Antonio Ligabue. L’uomo, l’artista
Dal 11 Febbraio 2022 al 08 Maggio 2022
Monza | Milano
Luogo: Villa Reale
Indirizzo: Viale Brianza 1
Orari: Mercoledì e giovedì 10.00 – 13.00/ 14.00 – 19.00. Venerdì, sabato e domenica 10.00 – 20.00. Lunedì e martedì chiuso
Curatori: Sandro Parmiggiani
Prolungata: fino all'8 maggio 2022
Costo del biglietto: Intero 12€ Ridotto 10€ (ragazzi dai 13 anni ai 18 anni, over 65, possessori del biglietto dei Musei Civici di Monza – Casa degli Umiliati) Bambini 5€ (dai 7 ai 12 anni). Gratuito: visitatori disabili e 1 accompagnatore, giornalisti, bambini fino ai 6 anni, accompagnatore scolaresche (2 per gruppo), accompagnatore gruppi adulti (1 per gruppo), possessori Musei Lombardia Milano
E-Mail info: mostraligabuemonza@gmail.com
L’Orangerie ospiterà un’antologica dal titolo “Antonio Ligabue. L'uomo, l'artista”, curata da Sandro Parmiggiani, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Monza e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, che celebra il genio dell’artista nato a Zurigo nel 1899 e scomparso a Gualtieri (Reggio Emilia) nel 1965. 90 opere, tra dipinti, sculture, disegni e incisioni ripercorrono la sua vicenda umana e creativa, lungo un arco cronologico che dagli anni venti del secolo scorso giunge fino al 1962, quando una paresi pose di fatto fine alla sua attività.
La mostra propone alcuni dei dipinti considerati tra i suoi capolavori, come Caccia grossa (1929), Circo (1941-42 ca.), Tigre reale, opera realizzata nel 1941 durante il secondo ricovero dell’artista nell’Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia, Leopardo con serpente (1955-56), Testa di tigre (1957-58), Volpe con rapace (nibbio) 1959-60, Crocifissione (primi anni ’60). Non mancano gli autoritratti, specchio di un disagio esistenziale e della volontà di riaffermare la propria identità: Autoritratto con cavalletto (1954-55), Autoritratto con mosche (1956-57), Autoritratto con spaventapasseri(1957-58), il dolente Autoritratto (1957).
L’esposizione si snoda attraverso i due poli principali lungo i quali si è sviluppato il suo percorso artistico: gli animali, selvaggi e domestici, e i ritratti di sé, senza dimenticare altri soggetti come le scene di vita agreste o i paesaggi padani, nei quali irrompono, come un flusso di coscienza, le raffigurazioni dei castelli, delle chiese, delle guglie e delle case con le bandiere al vento sui tetti ripidi della natia Svizzera, dov’era nato e dove aveva vissuto fino all’espulsione nel 1919 – la memoria della patria perduta.
Ligabue rappresenta sia animali domestici, colti in un’atmosfera rurale, sia gli animali selvatici - tigri, leoni, leopardi, gorilla, volpi, aquile - di cui conosceva molto bene l’anatomia, spesso raffigurati nel momento in cui stanno per piombare sulla preda, con un’esasperazione di carattere espressionista, sia nella forma sia nel colore, e con un’attenzione quasi spasmodica per la reiterazione di elementi decorativi.
Gli autoritratti costituiscono un filone di altissima e amarissima poesia nell’arte di Ligabue. In essi, il pittore si colloca in primo piano, quasi a occupare tutto lo spazio della scena, sullo sfondo di un paesaggio che pare quasi sempre, salvo rare eccezioni, un dettaglio del tutto ininfluente. I suoi ritratti di sé compendiano una perenne e costante condizione umana di angoscia, di desolazione e di smarrimento, un lento cammino verso l’esito finale; il suo volto esprime dolore, fatica, sgomento, male di vivere; ogni relazione con il mondo pare essere stata per sempre recisa, quasi che l’artista potesse ormai solo raccontare, per un’ultima volta, la tragedia di un volto e di uno sguardo, che non si cura di vedere le cose intorno a sé, ma che chiede, almeno per una volta, di essere guardato.
“Questi autoritratti - afferma Sandro Parmiggiani - dicono tutta la sofferenza dell’artista; ne sentiamo quasi il muto grido nel silenzio della natura e nella sordità delle persone che lo circondano. Quando perduta è ogni speranza, ormai fattasi cenere, il volto non può che avere questo colore scuro, fangoso, questa sorta di pietrificazione dei tratti che il dolore ha recato con sé e vi ha impresso”.
La rassegna monzese riserverà particolare attenzione alla sua produzione plastica, con un nucleo di oltre venti sculture in bronzo, soprattutto di animali.
L’esposizione costituisce un ulteriore capitolo per riportare il lavoro di Ligabue a una corretta valutazione critica e storica: un’occasione per riaffermare, al di là delle fuorvianti definizioni di naïf o di artista segnato dalla follia, il fascino di questo “espressionista tragico” di valore europeo, che fonde esasperazione visionaria e gusto decorativo.
“Proponiamo ai visitatori le opere di un artista straordinario e del tutto singolare – spiega il Sindaco Dario Allevi, Presidente del Consorzio Villa Reale e Parco di Monza – Una mostra che coniuga talento e bellezza con la storia travagliata di Antonio Ligabue: l’Orangerie della Villa, con il suo fascino, è pronta a spalancare le porte ancora una volta all’Arte in tutte le sue forme”.
“Questa mostra è un’opportunità culturale straordinaria per Monza – spiega l’Assessore alla Cultura Massimiliano Longo – Ma è anche un’occasione per sfruttare il potenziale attrattivo di Antonio Ligabue a vantaggio della città: per attrarre visitatori, anche da fuori città e fuori regione, per tornare a mostrare l'arte e il bello in presenza, per far scoprire o riscoprire la straordinaria bellezza della nostra Villa Reale e per dare ossigeno all'indotto e all'economia locale. Per tutti questi motivi abbiamo creduto e scommesso su questa mostra che, ne siamo certi, consentirà al visitatore di apprezzare la forza naturale e istintiva del genio di Antonio Ligabue e di condividere un percorso artistico fuori dal comune“.
Accompagna la mostra un catalogo Skira con testi di Sandro Parmiggiani, Alberto Manguel, Luciano Manicardi (priore della Comunità di Bose) e un’ampia sezione, ricca di immagini, dedicata alla ricostruzione del suo “mito”, a partire dai rotocalchi degli anni cinquanta e allo sceneggiato televisivo di Salvatore Nocita nel 1977 fino ai lavori a lui dedicati: la trilogia teatrale Progetto Ligabue di Mario Perrotta e il film Volevo nascondermi di Giorgio Diritti.
Per tutta la durata della rassegna, è in programma una serie di attività didattiche, incontri e visite guidate gratuite per bambini e adulti.
Una mostra family friendly, con un percorso creato ad hoc per i bambini, un kit didattico in omaggio da ritirare in biglietteria appositamente studiato per la visita dei più piccoli. Un’opera ad “altezza bambino” attenderà i giovani visitatori per un’esperienza immersiva a loro dedicata.
La triste odissea di Antonio Ligabue ha inizio il 18 dicembre 1899 a Zurigo e si conclude il 27 maggio 1965 a Gualtieri, dove era approdato il 9 agosto 1919, espulso dalla Svizzera, dopo un’infanzia e un’adolescenza segnate dall’emarginazione (a soli nove mesi di età fu affidato dalla madre a un’altra famiglia) e dall’insofferenza verso il mondo che lo circondava – a scuola, tuttavia, già si erano rivelati la sua passione e il suo talento per il disegno. A Gualtieri la sua vita resta durissima, soprattutto nei primi anni, in cui, per riuscire a vivere, fa lo scariolante sulle rive del Po. Inizia a dipingere alla fine degli anni venti, apprezzato da rari estimatori, tra i quali Marino Mazzacurati. Nel 1955 tiene la prima mostra personale a Gonzaga, in occasione della Fiera millenaria; nel 1961 un’esposizione a Roma, alla Galleria La Barcaccia, ne segna la consacrazione nazionale (“il caso Ligabue”), dopo un’intensa attività artistica, spesso incompresa e addirittura derisa, che nel tempo susciterà tuttavia l’ammirazione e l’interesse di collezionisti, critici e storici dell’arte. Tra le antologiche più recenti, si ricordano quella, con quasi duecento opere, tenuta nel 2005 a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e a Palazzo Bentivoglio di Gualtieri, in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa, e la successiva mostra, sempre a Gualtieri, nel 2015, a cinquant’anni dalla morte.
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