Gabriella Ciancimino. All’allerbaggio
Dal 23 Luglio 2013 al 23 Dicembre 2013
Genova
Luogo: Villa Croce
Indirizzo: via J. Ruffini 3
Orari: da martedì a venerdì 9-19; sabato e domenica 10-19
Telefono per informazioni: +39 010 580069
E-Mail info: webmastermusei@comune.genova.it
Sito ufficiale: http://www.museidigenova.it
Villa Croce presenta All’allerbaggio di Gabriella Ciancimino (Palermo, 1978), un nuovo intervento site-specific sullo scalone monumentale. Il wall drawing realizzato in tecnica mista sulle pareti dello scalone ibrida due diverse tradizioni iconografiche: quella scientifica delle tavole botaniche settecentesche e quella del traditional tatooing, uno stile di tatuaggio nato negli Stati Uniti intorno alla metà del Novecento e considerato oggi “classico”. L’inedito accostamento di erbacce e tatuaggi identifica una stessa categoria di soggetti: emarginati, reietti e outsiders, ma anche viaggiatori, vagabondi e spiriti liberi. Gabriella Ciancimino prende spunto dalla storia di Genova, città famosa nel mondo per il suo rapporto con la navigazione e la scoperta dell’America, per contaminare iconografie di piante e pirati, itinerari di persone ed erbe vagabonde che esulano da codici di comportamento omologati.
Le erbe riprodotte sono il sonco, l’ortica, la camomilla e il papavero, piante spontanee che si espandono a grande velocità, ritenute infestanti perché interferiscono con la gestione antropica della terra, sia essa l’agricoltura o il giardinaggio. Alle erbacee di questo tipo non viene riconosciuto alcun valore nutritivo, decorativo, o genericamente produttivo per cui vengono tradizionalmente percepite con ostilità. Negli ultimi anni, però, sono state reintrepretate in chiave positiva da Gilles Clément, botanico e paesaggista francese, il quale in testi come “Manifesto del Terzo paesaggio” e “Elogio delle vagabonde” teorizza una ecologia della diversità e le indica come modello vitale per un radicale ripensamento del rapporto fra crescita, sviluppo, e occupazione del territorio.
In botanica alcune piante “vagabonde”, fra cui il sonco e il papavero, sono definite ”sinantropiche” perché seguono gli spostamenti dell’uomo e il loro sviluppo dipende dall’intervento umano sul suolo. Allo stesso modo la storia del tatuaggio è legata a spostamenti e viaggi, esplorazioni e colonizzazioni. Originaria dei paesi del Sud Pacifico - dove venne raccontata per la prima volta dal Capitano James Cook nel 1769 -, la pratica del tatuaggio è introdotta in occidente con l’espansione coloniale viaggiando sulla pelle di marinai e pirati prima, e diffondendosi sui corpi di prostitute e detenuti poi. L’American traditional tattooing style si sviluppa nella prima metà del Novecento recuperando proprio il repertorio iconografico preferito da marinai e pirati: vascelli, cuori pulsanti, uccelli di buon auspicio e simboli nefasti. L’artista riprende la linearità grafica e le cromie semplificate del traditional style e innesta su mari in fiamme e vele spiegate disegni settecenteschi di erborescenze “pirata”, tracciando sullo scalone di Villa Croce un paesaggio visionario, mobile e tumultuoso.
Gabriella Ciancimino (vive e lavora a Palermo) sviluppa la sua ricerca sul concetto di “Relazione” da cui deriva la tendenza a concepire un’opera come momento d’incontro/confronto tra individui, creando una Zona Franca in cui differenti collettività possano trovare un contatto tra loro, sperimentando la possibilità di far convivere e compenetrare le diversità espressive. Nei lavori più recenti, Ciancimino analizza il rapporto tra uomo e piante alla base della costituzione di un Paesaggio come “luogo” di riflessione e nello stesso tempo di salvaguardia della memoria storica e di azione collettiva. Lo studio antropologico è accompagnato dalla ricerca sperimentale finalizzata all’individuazione di elementi dissonanti da inserire nel paesaggio, generando così crack visivi in cui la realtà viene “ecologicamente” modificata. Il lavoro di Ciancimino è un invito al dialogo sul concetto di resistenza e di libertà applicato alla relazione con l'ambiente circostante, sperimentando L’Ecologia sociale teorizzata da Murray Bookchin attraverso il coinvolgimento della Collettività nella creazione dell’opera e nella trasformazione di un luogo in spazio in cui sperimentare la libertà, rompendo la gerarchia tra Artista e Fruitore. Si sviluppa cosi la tendenza a realizzare opere site-specific e lavori collettivi, usando media differenti come il video, la musica, l’installazione, il disegno, la grafica e la fotografia. Ha esposto ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo, 2008), all’ American Academy in Rome (2009), a Palazzo RISO - Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia (Palermo, 2010), a L’Appartement 22 (Rabat 2010/2012), alla galleria Cardi Black Box (Milano, 2012), al PAV (Torino, 2013) al Museo Villa Croce (Genova, 2013); ha preso parte a progetti come Volume 1 project of "Sentences on the banks and other activities" exhibition project at Darat al Funun (Amman, 2010) e Working For Change. Project for A Moroccan Pavilion at the 54th Venice Biennale (Venezia, 2011) e Biennale Benin (2012). Le sue opere sono state acquisite in alcune collezioni pubbliche tra cui, il Museo del Novecento (Milan, Italy), e Frac Provence-Alpes-Côte d’Azur (Marsille, France).
Le erbe riprodotte sono il sonco, l’ortica, la camomilla e il papavero, piante spontanee che si espandono a grande velocità, ritenute infestanti perché interferiscono con la gestione antropica della terra, sia essa l’agricoltura o il giardinaggio. Alle erbacee di questo tipo non viene riconosciuto alcun valore nutritivo, decorativo, o genericamente produttivo per cui vengono tradizionalmente percepite con ostilità. Negli ultimi anni, però, sono state reintrepretate in chiave positiva da Gilles Clément, botanico e paesaggista francese, il quale in testi come “Manifesto del Terzo paesaggio” e “Elogio delle vagabonde” teorizza una ecologia della diversità e le indica come modello vitale per un radicale ripensamento del rapporto fra crescita, sviluppo, e occupazione del territorio.
In botanica alcune piante “vagabonde”, fra cui il sonco e il papavero, sono definite ”sinantropiche” perché seguono gli spostamenti dell’uomo e il loro sviluppo dipende dall’intervento umano sul suolo. Allo stesso modo la storia del tatuaggio è legata a spostamenti e viaggi, esplorazioni e colonizzazioni. Originaria dei paesi del Sud Pacifico - dove venne raccontata per la prima volta dal Capitano James Cook nel 1769 -, la pratica del tatuaggio è introdotta in occidente con l’espansione coloniale viaggiando sulla pelle di marinai e pirati prima, e diffondendosi sui corpi di prostitute e detenuti poi. L’American traditional tattooing style si sviluppa nella prima metà del Novecento recuperando proprio il repertorio iconografico preferito da marinai e pirati: vascelli, cuori pulsanti, uccelli di buon auspicio e simboli nefasti. L’artista riprende la linearità grafica e le cromie semplificate del traditional style e innesta su mari in fiamme e vele spiegate disegni settecenteschi di erborescenze “pirata”, tracciando sullo scalone di Villa Croce un paesaggio visionario, mobile e tumultuoso.
Gabriella Ciancimino (vive e lavora a Palermo) sviluppa la sua ricerca sul concetto di “Relazione” da cui deriva la tendenza a concepire un’opera come momento d’incontro/confronto tra individui, creando una Zona Franca in cui differenti collettività possano trovare un contatto tra loro, sperimentando la possibilità di far convivere e compenetrare le diversità espressive. Nei lavori più recenti, Ciancimino analizza il rapporto tra uomo e piante alla base della costituzione di un Paesaggio come “luogo” di riflessione e nello stesso tempo di salvaguardia della memoria storica e di azione collettiva. Lo studio antropologico è accompagnato dalla ricerca sperimentale finalizzata all’individuazione di elementi dissonanti da inserire nel paesaggio, generando così crack visivi in cui la realtà viene “ecologicamente” modificata. Il lavoro di Ciancimino è un invito al dialogo sul concetto di resistenza e di libertà applicato alla relazione con l'ambiente circostante, sperimentando L’Ecologia sociale teorizzata da Murray Bookchin attraverso il coinvolgimento della Collettività nella creazione dell’opera e nella trasformazione di un luogo in spazio in cui sperimentare la libertà, rompendo la gerarchia tra Artista e Fruitore. Si sviluppa cosi la tendenza a realizzare opere site-specific e lavori collettivi, usando media differenti come il video, la musica, l’installazione, il disegno, la grafica e la fotografia. Ha esposto ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo, 2008), all’ American Academy in Rome (2009), a Palazzo RISO - Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia (Palermo, 2010), a L’Appartement 22 (Rabat 2010/2012), alla galleria Cardi Black Box (Milano, 2012), al PAV (Torino, 2013) al Museo Villa Croce (Genova, 2013); ha preso parte a progetti come Volume 1 project of "Sentences on the banks and other activities" exhibition project at Darat al Funun (Amman, 2010) e Working For Change. Project for A Moroccan Pavilion at the 54th Venice Biennale (Venezia, 2011) e Biennale Benin (2012). Le sue opere sono state acquisite in alcune collezioni pubbliche tra cui, il Museo del Novecento (Milan, Italy), e Frac Provence-Alpes-Côte d’Azur (Marsille, France).
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