Boooom! Pino Pascali e il gioco delle armi
Dal 12 Febbraio 2014 al 30 Marzo 2014
Genova
Luogo: Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Indirizzo: via Jacopo Ruffini 3
Orari: da martedì a venerdì 9-18.30; sabato e domenica 10-18.30
Curatori: Anna Lovecchio
Enti promotori:
- Comune di Genova
- Genova Palazzo Ducale - Fondazione per la cultura
Telefono per informazioni: +39 010 580069/585772
E-Mail info: staffmostre@comune.genova.it
Sito ufficiale: http://www.museidigenova.it
Villa Croce presenta Boooom! Pino Pascali e il gioco delle armi, una selezione di opere volte a mettere a fuoco un aspetto specifico della produzione di Pino Pascali (1935-1968): il suo “mondo eroico infantile” popolato da personaggi di ogni sorta – guerrieri e crociati, moschettieri e gangster, uomini primitivi e soldati – accomunati dal possesso di un’arma. Pascali rappresenta un’umanità variopinta e combattente, apparentemente sull’orlo dello scontro armato, eppure mai davvero ostile o minacciosa. In questa galleria di immagini, prodotte principalmente per la pubblicità, l’atmosfera di belligeranza universale si connota in senso ludico: Pascali opera una reinvenzione fantastica delle armi che da oggetti letali diventano strumenti di gioco.
L’infatuazione per armi di ogni genere, dalla clava del primitivo ai missili delle moderne tecnologie belliche, viene spesso ricondotta al dato biografico, alla concreta intimità che l’artista doveva avere con le pistole, a cominciare da quella d’ordinanza del padre, funzionario di polizia. Eppure nella produzione artistica di Pascali l’arma ritorna, declinata nelle forme più svariate, con una frequenza che va oltre una mera questione di familiarità. Nella sua ripetizione ossessiva declinata in un linguaggio sempre sintetico, l’arma acquista la forza dell’archetipo, elemento pregnante della coscienza estetica dell’artista e, forse, di un più vasto inconscio collettivo. Le armi perdono la loro funzione originaria per acquisire un valore d’uso ludico, fondamentale per l’artista il quale dichiara: «non si vuole parlare di gioco in senso di “puro divertimento”, bensì inteso come attività normale dell’uomo. E il gioco, anche per i bambini, è una cosa seria, è un modo per conoscere». Proprio le armi sono il soggetto del ciclo di opere, esposte da Gian Enzo Sperone a Torino nel 1966, con cui Pascali attira su di sé l’attenzione della critica emergendo fra i protagonisti della scena artistica più innovativa e sperimentale di quegli anni. Si trattava di assemblaggi scultorei costruiti con materiali di recupero, per lo più residuati
di officina, ricomposti con abilità tale da apparire reali.
Lo spirito ludico, in parte dissacrante, che pervade la maggior parte delle opere in mostra - principalmente commissioni per la pubblicità -, attesta la libertà di pensiero, l’inventività grafica e la grande varietà di tecniche e materiali con cui l’artista esplora a più riprese l’immaginario del conflitto armato in un periodo di grandi tensioni sociali. Come osserva Achille Bonito Oliva, il compito dell’arte per Pascali sembra consistere nel “disarmare la guerra” accrescendo l’arsenale della nostra sensibilità estetica.
Nato a Bari nel 1935, Pascali si forma a Roma, dove studia scenotecnica con Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 1959. Comincia subito a lavorare nella grafica pubblicitaria, producendo animazioni sia per il cinema che per la televisione. Inizialmente per la Incom, poi per la Lodolo-Saraceni Cinematografica e infine per la Lodolo Film del solo Sandro Lodolo, Pascali produce filmati per Carosello e telecomunicati per il cinema. Lavora anche come aiuto scenografo di Studio Uno al Centro di produzione Rai.
Contemporaneamente frequenta gli “artisti di Piazza del Popolo” – Schifano, Kounellis, Festa, Angeli, Fioroni, Ceroli – cogliendo i fermenti della Pop Art americana. La sua fortuna come artista è segnata dalla prima mostra personale presso la galleria romana La Tartaruga (1965), cui seguirà un’altra personale nella galleria di Gian Enzo Sperone a Torino e importanti collettive presso L’Attico di Fabio Sargentini, sempre a Roma. Nel 1967, partecipa a due mostre seminali del decennio: “Arte povera – Im-spazio” curata da Germano Celant presso la Galleria La Bertesca di Genova e “Lo Spazio dell’immagine”, presso Palazzo Trini a Foligno. Nel 1968, presenta una personale all’interno della Biennale di Venezia.
Nel 1969, anno successivo alla sua morte, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma diretta da Palma Bucarelli gli dedica un’importante retrospettiva e, sempre nello stesso anno, viene incluso nella mostra When Attitudes Become Form curata da Harald Szeeman a Berna.
Le opere di Pascali sono conservate nei maggiori musei del mondo: MoMA (New York), Tate Modern (Londra), Centre George Pompidou (Parigi), MUMOK (Vienna), GNAM (Roma).
L’infatuazione per armi di ogni genere, dalla clava del primitivo ai missili delle moderne tecnologie belliche, viene spesso ricondotta al dato biografico, alla concreta intimità che l’artista doveva avere con le pistole, a cominciare da quella d’ordinanza del padre, funzionario di polizia. Eppure nella produzione artistica di Pascali l’arma ritorna, declinata nelle forme più svariate, con una frequenza che va oltre una mera questione di familiarità. Nella sua ripetizione ossessiva declinata in un linguaggio sempre sintetico, l’arma acquista la forza dell’archetipo, elemento pregnante della coscienza estetica dell’artista e, forse, di un più vasto inconscio collettivo. Le armi perdono la loro funzione originaria per acquisire un valore d’uso ludico, fondamentale per l’artista il quale dichiara: «non si vuole parlare di gioco in senso di “puro divertimento”, bensì inteso come attività normale dell’uomo. E il gioco, anche per i bambini, è una cosa seria, è un modo per conoscere». Proprio le armi sono il soggetto del ciclo di opere, esposte da Gian Enzo Sperone a Torino nel 1966, con cui Pascali attira su di sé l’attenzione della critica emergendo fra i protagonisti della scena artistica più innovativa e sperimentale di quegli anni. Si trattava di assemblaggi scultorei costruiti con materiali di recupero, per lo più residuati
di officina, ricomposti con abilità tale da apparire reali.
Lo spirito ludico, in parte dissacrante, che pervade la maggior parte delle opere in mostra - principalmente commissioni per la pubblicità -, attesta la libertà di pensiero, l’inventività grafica e la grande varietà di tecniche e materiali con cui l’artista esplora a più riprese l’immaginario del conflitto armato in un periodo di grandi tensioni sociali. Come osserva Achille Bonito Oliva, il compito dell’arte per Pascali sembra consistere nel “disarmare la guerra” accrescendo l’arsenale della nostra sensibilità estetica.
Nato a Bari nel 1935, Pascali si forma a Roma, dove studia scenotecnica con Toti Scialoja all’Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 1959. Comincia subito a lavorare nella grafica pubblicitaria, producendo animazioni sia per il cinema che per la televisione. Inizialmente per la Incom, poi per la Lodolo-Saraceni Cinematografica e infine per la Lodolo Film del solo Sandro Lodolo, Pascali produce filmati per Carosello e telecomunicati per il cinema. Lavora anche come aiuto scenografo di Studio Uno al Centro di produzione Rai.
Contemporaneamente frequenta gli “artisti di Piazza del Popolo” – Schifano, Kounellis, Festa, Angeli, Fioroni, Ceroli – cogliendo i fermenti della Pop Art americana. La sua fortuna come artista è segnata dalla prima mostra personale presso la galleria romana La Tartaruga (1965), cui seguirà un’altra personale nella galleria di Gian Enzo Sperone a Torino e importanti collettive presso L’Attico di Fabio Sargentini, sempre a Roma. Nel 1967, partecipa a due mostre seminali del decennio: “Arte povera – Im-spazio” curata da Germano Celant presso la Galleria La Bertesca di Genova e “Lo Spazio dell’immagine”, presso Palazzo Trini a Foligno. Nel 1968, presenta una personale all’interno della Biennale di Venezia.
Nel 1969, anno successivo alla sua morte, la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma diretta da Palma Bucarelli gli dedica un’importante retrospettiva e, sempre nello stesso anno, viene incluso nella mostra When Attitudes Become Form curata da Harald Szeeman a Berna.
Le opere di Pascali sono conservate nei maggiori musei del mondo: MoMA (New York), Tate Modern (Londra), Centre George Pompidou (Parigi), MUMOK (Vienna), GNAM (Roma).
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