Bosch e un altro Rinascimento
Dal 09 Novembre 2022 al 12 Marzo 2023
Milano
Luogo: Palazzo Reale
Indirizzo: Piazza Duomo 12
Orari: da martedì a domenica 10:00-19:30; giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un'ora prima. Lunedì chiuso. DA MARTEDI' 7 MARZO LA MOSTRA CHIUDERA' ALLE 22,30
Curatori: Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades, Claudio Salsi
Enti promotori:
- Comune di Milano-Cultura
- Palazzo Reale
- Castello Sforzesco
Costo del biglietto: Intero € 15, Ridotto € 13
Telefono per informazioni: +39 02 54912
Sito ufficiale: http://www.palazzorealemilano.it
Jheronimus Bosch (1453 – 1516) è noto in tutto il mondo per il suo linguaggio fatto di visioni oniriche e mondi curiosi, incendi, creature mostruose e figure fantastiche.
Aperta al pubblico fino al 12 marzo 2023, Bosch e un altro Rinascimento è promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE e curata da Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano.
Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wunderkammern.
In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro - mai presentate insieme prima d’ora in un’unica mostra. Bosch è infatti autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di tutto il mondo. Proprio perché così rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione. Proprio per la fragilità e la peculiarità dello stato di conservazione, alcune opere dovranno rientrare nelle loro sedi museali prima della chiusura della mostra. Si tratta delle opere del Museo Làzaro Galdiano di Madrid e delle due opere prestate dalle Gallerie degli Uffizi.
L’esposizione di Palazzo Reale non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’‘altro’ Rinascimento - non solo italiano e non solo boschiano - negli anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
Attraverso un lavoro di ricerca durato cinque anni, la mobilitazione di una rete di cooperazione culturale internazionale senza precedenti tra governi, ambasciate, musei, istituti culturali e collezionisti, è nata una mostra unica per la potenza del racconto di un’intera epoca artistica e per l’importanza e la varietà dei confronti presenti in mostra.
In particolare, grazie alla collaborazione tra istituzioni italiane, come l’Ambasciata d’Italia in Portogallo, e istituzioni come l’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona e il Museu Nacional de Arte Antiga, a Palazzo Reale sarà possibile ammirare il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, opera che ha lasciato il Portogallo solo un paio di volte nel corso del Novecento e giunge ora in Italia per la prima volta. Al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona viene prestata in cambio la ‘nostra’ Pala Trivulzio (nota anche come Madonna in gloria e Santi) di Andrea Mantegna, che fa parte delle Raccolte artistiche del Castello Sforzesco.
Altro importante prestito, frutto di uno scambio con la città di Bruges, è l’opera monumentale del Maestro, proveniente dal Groeningemuseum di Bruges, il Trittico del Giudizio Finale, che originariamente faceva parte della collezione del cardinale veneziano Marino Grimani.
Fondamentali per il progetto espositivo il prestito del Museo del Prado dell’opera di Bosch, Le tentazioni di Sant’Antonio, e i capolavori del Museo Lázaro Galdiano, che ha concesso la preziosa tavola del Maestro San Giovanni Battista. E ancora, sempre di Bosch, il Trittico degli Eremiti delle Gallerie dell’Academia di Venezia, proveniente dalla collezione del cardinale Domenico Grimani, collezionista fra i più importanti del suo tempo e tra i pochissimi proprietari delle opere di Bosch in Italia.
“È anche attraverso lo scambio di opere d’arte che l’arte e la cultura svolgono il loro ruolo di vettori di crescita e di strumenti di relazione tra le città e le nazioni, portando avanti il processo di arricchimento di un Paese - ha affermato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi -. Il progetto di questa mostra è il frutto di un processo di cooperazione internazionale durato cinque anni, che ha prodotto un’esposizione preziosa dal taglio assolutamente originale, in grado di raccontare ai visitatori un Rinascimento diverso rispetto a quello che ha visto i propri fasti in Italia tra il Quattro e il Cinquecento, creando orizzonti nuovi di conoscenza e bellezza”.
LA TESI DELLA MOSTRA
Per quanto possa apparire strano, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre, dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale. Il ‘fenomeno Bosch’ ebbe infatti origine nel mondo mediterraneo, precisamente nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento.
A quel tempo però in Italia dominava il classicismo rinascimentale. Ma sarà proprio qui che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.
In particolare, viene proposto il raffronto tra i quattro arazzi boschiani dell’Escorial e un cartone per il quinto arazzo andato perduto e riconosciuto nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi.
A questo proposito, è opportuno sottolineare l’immensa importanza in termini artistici ed economici dell’arazzo nella cultura del Cinquecento europeo: era un vero e proprio status symbol dell’élite. Ecco perché poter ammirare, grazie ai prestiti dell’Escorial e delle Gallerie degli Uffizi, l’intero ciclo degli arazzi boschiani è un’occasione irripetibile: infatti, i quattro arazzi dell’Escorial non sono mai stati esposti insieme fuori dalla loro sede, e il confronto con il cartone dell’Elefante, per il quinto arazzo della serie, ora perduto, risulta totalmente inedito.
Il percorso si propone di illustrare lo strepitoso successo del linguaggio artistico di Jheronimus Bosch nell’Europa meridionale e addirittura oltre oceano, nel periodo compreso tra il Cinquecento e gli inizi del Seicento, con particolare riferimento alle tendenze del collezionismo dell’epoca, soprattutto in Italia e in Spagna.
Così a Venezia l’unicità espressiva di Bosch venne prontamente colta da uno dei maggiori collezionisti del tempo, il letterato e cardinale Domenico Grimani. È grazie al suo gusto lungimirante e alla Collezione Grimani, custodita nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, se oggi in Italia possiamo vantare ben tre opere di Bosch, tra le quali il Trittico degli Eremiti, ora esposto nelle sale di Palazzo Reale.
Lo stesso si può dire della Spagna, dove, dal XVI secolo fino ad oggi, si trova la gran parte delle opere principali di Bosch, fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial. Non a caso sono autori spagnoli i primi e più impegnati critici di Bosch.
Era questa in modo particolare l’area geografica e culturale in cui le opere dell’artista e dei suoi seguaci furono richieste. Potremmo affermare a questo proposito che il linguaggio boschiano, nei decenni successivi alla morte del Maestro, stava alla base di un’operazione imprenditoriale senza precedenti a livello europeo.
In effetti la fortuna del linguaggio boschiano è all’origine di un vero e proprio ‘Rinascimento alternativo’, che risulta poco riconosciuto anche nella letteratura specialistica.
Perché una mostra anche ‘di confronti’?
La ‘moda’ delle immagini ‘alla Bosch’, affermatasi in Spagna e in Italia e successivamente nel resto d’Europa, si rifletteva in una serie di spettacolari opere d’arte realizzate in molteplici tecniche e di varie provenienze, tra cui si distingue lo strepitoso ciclo dei quattro arazzi dell’Escorial e l’arazzo con l’elefante del pittore francese Antoine Caron.
Tutte queste opere attestano la diffusione mediterranea di motivi visionari e onirici, ispirati all’immaginario dell’artista fiammingo.
Queste creazioni, a loro volta, stimolarono un nutrito numero di pittori e incisori di spicco. In particolare le stampe che diffondevano il linguaggio boschiano, tra cui emerge l’opera di Pieter Bruegel il Vecchio (il più importante seguace di Bosch) presente in mostra con una decina di incisioni derivate da sue composizioni.
Le incisioni contribuirono in maniera decisiva alla diffusione del gusto per le immagini di incendi notturni, scene di stregoneria, visioni oniriche e magiche. Lo confermano opere come Lo Stregozzo di Marcantonio Raimondi o Agostino Veneziano, il Mostro marino di Albrecht Dürer e il capolavoro letterario - editoriale di Aldo Manuzio, la Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna e anche l’Allegoria della vita umana di Giorgio Ghisi.
La proliferazione di oggetti rari, bizzarri e preziosi che caratterizza la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto internazionale cinquecentesco viene evocata nell’ultima sala, allestita come una originale Wunderkammer, grazie alla collaborazione del Museo di Storia Naturale di Milano e delle Raccolte del Castello Sforzesco. La presenza studiata e calcolata di una trentina di oggetti da ‘camera delle meraviglie’ riporta a un confronto immediato e diretto con la rappresentazione caotica e irrealistica di uno dei capolavori più impegnativi di Bosch: Il giardino delle delizie, presente in mostra nella doppia versione di un dipinto coevo e di un arazzo.
Particolarmente famose erano le Wunderkammern degli ultimi sovrani Asburgo e in particolare di Rodolfo II d’Asburgo, il cui ritratto, il famoso Vertumno dipinto dall’artista milanese Arcimboldo (un eccezionale prestito del Castello di Skokloster, Svezia), è presente in mostra all’interno della Wunderkammer riprodotta e rappresenta in pieno l’eclettismo tipico di questo gusto collezionistico.
Aperta al pubblico fino al 12 marzo 2023, Bosch e un altro Rinascimento è promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE e curata da Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado e Claudio Salsi, direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell’incisione presso l’Università Cattolica di Milano.
Il percorso espositivo presenta un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wunderkammern.
In questo ricchissimo corpus spiccano alcuni dei più celebri capolavori di Bosch e opere derivate da soggetti del Maestro - mai presentate insieme prima d’ora in un’unica mostra. Bosch è infatti autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e conservate nei musei di tutto il mondo. Proprio perché così rari e preziosi, difficilmente i capolavori di questo artista lasciano i musei cui appartengono, e ancora più raramente si ha la possibilità di vederli riuniti in un’unica esposizione. Proprio per la fragilità e la peculiarità dello stato di conservazione, alcune opere dovranno rientrare nelle loro sedi museali prima della chiusura della mostra. Si tratta delle opere del Museo Làzaro Galdiano di Madrid e delle due opere prestate dalle Gallerie degli Uffizi.
L’esposizione di Palazzo Reale non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’‘altro’ Rinascimento - non solo italiano e non solo boschiano - negli anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.
Attraverso un lavoro di ricerca durato cinque anni, la mobilitazione di una rete di cooperazione culturale internazionale senza precedenti tra governi, ambasciate, musei, istituti culturali e collezionisti, è nata una mostra unica per la potenza del racconto di un’intera epoca artistica e per l’importanza e la varietà dei confronti presenti in mostra.
In particolare, grazie alla collaborazione tra istituzioni italiane, come l’Ambasciata d’Italia in Portogallo, e istituzioni come l’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona e il Museu Nacional de Arte Antiga, a Palazzo Reale sarà possibile ammirare il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, opera che ha lasciato il Portogallo solo un paio di volte nel corso del Novecento e giunge ora in Italia per la prima volta. Al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona viene prestata in cambio la ‘nostra’ Pala Trivulzio (nota anche come Madonna in gloria e Santi) di Andrea Mantegna, che fa parte delle Raccolte artistiche del Castello Sforzesco.
Altro importante prestito, frutto di uno scambio con la città di Bruges, è l’opera monumentale del Maestro, proveniente dal Groeningemuseum di Bruges, il Trittico del Giudizio Finale, che originariamente faceva parte della collezione del cardinale veneziano Marino Grimani.
Fondamentali per il progetto espositivo il prestito del Museo del Prado dell’opera di Bosch, Le tentazioni di Sant’Antonio, e i capolavori del Museo Lázaro Galdiano, che ha concesso la preziosa tavola del Maestro San Giovanni Battista. E ancora, sempre di Bosch, il Trittico degli Eremiti delle Gallerie dell’Academia di Venezia, proveniente dalla collezione del cardinale Domenico Grimani, collezionista fra i più importanti del suo tempo e tra i pochissimi proprietari delle opere di Bosch in Italia.
“È anche attraverso lo scambio di opere d’arte che l’arte e la cultura svolgono il loro ruolo di vettori di crescita e di strumenti di relazione tra le città e le nazioni, portando avanti il processo di arricchimento di un Paese - ha affermato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi -. Il progetto di questa mostra è il frutto di un processo di cooperazione internazionale durato cinque anni, che ha prodotto un’esposizione preziosa dal taglio assolutamente originale, in grado di raccontare ai visitatori un Rinascimento diverso rispetto a quello che ha visto i propri fasti in Italia tra il Quattro e il Cinquecento, creando orizzonti nuovi di conoscenza e bellezza”.
LA TESI DELLA MOSTRA
Per quanto possa apparire strano, la fama di Bosch non iniziò nelle Fiandre, dove l’artista era nato, ma in Europa meridionale. Il ‘fenomeno Bosch’ ebbe infatti origine nel mondo mediterraneo, precisamente nella Spagna e nell’Italia del Cinquecento.
A quel tempo però in Italia dominava il classicismo rinascimentale. Ma sarà proprio qui che il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un ‘altro Rinascimento’, troveranno il terreno più fertile e maturo per crescere e diventare modello figurativo e culturale per quel tempo e per molte delle generazioni di artisti successive, anche a distanza di secoli.
In particolare, viene proposto il raffronto tra i quattro arazzi boschiani dell’Escorial e un cartone per il quinto arazzo andato perduto e riconosciuto nelle collezioni delle Gallerie degli Uffizi.
A questo proposito, è opportuno sottolineare l’immensa importanza in termini artistici ed economici dell’arazzo nella cultura del Cinquecento europeo: era un vero e proprio status symbol dell’élite. Ecco perché poter ammirare, grazie ai prestiti dell’Escorial e delle Gallerie degli Uffizi, l’intero ciclo degli arazzi boschiani è un’occasione irripetibile: infatti, i quattro arazzi dell’Escorial non sono mai stati esposti insieme fuori dalla loro sede, e il confronto con il cartone dell’Elefante, per il quinto arazzo della serie, ora perduto, risulta totalmente inedito.
Il percorso si propone di illustrare lo strepitoso successo del linguaggio artistico di Jheronimus Bosch nell’Europa meridionale e addirittura oltre oceano, nel periodo compreso tra il Cinquecento e gli inizi del Seicento, con particolare riferimento alle tendenze del collezionismo dell’epoca, soprattutto in Italia e in Spagna.
Così a Venezia l’unicità espressiva di Bosch venne prontamente colta da uno dei maggiori collezionisti del tempo, il letterato e cardinale Domenico Grimani. È grazie al suo gusto lungimirante e alla Collezione Grimani, custodita nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, se oggi in Italia possiamo vantare ben tre opere di Bosch, tra le quali il Trittico degli Eremiti, ora esposto nelle sale di Palazzo Reale.
Lo stesso si può dire della Spagna, dove, dal XVI secolo fino ad oggi, si trova la gran parte delle opere principali di Bosch, fra il Museo del Prado e il Monastero dell’Escorial. Non a caso sono autori spagnoli i primi e più impegnati critici di Bosch.
Era questa in modo particolare l’area geografica e culturale in cui le opere dell’artista e dei suoi seguaci furono richieste. Potremmo affermare a questo proposito che il linguaggio boschiano, nei decenni successivi alla morte del Maestro, stava alla base di un’operazione imprenditoriale senza precedenti a livello europeo.
In effetti la fortuna del linguaggio boschiano è all’origine di un vero e proprio ‘Rinascimento alternativo’, che risulta poco riconosciuto anche nella letteratura specialistica.
Perché una mostra anche ‘di confronti’?
La ‘moda’ delle immagini ‘alla Bosch’, affermatasi in Spagna e in Italia e successivamente nel resto d’Europa, si rifletteva in una serie di spettacolari opere d’arte realizzate in molteplici tecniche e di varie provenienze, tra cui si distingue lo strepitoso ciclo dei quattro arazzi dell’Escorial e l’arazzo con l’elefante del pittore francese Antoine Caron.
Tutte queste opere attestano la diffusione mediterranea di motivi visionari e onirici, ispirati all’immaginario dell’artista fiammingo.
Queste creazioni, a loro volta, stimolarono un nutrito numero di pittori e incisori di spicco. In particolare le stampe che diffondevano il linguaggio boschiano, tra cui emerge l’opera di Pieter Bruegel il Vecchio (il più importante seguace di Bosch) presente in mostra con una decina di incisioni derivate da sue composizioni.
Le incisioni contribuirono in maniera decisiva alla diffusione del gusto per le immagini di incendi notturni, scene di stregoneria, visioni oniriche e magiche. Lo confermano opere come Lo Stregozzo di Marcantonio Raimondi o Agostino Veneziano, il Mostro marino di Albrecht Dürer e il capolavoro letterario - editoriale di Aldo Manuzio, la Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna e anche l’Allegoria della vita umana di Giorgio Ghisi.
La proliferazione di oggetti rari, bizzarri e preziosi che caratterizza la moda delle collezioni eclettiche tipiche del gusto internazionale cinquecentesco viene evocata nell’ultima sala, allestita come una originale Wunderkammer, grazie alla collaborazione del Museo di Storia Naturale di Milano e delle Raccolte del Castello Sforzesco. La presenza studiata e calcolata di una trentina di oggetti da ‘camera delle meraviglie’ riporta a un confronto immediato e diretto con la rappresentazione caotica e irrealistica di uno dei capolavori più impegnativi di Bosch: Il giardino delle delizie, presente in mostra nella doppia versione di un dipinto coevo e di un arazzo.
Particolarmente famose erano le Wunderkammern degli ultimi sovrani Asburgo e in particolare di Rodolfo II d’Asburgo, il cui ritratto, il famoso Vertumno dipinto dall’artista milanese Arcimboldo (un eccezionale prestito del Castello di Skokloster, Svezia), è presente in mostra all’interno della Wunderkammer riprodotta e rappresenta in pieno l’eclettismo tipico di questo gusto collezionistico.
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