segreti della fucina creativa del grande maestro della fotografia. Visti&Scritti è l’ultimo libro pubblicato da Ferdinando Scianna, nella collana In Parole di Contrasto. Si tratta di un libro che chiude un ciclo personale, che si potrebbe definire il ciclo della memoria, che comprende tre volumi. Prima di quest’ultimo ci sono stati, Ti mangio con gli occhi (2013, Contrasto) e nel 2001 Quelli di Bagheria. Ciclo della memoria perché rievoca l’infanzia e la prima giovinezza di Scianna in Sicilia, ma anche perché si avvale del tema del cibo come innesco del racconto. Nell’ultimo libro il fotografo siciliano raccoglie 350 ritratti realizzati in oltre cinquanta anni di mestiere. Per ogni ritratto Scianna ha scritto un testo che lo accompagna, tentando quindi un grande affresco autobiografico. Libro memoria, libro specchio anche Visti&Scritti dunque. Ma i tre titoli insieme propongono anche un nuovo percorso narrativo per Ferdinando Scianna. L’autore, infatti, sperimenta e propone dei libri nei quali le fotografie si coniugano in maniera stretta e inscindibile con la scrittura. Ha sempre dichiarato che l’obbiettivo centrale della sua idea di fotografia sono i libri. Ne ha pubblicati oltre quaranta e sono stati sempre al centro della sua riflessione su come finalizzare il proprio racconto fotografico. Ma una cosa è comporre un album di fotografie, altra cosa è scrivere un romanzo o un saggio, altro ancora concepire dei libri in cui questi due linguaggi ambiscano a un nuovo, diverso tipo di racconto, che non è possibile leggere prescindendo dalle immagini, né - guardando le immagini - prescindendo dalle parole che vi scorrono insieme (e non accanto). Per progettare libri di questo tipo, a cominciare da Quelli di Bagheria, Scianna ha capito di avere bisogno di una relazione importante e diversa con un art director con il quale stabilire un rapporto dialettico, profondo e molto complice per organizzare la vera e popria architettura del libro. L’incontro con Alberto Bianda è stato in questo senso fondamentale. Scianna concepisce i propri libri autonomamente, ma rispetto ai tre succitati (come anche, per esempio, per la grande monografia La geometria e la Passione, pure realizzata insieme) considera Bianda alla stregua di un coautore. Nel senso che il contributo dell’art director alla realizzazione non è stato semplicemente grafico e formale, ma molto più profondo, essendo entrato nello spirito stesso del libro contribuendo in maniera molto rilevante al risultato finale. Di questa esperienza, di questa complicità si parlerà il 23 settembre allo spazio Tadini. SCHEDA LIBRO Formato: 16x22 cm Pagine 432 Fotografie 353 Prezzo 24,90 “Mi capitava ogni tanto di sognare che entravo in una piazza e in quella piazza, gremita, scoprivo che c’erano le persone, attraverso le quali ho vissuto la vita. I vivi, i morti, i miei cari, gli amici, i tanti maestri, e in tutti mi riconoscevo, tutti mi suscitavano ricordi, emozioni, pensieri. Un sogno felice. Quella piazza è diventata questo libro. Sono tanti, ma molto più numerosi sono quelli che non ci sono. In un certo senso ci sono tutti, li ringrazio.” Ferdinando Scianna Dopo aver raccontato il suo rapporto con il cibo e i piaceri della tavola in Ti mangio con gli occhi, con Visti&Scritti Scianna torna a confrontarsi di nuovo con la scrittura raccontando - con parole e immagini - gli innumerevoli incontri avuti nel corso della sua vita e i ritratti che ne sono scaturiti. Così, come in una enorme piazza virtuale, sfogliando il libro abbiamo il privilegio di imbatterci, uno dopo l’altro, nei volti di grandi personaggi (attori, scrittori, registi, colleghi fotografi, artisti, cantanti, grandi stilisti e così via), dei suoi amici e dei familiari più cari, ma anche di gente comune che ha colpito lo sguardo del fotografo per un momento. Ecco quindi i ritratti di Giuseppe Tornatore e Mario Monicelli, ma anche della madre di Scianna e delle figlie, di Paolo Pellegrin, Henri Cartier-Bresson, e poi Ken Follett, Toni Servillo, José Saramago, Karl Lagerfeld, Gianfranco Ferré, Alberto Moravia e molti altri ancora. Una lunga carrellata di icone, di sguardi, di pose, di istantanee in bianco e nero che tessono il percorso personale e professionale dell’autore e per i quali il fotografo ha sentito il bisogno raccontare una storia. Ogni ritratto, infatti, è accompagnato da un testo in cui Scianna presenta il personaggio, definendone le peculiarità anche caratteriali (oltre che estetiche), in cui racconta il momento dello scatto, il suo rapporto con la persona fotografata, ma anche semplicemente le emozioni suscitate da quell’incontro. Il volume presenta oltre 350 volti dei quali il fotografo siciliano è riuscito a cogliere l’essenza e la personalità nel brevissimo e fugace istante di uno scatto, con la bravura e l’attenzione di un vero maestro e con l’acume e la sensibilità di un grande intellettuale. Ferdinando Scianna nasce a Bagheria in Sicilia, nel 1943. Comincia a fotografare negli anni '60, mentre frequenta la facolta di Lettere e Filosofia all' Universita di Palermo. In questo periodo fotografa, in modo sistematico, la sua terra, la sua gente, le sue feste. Nel 1965 esce il volume Feste Religiose in Sicilia, con un saggio di Leonardo Sciascia: ha così inizio una lunga collaborazione e amicizia tra Scianna e lo scrittore siciliano. Pochi anni piu tardi, nel 1967, si trasferisce a Milano, lavora per L'Europeo, e poi come corrispondente da Parigi, citta in cui vivrà per dieci anni. Nel 1977 pubblica in Francia Les Siciliens (Denoel), con testi di Domenique Fernandez e Leonardo Sciascia, e in Italia La villa dei mostri, sempre con un'introduzione di Sciascia. A Parigi scrive per Le Monde Diplomatique e La Quinzaine Litteraire e soprattutto conosce Henri Cartier-Bresson, Ie cui opere lo avevano influenzato fin dalla gioventù. Il grande fotografo lo introdurrà nel 1982, come primo italiano, nella prestigiosa agenzia Magnum. Dal 1987 alterna al reportage la fotografia di moda riscuotendo un successo internazionale. É autore di numerosi libri fotografici e svolge da anni un'attivita critica e giornalistica; ha pubblicato moltissimi articoli su temi relativi alla fotografia e alla comunicazione per immagini in generale. Alberto Bianda. Nato a Freiburg in Germania il 18 giugno del 1955, una delle tappe della carriera diplomatica del padre. Si diploma in grafica a Lugano nel 1980. Dopo aver lavorato a Milano con Pierluigi Cerri presso la Gregotti associati da febbraio 1981, inizia l’attività professionale in proprio nel 1984. Nel 1987 la Banca del Gottardo lo incarica dell’ideazione dell’immagine della Galleria Gottardo, di cui è art director fino alla chiusura della medesima avvenuta nel mese di ottobre del 2008. Dal 1996 inizia l’attività didattica al CSIA di Lugano e dal 1997 alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, (SUPSI). Dal 2003 al 2005 è co-responsabile del ciclo di Comunicazione visiva presso lo stesso Dipartimento della Supsi, dove contribuisce all’ottenimento della certificazione federale del dipartimento stesso. Tiene inoltre corsi al Politecnico di Milano e all’Isia di Urbino. Viene chiamato a Photoespaña 2009 a tenere una conferenza sul libro di fotografia, nell’ambito degli Encuentros sul tema Le parole e la fotografia. Dal 1999 al 2002 è art director per la fotografia per la Federico Motta Editore. Fonda nel 2001 il suo studio, Theredbox Communication design. Nel 2010 vince il concorso per il neo-nato Centro Culturale Chiasso e ne diventa l’art director. Ha disegnato e curato, nel ruolo di art director, tutta la comunicazione della Galleria Gottardo, una fondazione per la cultura della Banca del Gottardo, progettandone tutti i manifesti, i cataloghi e gli allestimenti, affiancando a questo in alcuni casi il lavoro di curatela. Sempre nell’ambito della Galleria Gottardo propone, disegna e cura il volume e la mostra di Ferdinando Scianna “Quelli di Bagheria”. Attualmente vive, lavora e insegna a Lugano. Tra i libri più importanti e premiati ricordiamo: Gabriele Basilico, L’esperienza dei luoghi, (Galleria Gottardo, Lugano 1983, Arté, Treviso 1994); Ferdinando Scianna, Quelli di Bagheria, (Galleria Gottardo, Lugano 2002, Peliti Associati, 2003, Quaderni dell’Ortigia, 2009); Antonio Biasiucci, Res, lo stato delle cose (Galleria Gottardo/Contrasto, Lugano 2004), Gabriele Basilico, Diario di lavoro, (Peliti Associati, 2006, Actes Sud, 2006, Dewi Lewis, 2006); Ferdinando Scianna, La geometria e la passione, (Contrasto, Milano 2009); Sergio Libis e Alberto Bianda, Sergio Libis, fotografo a Milano 1956-1995. (Gabriele Capelli Editore/m.a.x.museo, Mendrisio, 2010), Giardini e padiglioni della Biennale di Venezia. Fotografie di Gabriele Basilico, a cura di Adele Re Rebaudengo (Contrasto, Milano, 2013). Ha collaborato con numerosi professionisti tra i quali: Gabriele Basilico, Paola Bergna, Antonio Biasiucci, Mario Botta, Giampiero Bosoni, Giovanna Calvenzi, Achille Castiglioni, Pierluigi Cerri, Donna Ferrato, Max Huber, Antonin Kratochvil, Sergio Libis, Bruno Monguzzi, Francesco Radino, Ferdinando Scianna, Livio Vacchini, Roberta Valtorta, Silvio Wolf. Spazio Tadini è luogo di eventi culturali nel panorama milanese. Si colloca in uno dei primi edifici in cemento armato del Novecento, tra le mura di una ex tipografia storica della città e dello studio che fu di uno dei più amati pittori e scrittori milanesi: Emilio Tadini. Oggi è un luogo che da spazio all’arte, alla musica, alla narrativa, alla poesia, alla saggistica, al teatro, alla danza e ai dibattiti culturali. In via Jommelli 24, a pochi passi da Piazzale Loreto, già nei primi due anni di vita si sono susseguiti più di 200 eventi. A Spazio Tadini si sono incontrati decine di artisti, sono nate idee e progetti che hanno messo in relazione arti diverse. Questo in una dimensione umana e temporale che ricorda quella Milano della ricostruzione del dopoguerra e del boom economico in cui nascevano case editrici, riviste e grandi e piccoli luoghi d’arte che vennero del resto molto copiati anche all’estero. Spazio Tadini nasce in omaggio all’amore di Emilio Tadini per la cultura e l’arte su iniziativa di Francesco Tadini, suo figlio, e Melina Scalise. In questo luogo, c’è molto di lui, ci sono i suoi quadri, la sua nicchia dello studio con il lavello e i pennelli ancora intatta, ma tutto ciò che sta intorno è cambiato. Non è un luogo della memoria, ma è vitale e propositivo aperto agli artisti e alla cultura così come lui era attento ai giovani e alle avanguardie. Oggi il suo atelier ospita opere di artisti giovani e meno giovani, noti e meno noti, italiani e stranieri. L’ecletticità che ha contraddistinto il suo lavoro è stata traslata in un luogo fisico: Spazio Tadini. Il successo di Spazio Tadini si misura dal numero di eventi e dalle migliaia di iscritti alla newsletter che, ogni settimana, ricevono il calendario degli appuntamenti culturali. Sono passati da Spazio Tadini artisti di talento a livello internazionale. Sono passati decine e decine di scrittori. Ha ospitato compagnie teatrali e dato luogo a dibattiti e approfondimenti. Promettenti artisti contemporanei hanno avuto occasione di esporre la loro arte davanti ad un pubblico molto numeroso.?In un unico luogo le persone possono trovare più proposte e stimoli artistici. Si può visitare una mostra personale, una collettiva, ascoltare musica, vedere uno spettacolo, discutere sull’argomento di un libro, partecipare ad un dibattito sui temi di attualità.
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