Gabriele Di Matteo. Toute une vie, tous le elements, tous les documentes
Dal 21 Gennaio 2014 al 16 Febbraio 2014
Milano
Luogo: Spazioborgogno
Indirizzo: Ripa di Porta Ticinese 113
Orari: da martedì a sabato 15 - 19
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 89423535
E-Mail info: spazioborgogno@gmail.com
Sito ufficiale: http://spazioborgogno.com
Nel 1982 il Centre Pompidou di Parigi dedica una memorabile mostra retrospettiva a Jackson Pollock, figura mitica dell’arte americana e mondiale. Gabriele Di Matteo, che vide quella mostra, nel 2008 utilizza il catalogo che la accompagnava e che allora aveva acquistato, come materiale di partenza per una delle sue caratteristiche operazioni di quello che si può definire un processo di “riproduzione differente”. Le oltre settanta illustrazioni che costituiscono il corredo iconografico della sezione biografica, dal titolo “Une vie, éléments et documents” sono state riprese dall’artista napoletano e replicate pittoricamente. Tutte le fotografie, per la maggior parte in bianco e nero, che ritraggono Pollock al lavoro e nei diversi momenti della sua vita, sono di- ventate i quadri che costituisco questo imponente ciclo pittorico i cui titoli sono le didascalie stesse. Anche tutti i documenti presentati (lettere, dattiloscritti, ecc.), sono stati trascritti a mano, rifotografati e ingranditi. Al contrario, nel continuo gioco di slittamenti e inversioni che Di Matteo propone, le riproduzioni dei dipinti, o le porzioni di essi, riprodotti nel volume sono state omesse: al posto dei celebri dripping si trovano soltanto degli spazi bianchi.
Questa serie dedicata a Pollock, presentata a distanza di molti anni per la prima volta nella sua totalità (81 pitture e 31 documenti), è un capitolo fondamentale del lavoro di Di Matteo che da oltre vent’anni si caratterizza per una riflessione sui concetti chiave dell’estetica contemporanea, primo fra tutti quello della perdita dell’aura attraverso le tecniche di riproduzione. Un concetto che quest’opera allo stesso tempo sottolinea e contraddice nel salto di scala a cui le immagini sono state sottoposte per il passaggio dalla pagina alla parete. L’attitudine camaleontica delle operazioni concettuali di Gabriele Di Matteo, in questo lavoro attratto prevalentemente dalla “leggenda” del grande pittore americano (non è la prima volta che si cimenta con il tema delle biografie) si mostra anche nella realizzazione di un libro d’artista che mima in tutto e per tutto il volume di partenza e che ora accompagna la sua mostra. Parte integrante del ciclo pittorico è anche il video “My time. Ma peinture ne vien pas du chevalet” della durata di circa diciotto ore, le cui riprese a camera fissa sono state realizzate nello studio documentando così la completa nascita del grande dipinto tratto dall’immagine in cui Pollock è seduto sul predellino dell’auto su cui poi perderà la vita.
Il video mostra come il quadro sia stato realizzato da Di Matteo con il fondamentale aiuto di un pittore copista. Un processo già altre volte adottato dall’artista per continuare a porre quella radicale interrogazione sulla natura del linguaggio artistico, del meccanismo creativo e della messa in questione dell’originalità e dell’unicità dell’opera d’arte.
In occasione di questa mostra presso lo Spazioborgogno, Di Matteo ha realizzato un nuovo lavoro con le lastre tipografiche usate per la stampa del libro d’artista. Oggetti unici che hanno dato vita alla tiratura del volume e che oggi si presentano, nel continuo mescolare le carte che caratterizza il suo lavoro, come l’ulteriore variante del racconto di questa storia. Una possibilità diversa per una stessa misura proprio come nel celebre trois stoppages etalon di Duchamp, altro artista a cui Di Matteo nel 1993 ha dedicato una serie di lavori. La mostra è realizzata d’intesa con Federico Luger, Milano, in collaborazione con il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.
Questa serie dedicata a Pollock, presentata a distanza di molti anni per la prima volta nella sua totalità (81 pitture e 31 documenti), è un capitolo fondamentale del lavoro di Di Matteo che da oltre vent’anni si caratterizza per una riflessione sui concetti chiave dell’estetica contemporanea, primo fra tutti quello della perdita dell’aura attraverso le tecniche di riproduzione. Un concetto che quest’opera allo stesso tempo sottolinea e contraddice nel salto di scala a cui le immagini sono state sottoposte per il passaggio dalla pagina alla parete. L’attitudine camaleontica delle operazioni concettuali di Gabriele Di Matteo, in questo lavoro attratto prevalentemente dalla “leggenda” del grande pittore americano (non è la prima volta che si cimenta con il tema delle biografie) si mostra anche nella realizzazione di un libro d’artista che mima in tutto e per tutto il volume di partenza e che ora accompagna la sua mostra. Parte integrante del ciclo pittorico è anche il video “My time. Ma peinture ne vien pas du chevalet” della durata di circa diciotto ore, le cui riprese a camera fissa sono state realizzate nello studio documentando così la completa nascita del grande dipinto tratto dall’immagine in cui Pollock è seduto sul predellino dell’auto su cui poi perderà la vita.
Il video mostra come il quadro sia stato realizzato da Di Matteo con il fondamentale aiuto di un pittore copista. Un processo già altre volte adottato dall’artista per continuare a porre quella radicale interrogazione sulla natura del linguaggio artistico, del meccanismo creativo e della messa in questione dell’originalità e dell’unicità dell’opera d’arte.
In occasione di questa mostra presso lo Spazioborgogno, Di Matteo ha realizzato un nuovo lavoro con le lastre tipografiche usate per la stampa del libro d’artista. Oggetti unici che hanno dato vita alla tiratura del volume e che oggi si presentano, nel continuo mescolare le carte che caratterizza il suo lavoro, come l’ulteriore variante del racconto di questa storia. Una possibilità diversa per una stessa misura proprio come nel celebre trois stoppages etalon di Duchamp, altro artista a cui Di Matteo nel 1993 ha dedicato una serie di lavori. La mostra è realizzata d’intesa con Federico Luger, Milano, in collaborazione con il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.
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