Contemporary Tales
Contemporary Tales, Museo della Permanente, Milano
Dal 13 Luglio 2012 al 13 Settembre 2012
Milano
Luogo: Museo della Permanente
Indirizzo: via Filippo Turati 34
Orari: da martedì a domenica 10-13/ 14.30-18.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 6551445
E-Mail info: stampa@deangelispress.it
Sito ufficiale: http://www.lapermanente.it
Fantasy, American Story, Portraits. Sono questi i tre temi che corrispondono ad altrettanti percorsi
dipanati nella prima importante personale italiana dell’artista Elisabeth Strigini, che dal 13 luglio al 13
settembre 2012 sarà presente al Museo della Permanente di Milano con la mostra dal titolo
Contemporary Tales.
L’esposizione al Museo della Permanente, ricca di oltre trenta lavori fra oli e tecniche miste su tela
realizzate nell’ultimo decennio, comprenderà un’opera dal titolo Binky, che rappresenta il Bambi
disneyano, il più famoso cerbiatto dell’immaginario infantile e fiabesco, e che verrà donata ai bambini
del reparto di pediatria dell' Ospedale Fatebenefratelli di Milano, diretto dal Dott. Luca Bernardo.
Ideata da Ottavia Landi di Chiavenna con il coordinamento organizzativo di Sara Mesiano e con la
curatela di Chiara Gatti e Angelo Crespi, la mostra indaga la raffinata e introspettiva ricerca di Elisabeth
Strigini, personalità elegante e riservata nel panorama della figurazione internazionale.
Francese di nascita ma inglese d'adozione, Elisabeth Strigini vive e dipinge tra New York e Londra, e
negli ultimi anni ha lavorato a un ciclo di opere che, spaziando da formati minuti a dimensioni
monumentali, trattano temi di natura esistenziale piegati a un linguaggio in bilico fra surrealismo e pop.
Affascinata dai maestri del passato, dal Rinascimento italiano alla scuola fiamminga, Elisabeth è autrice
di immagini dove ricordi infantili dialogano con atmosfere nordiche, citazioni da Bosch e Bruegel, con
le sue indimenticabili nevi algide e silenziose, oltre a inserti spiazzanti ispirati al mondo dei cartoons,
dei comics e della cultura massmediatica. Un cocktail di elementi che restituiscono la natura visionaria
di una pittura colta e insieme vagamente underground, nella quale però l'uso di una tavolozza cupa, nei
toni della polvere, della nebbia e del buio, allude a riflessioni inquiete sul destino dell'uomo, sui grandi
temi dell'identità e della solitudine.
Il percorso della mostra sarà altresì giocato sulla cultura popolare contemporanea riletta dall'esperienza
interiore dell’artista le cui visioni accompagneranno il visitatore in tre grandi stanze labirintiche, divise
in altrettanti macro periodi, per toccare i motivi cari alla sua riflessione, come l’educazione, i massmedia,
le guerre, la paura, la religione; fulcri della ricerca esistenziale di Elisabeth e del suo rapporto
con la realtà odierna interpretata come una favola amara. L'obiettivo è dunque quello di creare,
complice l'allestimento firmato da Peter Bottazzi, un sogno-visione che trasformi le immagini in una
sorta di ipertesto surreale capace di traghettare la realtà in una dimensione trasognata. Un “racconto
contemporaneo” (Contemporary Tales appunto) allo scopo di produrre sulla tela una relazione segreta
tra osservatore e pittore, che accenda l’attenzione su soggetti dando forti emozioni e un coinvolgimento
immediato.
Fantasy
Qui prende vita il mondo interiore più profondo e sincero insito dentro di noi. La memoria di Elisabeth
(e un po' anche la nostra) è ispirata dalle fiabe dell'infanzia che narrano di castelli incantati immersi in
atmosfere cupe vagamente angoscianti, popolate di cerbiatti, bambini distesi sull’erba e addormentati,
paesaggi fatati dove tutto può accadere da un momento all’altro e dove, partendo da immagini del
mondo reale si arriva a percepire lo splendido mondo ribaltato dei più piccoli attraverso gli occhi degli
adulti e, di conseguenza, le opere pittoriche diventano la metafora di personali sensazioni infantili.
Come in Castle del 2005 che sembra uscita da una delle tavole del mondo Disney immersa ora in uno
scenario gotico.
American Story
In un contesto culturale assediato dai media di massa e dal flusso costante di immagini trasmesse via
etere, la guerra e le pop-stelle animano le sue tele, facce inquietanti di un mondo dai valori instabili. Nel
suo studio di Manhattan l’artista è ispirata da ciò che la circonda, l'universo di internet interagisce con il
suo subconscio andando via via a formare un fil-rouge tra immaginazione e realtà.
La copertura mediatica e il carisma delle pop-star influenza l'omonima serie Pop Star: l’esposizione
pubblica della vita di Michael Jackson o delle Spice Girl, come nell’opera SG del 2009, da sempre
affascinano l'autrice diventando il naturale “combustibile” della sua creatività stimolata dall'abuso che i
media e il pubblico compiono della privacy altrui.
Risale, in questo senso, al momento di eccitazione pre-elettorale, il ranch del Presidente, opera tratta da
un’immagine circolata in internet del rifugio di Bush, qui traslato nella tela The Ranch (2007). A Year
Ago (2008) è invece il caso di razzismo di Jena Six, realmente avvenuto nel 2006 in Louisiana.
A rappresentare il tema dell’amore, come metafora di ogni sensazione possibile, è invece un ciclo di
lavori dedicati ai marshmallow. Il tipico dolcetto americano, bianco e gommoso, diventa una massa
gigantesca e minacciosa che avanza fantasmatica verso bambine indifese sperse nella nebbia, come in
Little Girl and white Marshmallow (2005): in bilico tra amore e paura, è un omaggio alla teoria
dell’amore di Stendhal e ai due stadi che lo scrittore francese definisce di “cristallizzazione”.
Portraits
Questo periodo coincide con i viaggi continui da un continente all’altro durante i quali l’artista ha
cominciato a progettare ritratti immaginari e autoritratti fantasiosi nei panni di personaggi sospesi fra
attualità e suggestioni cinematografica. Ragazze cattive, Bond-girl armate di fucile come eroine o
terroriste. Il suo orizzonte si allarga qui a citazioni classiche, dai pittori del Rinascimento, come Jan
Van Eyck, a Raffaello, ad Albrecht Dürer e Hans Holbein il Giovane fonte della sua ispirazione in effigi
dalla forma classica e l'anima attuale. Ora Elisabeth dipinge con dovizia particolari delicati del viso,
come nell’opera GP del 2010, dedicata all'artista performer Grayson Perry, dove la linea tratteggia
espressioni gentili su una stazza solida. Ironia e inquietudine insieme non mancano nell'opera (una vera
dark tale!) Serial Hairdresser, il ritratto gotico di un parrucchiere pericoloso, dipinto con la grinta neo
espressionista di scuola freudiana. Ma la sua vocazione fantasy sboccia anche in questa serie di ritratti
sinistri, quando Elisabeth nasconde se stessa nel costume giocoso di un Teletubbies, e farcisce megaritratti
allegorici di simboli rubati ai magazine, alla tv, zeppi di suggestioni filmiche e messaggi
subliminali che si mescolano con garbo e sarcasmo, per svelare un racconto attuale di cui, alla fine lo
spettatore scopre d'essere protagonista.
La mostra è accompagnata da un volume edito da 24 ORE Cultura in edizione bilingue
italiano/inglese, introdotto da testi critici di Angelo Crespi e Chiara Gatti, curatori della mostra, Guy
Lesser, scrittore e giornalista, e Gauthier Hubert, artista belga che lavora con installazioni e dipinti.
Inoltre un ricco apparato iconografico attraversa un decennio di ricerca, in un percorso antologico
simile a quello pensato per la mostra milanese.
L'ARTISTA
Nata in Francia, Elisabeth Strigini si è laureata in Medicina presso l'Università di Montpellier, in
Francia, e ha conseguito un master in ricerca scientifica presso la Oxford University, nel Regno Unito.
Dopo aver lavorato un paio di anni nella ricerca clinica, ha deciso che questa non era la strada che
voleva seguire e si è dedicata alla sua passione per la pittura. Per lei, esprimere se stessa sulla tela
diventa una necessità. Inizia allora a lavorare accanto ad alcuni collettivi di artisti in Nuova Zelanda per
poi tornare a Londra nel 1999 e frequentare il Chelsea College of Art and Design per un anno. In questi
primi anni di attività partecipa ed espone le sue opere all'interno di varie mostre collettive in Francia,
Nuova Zelanda e Inghilterra. Si è poi trasferita in Belgio, per un breve periodo di tempo in Giappone e
infine è tornata a New York, dove ha vissuto gli ultimi 6 anni. Vivere in luoghi differenti influenza in
modo inequivocabile e permanente la sua ricerca pittorica. Negli ultimi dieci anni ha mantenuto il
proprio lavoro lontano dal mercato e dalla critica, non legandosi a gallerie per concentrarsi unicamente
sullo studio della tecnica e rafforzare lo stile. Oggi vive e lavora tra New York e Londra.
dipanati nella prima importante personale italiana dell’artista Elisabeth Strigini, che dal 13 luglio al 13
settembre 2012 sarà presente al Museo della Permanente di Milano con la mostra dal titolo
Contemporary Tales.
L’esposizione al Museo della Permanente, ricca di oltre trenta lavori fra oli e tecniche miste su tela
realizzate nell’ultimo decennio, comprenderà un’opera dal titolo Binky, che rappresenta il Bambi
disneyano, il più famoso cerbiatto dell’immaginario infantile e fiabesco, e che verrà donata ai bambini
del reparto di pediatria dell' Ospedale Fatebenefratelli di Milano, diretto dal Dott. Luca Bernardo.
Ideata da Ottavia Landi di Chiavenna con il coordinamento organizzativo di Sara Mesiano e con la
curatela di Chiara Gatti e Angelo Crespi, la mostra indaga la raffinata e introspettiva ricerca di Elisabeth
Strigini, personalità elegante e riservata nel panorama della figurazione internazionale.
Francese di nascita ma inglese d'adozione, Elisabeth Strigini vive e dipinge tra New York e Londra, e
negli ultimi anni ha lavorato a un ciclo di opere che, spaziando da formati minuti a dimensioni
monumentali, trattano temi di natura esistenziale piegati a un linguaggio in bilico fra surrealismo e pop.
Affascinata dai maestri del passato, dal Rinascimento italiano alla scuola fiamminga, Elisabeth è autrice
di immagini dove ricordi infantili dialogano con atmosfere nordiche, citazioni da Bosch e Bruegel, con
le sue indimenticabili nevi algide e silenziose, oltre a inserti spiazzanti ispirati al mondo dei cartoons,
dei comics e della cultura massmediatica. Un cocktail di elementi che restituiscono la natura visionaria
di una pittura colta e insieme vagamente underground, nella quale però l'uso di una tavolozza cupa, nei
toni della polvere, della nebbia e del buio, allude a riflessioni inquiete sul destino dell'uomo, sui grandi
temi dell'identità e della solitudine.
Il percorso della mostra sarà altresì giocato sulla cultura popolare contemporanea riletta dall'esperienza
interiore dell’artista le cui visioni accompagneranno il visitatore in tre grandi stanze labirintiche, divise
in altrettanti macro periodi, per toccare i motivi cari alla sua riflessione, come l’educazione, i massmedia,
le guerre, la paura, la religione; fulcri della ricerca esistenziale di Elisabeth e del suo rapporto
con la realtà odierna interpretata come una favola amara. L'obiettivo è dunque quello di creare,
complice l'allestimento firmato da Peter Bottazzi, un sogno-visione che trasformi le immagini in una
sorta di ipertesto surreale capace di traghettare la realtà in una dimensione trasognata. Un “racconto
contemporaneo” (Contemporary Tales appunto) allo scopo di produrre sulla tela una relazione segreta
tra osservatore e pittore, che accenda l’attenzione su soggetti dando forti emozioni e un coinvolgimento
immediato.
Fantasy
Qui prende vita il mondo interiore più profondo e sincero insito dentro di noi. La memoria di Elisabeth
(e un po' anche la nostra) è ispirata dalle fiabe dell'infanzia che narrano di castelli incantati immersi in
atmosfere cupe vagamente angoscianti, popolate di cerbiatti, bambini distesi sull’erba e addormentati,
paesaggi fatati dove tutto può accadere da un momento all’altro e dove, partendo da immagini del
mondo reale si arriva a percepire lo splendido mondo ribaltato dei più piccoli attraverso gli occhi degli
adulti e, di conseguenza, le opere pittoriche diventano la metafora di personali sensazioni infantili.
Come in Castle del 2005 che sembra uscita da una delle tavole del mondo Disney immersa ora in uno
scenario gotico.
American Story
In un contesto culturale assediato dai media di massa e dal flusso costante di immagini trasmesse via
etere, la guerra e le pop-stelle animano le sue tele, facce inquietanti di un mondo dai valori instabili. Nel
suo studio di Manhattan l’artista è ispirata da ciò che la circonda, l'universo di internet interagisce con il
suo subconscio andando via via a formare un fil-rouge tra immaginazione e realtà.
La copertura mediatica e il carisma delle pop-star influenza l'omonima serie Pop Star: l’esposizione
pubblica della vita di Michael Jackson o delle Spice Girl, come nell’opera SG del 2009, da sempre
affascinano l'autrice diventando il naturale “combustibile” della sua creatività stimolata dall'abuso che i
media e il pubblico compiono della privacy altrui.
Risale, in questo senso, al momento di eccitazione pre-elettorale, il ranch del Presidente, opera tratta da
un’immagine circolata in internet del rifugio di Bush, qui traslato nella tela The Ranch (2007). A Year
Ago (2008) è invece il caso di razzismo di Jena Six, realmente avvenuto nel 2006 in Louisiana.
A rappresentare il tema dell’amore, come metafora di ogni sensazione possibile, è invece un ciclo di
lavori dedicati ai marshmallow. Il tipico dolcetto americano, bianco e gommoso, diventa una massa
gigantesca e minacciosa che avanza fantasmatica verso bambine indifese sperse nella nebbia, come in
Little Girl and white Marshmallow (2005): in bilico tra amore e paura, è un omaggio alla teoria
dell’amore di Stendhal e ai due stadi che lo scrittore francese definisce di “cristallizzazione”.
Portraits
Questo periodo coincide con i viaggi continui da un continente all’altro durante i quali l’artista ha
cominciato a progettare ritratti immaginari e autoritratti fantasiosi nei panni di personaggi sospesi fra
attualità e suggestioni cinematografica. Ragazze cattive, Bond-girl armate di fucile come eroine o
terroriste. Il suo orizzonte si allarga qui a citazioni classiche, dai pittori del Rinascimento, come Jan
Van Eyck, a Raffaello, ad Albrecht Dürer e Hans Holbein il Giovane fonte della sua ispirazione in effigi
dalla forma classica e l'anima attuale. Ora Elisabeth dipinge con dovizia particolari delicati del viso,
come nell’opera GP del 2010, dedicata all'artista performer Grayson Perry, dove la linea tratteggia
espressioni gentili su una stazza solida. Ironia e inquietudine insieme non mancano nell'opera (una vera
dark tale!) Serial Hairdresser, il ritratto gotico di un parrucchiere pericoloso, dipinto con la grinta neo
espressionista di scuola freudiana. Ma la sua vocazione fantasy sboccia anche in questa serie di ritratti
sinistri, quando Elisabeth nasconde se stessa nel costume giocoso di un Teletubbies, e farcisce megaritratti
allegorici di simboli rubati ai magazine, alla tv, zeppi di suggestioni filmiche e messaggi
subliminali che si mescolano con garbo e sarcasmo, per svelare un racconto attuale di cui, alla fine lo
spettatore scopre d'essere protagonista.
La mostra è accompagnata da un volume edito da 24 ORE Cultura in edizione bilingue
italiano/inglese, introdotto da testi critici di Angelo Crespi e Chiara Gatti, curatori della mostra, Guy
Lesser, scrittore e giornalista, e Gauthier Hubert, artista belga che lavora con installazioni e dipinti.
Inoltre un ricco apparato iconografico attraversa un decennio di ricerca, in un percorso antologico
simile a quello pensato per la mostra milanese.
L'ARTISTA
Nata in Francia, Elisabeth Strigini si è laureata in Medicina presso l'Università di Montpellier, in
Francia, e ha conseguito un master in ricerca scientifica presso la Oxford University, nel Regno Unito.
Dopo aver lavorato un paio di anni nella ricerca clinica, ha deciso che questa non era la strada che
voleva seguire e si è dedicata alla sua passione per la pittura. Per lei, esprimere se stessa sulla tela
diventa una necessità. Inizia allora a lavorare accanto ad alcuni collettivi di artisti in Nuova Zelanda per
poi tornare a Londra nel 1999 e frequentare il Chelsea College of Art and Design per un anno. In questi
primi anni di attività partecipa ed espone le sue opere all'interno di varie mostre collettive in Francia,
Nuova Zelanda e Inghilterra. Si è poi trasferita in Belgio, per un breve periodo di tempo in Giappone e
infine è tornata a New York, dove ha vissuto gli ultimi 6 anni. Vivere in luoghi differenti influenza in
modo inequivocabile e permanente la sua ricerca pittorica. Negli ultimi dieci anni ha mantenuto il
proprio lavoro lontano dal mercato e dalla critica, non legandosi a gallerie per concentrarsi unicamente
sullo studio della tecnica e rafforzare lo stile. Oggi vive e lavora tra New York e Londra.
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