Claudio Olivieri. Infinito visibile
Dal 08 Ottobre 2021 al 21 Novembre 2021
Mantova
Luogo: Galleria Arte Contemporanea di Palazzo Ducale
Indirizzo: Piazza Sordello 40
Orari: da martedì a domenica 10.00-18.30
Curatori: Archivio Claudio Olivieri
Telefono per informazioni: +39 0376 352100
E-Mail info: pal-mn@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.claudioolivieri.com
L’attività dell’Archivio Claudio Olivieri si apre con la mostra “Infinito visibile”, ospitata dall’8 ottobre (opening ore 17.00-19.15) al 21 novembre 2021 all’interno della Galleria Arte Contemporanea di Palazzo Ducale di Mantova, città nella quale l’artista ha trascorso l’infanzia.
Prima mostra istituzionale allestita dopo la scomparsa di Claudio Olivieri (Roma, 1934 - Milano, 2019), “Infinito visibile” comprende una trentina di opere, tra olii su tela e tecniche miste su carta, tutte di proprietà dell’Archivio Claudio Olivieri.
L’esposizione, realizzata con il patrocinio del Comune di Mantova, si articola attraverso tre sale, che seguono lo svolgersi del percorso creativo di Olivieri, cominciando dal “Senza Titolo” del 1967 fino a “Vaneggiare” del 2014. La distribuzione delle opere nello spazio non segue, tuttavia, un ordine esclusivamente cronologico, ma procede anche per richiami ed assonanze, in linea con il pensiero dell’artista, che riconosceva nel colore e nella luce gli assi portanti del proprio percorso.
Claudio Olivieri ha vissuto a Mantova, luogo natale della madre, fino al 1953, anno del suo definitivo trasferimento a Milano, dove per quasi vent’anni è stato titolare della cattedra di “Arti Visive e Pittura” presso la Nuova Accademia di Belle Arti. Dopo la prima mostra milanese, allestita nel 1960 al Salone Annunciata, l’artista è stato protagonista di numerose esposizioni che hanno fatto conoscere la sua opera a livello internazionale, come le Biennali di Venezia del 1966, 1970, 1986 e 1990, Documenta di Kassel del 1977 e le personali a Montreal (1976), Bonn (1986), Amsterdam (1997) e Los Angeles (2014).
A Mantova, è documentato l’intero percorso dell’artista, con dipinti selezionati realizzati dalla fine degli anni Sessanta sino agli anni Duemila e agli esiti più recenti della sua ricerca.
Le opere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (in mostra “Thule”, 1970, tecnica mista su carta intelata, 150x182 cm) mostrano come l’artista fosse arrivato a una sua personale visione dell’arte Informale che si portava fuori dalla pesantezza della materia e dall’oscuro magma esistenziale tipico di quell’indirizzo artistico, per rivolgersi invece a un segno febbrile ed elettrico che si accorda più alla luce e alla brillantezza del colore che al gesto della mano, che pure, in queste prime opere è ancora presente. Incomincia qui a delinearsi quell’identità tra colore-oggetto e superficie, in una visione in cui l’accordo tra cromie e luminosità sarà sempre più autonomo e svincolato dal soggetto, per assumere una profondità di campo sempre più incontenibile e intensamente poetica, di cui l’opera scelta come immagine della mostra e copertina del catalogo costituisce uno dei massimi esempi (“Metempsicosi”, 1984, olio su tela, 200x220 cm).
Dagli anni Settanta spazio e libertà divengono parole d’ordine della pittura di Olivieri e segnano una svolta decisa, tramutando la materia pittorica filamentosa delle opere precedenti in stratificate campiture di colore, steso ora non più col pennello ma a spruzzo, con una tecnica che l’artista andrà via via raffinando e che gli permetterà di ottenere quelle velature, quegli aloni, quelle aperture e sfondamenti pittorici oltre la superficie che connotano la sua opera più matura (si vedano in mostra: “Gli occhi di Atlantide”, 1978, olio su tela, 200x220 cm e “Senza Titolo”, 1980, olio su tela, 200x220, “Barlume”, 1983, olio su tela, 260x170 cm).
Gli anni Settanta e Ottanta vedono anche il prevalere di una tavolozza che pur scurendosi resta splendente per le sovrapposizioni aeree e leggere degli strati pittorici, un effetto tecnicamente acuito mescolando il colore ad olio con trementina e cera vergine e distribuendolo in un pulviscolo di luce e baluginio steso sulla superficie con l’uso magistrale che l’artista fa della pistola a spruzzo. L’osservatore davanti a queste opere diviene protagonista attivo, impegnato a discernere i piani e le profondità, l’apparire e l’eclissarsi, gli enigmi della visibilità e le tracce dell’infinito, venendosi a creare una reale interazione tra l’opera e lo spettatore.
Nel raggiungere con autonomia ed originalità questi risultati Claudio Olivieri si pone in dialogo con gli sviluppi più raffinati e aggiornati della ricerca pittorica internazionale di quegli anni, dalla Pittura analitica Italiana fino alle Geplante Malerei tedesca e agli esiti più maturi della Post-Painterly Abstraction americana, fino a trovare degli echi in Estremo Oriente nella pittura del gruppo coreano Dansaekhwa ed in alcune esperienze pittoriche di quello stesso giro d’anni nell’ambito del gruppo giapponese Mono-Ha.
La mostra si estende a considerare gli esiti maturi di quella ricerca così rigorosa ed essenziale, che per Olivieri prosegue sulla linea della suggestione che colore e luce continueranno ad esercitare su di lui fino alle ultime opere, dai lavori più decentrati (“Memorie d’oltretomba”, 1983, olio su tela, 220x260 cm) a quelli più assiali degli anni Novanta e del Duemila (“Occhio Fatato”, 1998, olio su tela, 198x220 cm e “Infine”, 2005, olio su tela, 130x90 cm) fino a quelli che insistono sui margini che come quinte si aprono sull’infinità dello sfondo più immaterialmente lontano (“Scaturigine”, 1992, olio su tela, 230x160 cm).
La personale sarà accompagnata da un catalogo edito da Publi Paolini con testi istituzionali prefazione di Eleonora Olivieri, testi critici di Arianna Baldoni, Matteo Galbiati e Gianluca Ranzi e ricca antologia critica che raccoglierà alcune delle principali voci più che hanno scritto di Claudio Olivieri dagli anni Sessanta a oggi. Il volume, corredato dalle vedute delle sale, sarà presentato al termine della mostra.
Prima mostra istituzionale allestita dopo la scomparsa di Claudio Olivieri (Roma, 1934 - Milano, 2019), “Infinito visibile” comprende una trentina di opere, tra olii su tela e tecniche miste su carta, tutte di proprietà dell’Archivio Claudio Olivieri.
L’esposizione, realizzata con il patrocinio del Comune di Mantova, si articola attraverso tre sale, che seguono lo svolgersi del percorso creativo di Olivieri, cominciando dal “Senza Titolo” del 1967 fino a “Vaneggiare” del 2014. La distribuzione delle opere nello spazio non segue, tuttavia, un ordine esclusivamente cronologico, ma procede anche per richiami ed assonanze, in linea con il pensiero dell’artista, che riconosceva nel colore e nella luce gli assi portanti del proprio percorso.
Claudio Olivieri ha vissuto a Mantova, luogo natale della madre, fino al 1953, anno del suo definitivo trasferimento a Milano, dove per quasi vent’anni è stato titolare della cattedra di “Arti Visive e Pittura” presso la Nuova Accademia di Belle Arti. Dopo la prima mostra milanese, allestita nel 1960 al Salone Annunciata, l’artista è stato protagonista di numerose esposizioni che hanno fatto conoscere la sua opera a livello internazionale, come le Biennali di Venezia del 1966, 1970, 1986 e 1990, Documenta di Kassel del 1977 e le personali a Montreal (1976), Bonn (1986), Amsterdam (1997) e Los Angeles (2014).
A Mantova, è documentato l’intero percorso dell’artista, con dipinti selezionati realizzati dalla fine degli anni Sessanta sino agli anni Duemila e agli esiti più recenti della sua ricerca.
Le opere tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta (in mostra “Thule”, 1970, tecnica mista su carta intelata, 150x182 cm) mostrano come l’artista fosse arrivato a una sua personale visione dell’arte Informale che si portava fuori dalla pesantezza della materia e dall’oscuro magma esistenziale tipico di quell’indirizzo artistico, per rivolgersi invece a un segno febbrile ed elettrico che si accorda più alla luce e alla brillantezza del colore che al gesto della mano, che pure, in queste prime opere è ancora presente. Incomincia qui a delinearsi quell’identità tra colore-oggetto e superficie, in una visione in cui l’accordo tra cromie e luminosità sarà sempre più autonomo e svincolato dal soggetto, per assumere una profondità di campo sempre più incontenibile e intensamente poetica, di cui l’opera scelta come immagine della mostra e copertina del catalogo costituisce uno dei massimi esempi (“Metempsicosi”, 1984, olio su tela, 200x220 cm).
Dagli anni Settanta spazio e libertà divengono parole d’ordine della pittura di Olivieri e segnano una svolta decisa, tramutando la materia pittorica filamentosa delle opere precedenti in stratificate campiture di colore, steso ora non più col pennello ma a spruzzo, con una tecnica che l’artista andrà via via raffinando e che gli permetterà di ottenere quelle velature, quegli aloni, quelle aperture e sfondamenti pittorici oltre la superficie che connotano la sua opera più matura (si vedano in mostra: “Gli occhi di Atlantide”, 1978, olio su tela, 200x220 cm e “Senza Titolo”, 1980, olio su tela, 200x220, “Barlume”, 1983, olio su tela, 260x170 cm).
Gli anni Settanta e Ottanta vedono anche il prevalere di una tavolozza che pur scurendosi resta splendente per le sovrapposizioni aeree e leggere degli strati pittorici, un effetto tecnicamente acuito mescolando il colore ad olio con trementina e cera vergine e distribuendolo in un pulviscolo di luce e baluginio steso sulla superficie con l’uso magistrale che l’artista fa della pistola a spruzzo. L’osservatore davanti a queste opere diviene protagonista attivo, impegnato a discernere i piani e le profondità, l’apparire e l’eclissarsi, gli enigmi della visibilità e le tracce dell’infinito, venendosi a creare una reale interazione tra l’opera e lo spettatore.
Nel raggiungere con autonomia ed originalità questi risultati Claudio Olivieri si pone in dialogo con gli sviluppi più raffinati e aggiornati della ricerca pittorica internazionale di quegli anni, dalla Pittura analitica Italiana fino alle Geplante Malerei tedesca e agli esiti più maturi della Post-Painterly Abstraction americana, fino a trovare degli echi in Estremo Oriente nella pittura del gruppo coreano Dansaekhwa ed in alcune esperienze pittoriche di quello stesso giro d’anni nell’ambito del gruppo giapponese Mono-Ha.
La mostra si estende a considerare gli esiti maturi di quella ricerca così rigorosa ed essenziale, che per Olivieri prosegue sulla linea della suggestione che colore e luce continueranno ad esercitare su di lui fino alle ultime opere, dai lavori più decentrati (“Memorie d’oltretomba”, 1983, olio su tela, 220x260 cm) a quelli più assiali degli anni Novanta e del Duemila (“Occhio Fatato”, 1998, olio su tela, 198x220 cm e “Infine”, 2005, olio su tela, 130x90 cm) fino a quelli che insistono sui margini che come quinte si aprono sull’infinità dello sfondo più immaterialmente lontano (“Scaturigine”, 1992, olio su tela, 230x160 cm).
La personale sarà accompagnata da un catalogo edito da Publi Paolini con testi istituzionali prefazione di Eleonora Olivieri, testi critici di Arianna Baldoni, Matteo Galbiati e Gianluca Ranzi e ricca antologia critica che raccoglierà alcune delle principali voci più che hanno scritto di Claudio Olivieri dagli anni Sessanta a oggi. Il volume, corredato dalle vedute delle sale, sarà presentato al termine della mostra.
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