Gabriele va alla guerra 1915-20. D’annunzio soldato, dal maggio radioso al natale di sangue
Dal 04 Febbraio 2016 al 30 Aprile 2016
Genova
Luogo: Biblioteca Universitaria (ex Hotel Colombia)
Indirizzo: via Balbi 40
Orari: da lunedì a venerdì ore 9–18; sabato ore 9–13
Enti promotori:
- Biblioteca Universitaria di Genova
- Comune di Genova - Fondazione “Il Vittoriale degli Italiani” Gardone Riviera
- Fondazione Mario Novaro Genova
- Museo Civico Andrea Tubino Masone
- Fondazione Ansaldo Genova
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 010 254645
E-Mail info: bu-ge.eventi@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.bibliotecauniversitaria.ge.it/
Giovedì 4 febbraio alle ore 17.30 presso la Biblioteca Universitaria si terrà l'inaugurazione della mostra "Gabriele va alla guerra 1915-20. D’annunzio soldato, dal maggio radioso al natale di sangue", che sarà aperta fino al 30 aprile.
Interverranno i docenti dell’ Università di Genova Francesco De Nicola, Marco Salotti e Anita Ginella.
La mostra, basata sul ricco patrimonio librario della Biblioteca Universitaria di Genova, reso più ‘immaginifico’ dal generoso contributo della Fondazione ‘Il Vittoriale degli Italiani’ di Gardone Riviera e dagli apporti della Fondazione ‘Mario Novaro’ di Genova, del Museo Civico ‘Andrea Tubino’ di Masone e della casa editrice Il Portolano di Genova, indaga, senza intenti apologetici o volontà denigratoria, la poliedrica figura di Gabriele d’Annunzio, incentrando la prospettiva sul soldato che combatté a fianco di aviatori, marinai e fanti nel drammatico conflitto ‘15-’18 e sul comandante dell’impresa di Fiume, “la bella fra le belle avventure”, conclusasi tragicamente tra il dicembre del 1920 e il gennaio del 1921.
Gabriele d’Annunzio, dopo essere stato protagonista della battaglia interventista, inizialmente dal “volontario esilio” francese, quindi con l’apoteosi oratoria genovese e romana nelle giornate del “maggio radioso” del 1915, al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, a cinquantadue anni, volle partecipare direttamente al conflitto.
Alla sua età, o si era ufficiali superiori o non si stava sotto le armi; egli avrebbe potuto facilmente pavoneggiarsi nella divisa imboscandosi in un qualche Comando Militare, senza mai prendere parte ad azioni cruente e rischiose. Diversamente, il volontario d’Annunzio si trasformò in un “irregolare del pericolo” e mise a repentaglio la propria vita in tutti i modi, in mare, in terra e in cielo. Perfino nell’autunno del ‘16, quando la perdita della vista dell’occhio destro avrebbe più che giustificato il suo congedo come mutilato, volle tornare all’azione contro il parere di medici e Comandi: almeno la coerenza di interventista intervenuto gli va riconosciuta. Il 29 luglio 1915 aveva scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri Antonio Salandra: “Io non sono un letterato dello stampo antico, in papalina e pantofole. Io sono un soldato. Ho voluto essere un soldato, non per stare al caffè o a mensa, ma per fare semplicemente quel che fanno i soldati. Ho una situazione militare in perfetta regola. Non soltanto ho la facoltà, ma ho l’obbligo di combattere”.
Sapeva in quale guerra tragica e disumana ci si sarebbe misurati, era informato delle trasformazioni tattiche e delle terribili innovazioni tecnologiche, essendone stato testimone sul fronte francese nel settembre del ‘14 e nel marzo del ‘15. Tale consapevolezza gli farà affermare, il 25 maggio 1915: “L’uccisione comincia, la distruzione comincia”.
Ottenne di essere richiamato in servizio come tenente di complemento nel reggimento di cavalleria Lancieri di Novara, distaccato al Comando della 3ª Armata del duca d’Aosta, ma con l’autorizzazione ad “assistere agli atti sull’intera fronte” delle altre Armate, compresa la facoltà di seguire le operazioni navali. Così d’Annunzio fece la sua “guerra guerreggiata”, punteggiandola di episodi eclatanti come le imprese aviatorie di Cattaro o del volo su Vienna e marinare come la beffa di Buccari, ma anche in trincea durante l’8ª e la 9ª battaglia dell’Isonzo, “imprigionato in questo abito di fango” per la conquista dei monti Veliki e Faiti.
Soprattutto combatté in aviazione, tutt’altro che un gioco da ragazzi con gli aeroplani dell’epoca, a rischio della vita a ogni volo; nel ‘18, costituita su suo suggerimento un’unità di aerosiluranti, fu nominato comandante della 1ª Squadriglia Navale Siluranti Aeree .
La guerra, per d’Annunzio, con l’appendice inebriante e fallimentare dell’impresa di Fiume, non fu soltanto un’avventura esaltante, ma anche un evento che avrebbe dovuto rinnovare la nazione attraverso l’impegno civile e spirituale.
Certo, anche nelle azioni di guerra non derogò dalla retorica e dalla megalomania egocentrica che gli erano congenite, ma le accompagnò con la pietas per i “poveri soldati” e per i compagni caduti, e con la tenacia, il coraggio, la fermezza, la perizia, come attestano le promozioni e il suo ricco medagliere.
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