Carla Accardi. Sculture, ceramiche, disegni, opere grafiche, immagini e documenti dal 1946 al 2012

Carla Accardi. Sculture, ceramiche, disegni, opere grafiche, immagini e documenti dal 1946 al 2012
Dal 03 Marzo 2013 al 19 Aprile 2013
Matera
Luogo: Musma - Museo della Scultura Contemporanea
Indirizzo: via San Giacomo
Orari: 10-14 (pomeriggio su prenotazione); dal 1 aprile 10- 14/ 16-20
Costo del biglietto: € 5 intero, € 3.50 ridotto
Telefono per informazioni: +39 0835 330582
E-Mail info: info@musma.it
Sito ufficiale: http://www.musma.it/
Sabato 2 marzo 2013, alle ore 18.00, il MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea inaugura la mostra “Carla Accardi. Sculture, ceramiche, disegni, opere grafiche, immagini e documenti dal 1946 al 2012”.
All’artista trapanese, protagonista dell’arte astratta e fondatrice del Gruppo Forma 1 teso a farsi capofila, in piena tensione ideologica, del dibattito “figurativo/non figurativo”, il MUSMA dedica la terza delle mostre inserite nell’ambito del Programma per l'Arte Italiana promossa da AMACI, con una serie di lavori dal 1946 al 2012 che mettono in evidenza un lavoro fondato su segno, superficie, luce e colore, oltre che su una costante ed energica interrogazione del linguaggio dell’arte dall’immediato dopoguerra a oggi, senza mai essere fuorviato da esperienze in cui Carla Accardi non potesse identificarsi.
Ha scritto la Accardi in una cartella del 1985, dal titolo emblematico La pittura è essere soli: “Togliere una paralizzante misteriosità intorno all’arte ma mantenerle un mistero. Parto dal sogno ed è un sogno di gioia. Un amore così perfetto che indovini il suo segreto. L’arte non può cambiare il mondo ma può mutare la coscienza di uomini e donne che potrebbero cambiarlo. Aetos Prometheus (aquila provvida). Il dio che ha rubato il fuoco alla ruota del sole. Protagonista quando ho procurato dolore. Non rinnegare la coscienza di sopravvivere. La vita è troppo breve per l’eternità dei sentimenti”. Affermazioni perentorie, non dissimili da quelle di Matisse, che si ricompongono nello sforzo di ricondurre tutta l’arte alla spontaneità del colore e ad altri elementi fondamentali quali linee e ritmi inattesi attraverso i quali orientare la propria esistenza.
Le opere selezionate per la mostra, in buona parte inedite, toccano tutti i momenti della ricerca espressiva di Carla Accardi, compresi quelli dedicati alla scultura, e sviluppano uno degli elementi portanti del suo alfabeto pittorico: essere il primo segno la matrice del secondo che diventa il punto di partenza del nuovo, sempre diverso, teso a indagare nelle microstrutture biologiche, nel mondo della geometria, nelle molteplici diversità dei materiali, plastica e neon compresi, quindi nel cuore della contemporaneità e di un’Europa astratto-concreta che annovera artisti come Hartung, Magnelli, Poliakoff, Vieira da Silva, Sonderborg, Seuphor, Soulages, Adam, Bryen.
La sala ottenuta nel 1964 alla XXXII Biennale di Venezia è esemplare in tal senso, non solo per i compagni di strada che le sono a fianco. Infatti, la presentazione in catalogo è di Carla Lonzi, critico d’arte di punta impegnato anche nell’esperienza femminista ma, soprattutto, sollecita nel promuovere costanti riflessioni sul linguaggio, tali da portare all’uso del sicofoil e alla creazione della Triplice tenda oggi nelle collezioni del Centre Pompidou di Parigi. Scrive: “La Accardi ha trovato un modo di visualizzare il caos degli stimoli psichici, di classificarli per affinità morfologica e intensità di suggestione, di controllarne l’indefinito fluire”.
All’artista trapanese, protagonista dell’arte astratta e fondatrice del Gruppo Forma 1 teso a farsi capofila, in piena tensione ideologica, del dibattito “figurativo/non figurativo”, il MUSMA dedica la terza delle mostre inserite nell’ambito del Programma per l'Arte Italiana promossa da AMACI, con una serie di lavori dal 1946 al 2012 che mettono in evidenza un lavoro fondato su segno, superficie, luce e colore, oltre che su una costante ed energica interrogazione del linguaggio dell’arte dall’immediato dopoguerra a oggi, senza mai essere fuorviato da esperienze in cui Carla Accardi non potesse identificarsi.
Ha scritto la Accardi in una cartella del 1985, dal titolo emblematico La pittura è essere soli: “Togliere una paralizzante misteriosità intorno all’arte ma mantenerle un mistero. Parto dal sogno ed è un sogno di gioia. Un amore così perfetto che indovini il suo segreto. L’arte non può cambiare il mondo ma può mutare la coscienza di uomini e donne che potrebbero cambiarlo. Aetos Prometheus (aquila provvida). Il dio che ha rubato il fuoco alla ruota del sole. Protagonista quando ho procurato dolore. Non rinnegare la coscienza di sopravvivere. La vita è troppo breve per l’eternità dei sentimenti”. Affermazioni perentorie, non dissimili da quelle di Matisse, che si ricompongono nello sforzo di ricondurre tutta l’arte alla spontaneità del colore e ad altri elementi fondamentali quali linee e ritmi inattesi attraverso i quali orientare la propria esistenza.
Le opere selezionate per la mostra, in buona parte inedite, toccano tutti i momenti della ricerca espressiva di Carla Accardi, compresi quelli dedicati alla scultura, e sviluppano uno degli elementi portanti del suo alfabeto pittorico: essere il primo segno la matrice del secondo che diventa il punto di partenza del nuovo, sempre diverso, teso a indagare nelle microstrutture biologiche, nel mondo della geometria, nelle molteplici diversità dei materiali, plastica e neon compresi, quindi nel cuore della contemporaneità e di un’Europa astratto-concreta che annovera artisti come Hartung, Magnelli, Poliakoff, Vieira da Silva, Sonderborg, Seuphor, Soulages, Adam, Bryen.
La sala ottenuta nel 1964 alla XXXII Biennale di Venezia è esemplare in tal senso, non solo per i compagni di strada che le sono a fianco. Infatti, la presentazione in catalogo è di Carla Lonzi, critico d’arte di punta impegnato anche nell’esperienza femminista ma, soprattutto, sollecita nel promuovere costanti riflessioni sul linguaggio, tali da portare all’uso del sicofoil e alla creazione della Triplice tenda oggi nelle collezioni del Centre Pompidou di Parigi. Scrive: “La Accardi ha trovato un modo di visualizzare il caos degli stimoli psichici, di classificarli per affinità morfologica e intensità di suggestione, di controllarne l’indefinito fluire”.
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