La bellezza di un ritorno. L'insegna della fullonica al MAF di Forlimpopoli
Dal 20 Giugno 2015 al 30 Maggio 2016
Forlimpopoli | Forlì-Cesena
Luogo: MAF - Museo Archeologico “T. Aldini”
Indirizzo: piazza Fratti 5
Enti promotori:
- Comuni di Forlì e di Forlimpopoli
- Museo Archeologico “Antonio Santarelli” di Forlì
- Biblioteca comunale “Aurelio Saffi” - Unità Fondi Antichi
- Manoscritti e Fondo Piancastelli di Forlì
- Museo Archeologico “Tobia Aldini”
- Archivio Storico comunale di Forlimpopoli
- Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna
Telefono per informazioni: +39 0543 748071
E-Mail info: info@maforlimpopoli.it
Sito ufficiale: http://www.maforlimpopoli.it/
In occasione della XIX edizione della Festa Artusiana rientra a Forlimpopoli, per la prima volta dopo 137 anni dalla scoperta, l’insegna della fullonica conservata presso il Museo Archeologico “Antonio Santarelli” di Forlì.
Con il termine di fullonica gli antichi Romani intendevano sia l’officina che l’attività svolta dai fullones, cioè dagli operai che si occupavano di preparare i tessuti per la confezione delle vesti. Questa attività è attestata da numerose epigrafi e fonti classiche (Plauto, Marziale, Plinio il Vecchio) nonché dai rinvenimenti di vari impianti produttivi in molte città dell’Impero: a Pompei sono state trovate ben 13 fulloniche, tutte in piena attività al momento della sua distruzione nel 79 d.C.
Il rilievo verrà esposto per un anno nelle sale del Museo Archeologico di Forlimpopoli “Tobia Aldini” in un allestimento appositamente dedicato.
L’insegna della fullonica fu rinvenuta a Forlimpopoli nel 1878 in occasione di lavori agricoli nel terreno di proprietà del notaio forlivese Federico Foschini, in località Melatello.
Fu subito interpellato l’avvocato Antonio Santarelli, da poco nominato Regio Ispettore alle Antichità per il territorio forlivese, che intuita l’importanza e unicità del reperto lo acquisì e fece trasferire a Forlì, nel Palazzo degli Studi sede delle collezioni d’arte e antichità.
L'insegna è costituita da una lastra in pietra calcarea di modeste dimensioni (cm 45x34x0,8) lavorata a basso rilievo. La resa un po' rozza delle figure e la fattura grossolana e “popolaresca” ne proposero una datazione al III secolo d.C.
Santarelli capì subito di aver a che fare con un reperto di difficile ‘lettura’. Nel rilievo si susseguono varie raffigurazioni, un uomo a torso nudo immerso in una tinozza ad alto bordo, un rudimentale telaio su cui è teso un tessuto, una piccola altura su cui svetta un albero dal tronco sinuoso con due rami e una foglia stilizzata, una specie di canale/conduttura idrica che rifornisce una grande vasca, e un oggetto a forma di ‘capanna’ caratterizzato da un ‘intreccio’ di linee orizzontali e oblique.
Santarelli interpretò il rilievo come la rappresentazione di una fullonica, un impianto dedicato in epoca romana alla follatura della lana e dei tessuti. L’inserimento di scarni elementi naturalistici (la piccola altura coperta da vegetazione e il corso d’acqua che da essa diparte) avrebbe indiziato la localizzazione dell’impianto produttivo in prossimità delle prime pendici collinari mentre il richiamo a un possibile approvvigionamento della fullonica foropopiliense alle vicine sorgenti minerali della Fratta rappresenta ancora oggi una suggestiva ipotesi.
Santarelli, peraltro, non sciolse la riserva sulla funzione/destinazione originaria della lastra. Alcuni studiosi ipotizzarono che potesse fare parte del monumento o area sepolcrale di un fullone ma studi più attenti considerano oggi il reperto l’insegna di una fullonica, intesa come semplice bottega artigianale o, più probabilmente, piccolo impianto industriale; insegna che comunque doveva risultare ben riconoscibile da tutti coloro che all'epoca transitavano lungo la strada.
Proprio per la sua unicità, il reperto ha suscitato vivo interesse tra gli archeologi fin dal suo rinvenimento. Dal momento della scoperta, nel 1878, il manufatto è entrato a fare parte di diritto delle collezioni archeologiche comunali forlivesi mentre il Museo archeologico di Forlimpopoli ne custodisce una riproduzione in gesso fatta realizzare nel 1991 dall’allora direttore Tobia Aldini.
Il ritorno temporaneo a Forlimpopoli dell'originale è frutto della collaborazione fra i Comuni di Forlì e di Forlimpopoli e le rispettive Istituzioni culturali, in con la Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna.
Dall'ottobre 2015 al maggio 2016, l’insegna della fullonica sarà oggetto di laboratori e attività didattiche rivolte ai pubblici del museo e alle scuole di ogni ordine e grado a cura della Fondazione RavennAntica-Parco Archeologico di Classe.
Inoltre, da settembre, prende il via un ciclo di conferenze a carattere archeologico, anch’esso frutto della collaborazione fra i musei di Forlì, Forlimpopoli e Galeata: gli incontri mirano ad approfondire la conoscenza degli aspetti legati alla vita quotidiana e al cibo nell’antichità.
L'insegna della fullonica resterà esposta nelle sale del MAF fino al 30 maggio 2016 e sarà accessibile al pubblico negli orari di apertura del museo.
Con il termine di fullonica gli antichi Romani intendevano sia l’officina che l’attività svolta dai fullones, cioè dagli operai che si occupavano di preparare i tessuti per la confezione delle vesti. Questa attività è attestata da numerose epigrafi e fonti classiche (Plauto, Marziale, Plinio il Vecchio) nonché dai rinvenimenti di vari impianti produttivi in molte città dell’Impero: a Pompei sono state trovate ben 13 fulloniche, tutte in piena attività al momento della sua distruzione nel 79 d.C.
Il rilievo verrà esposto per un anno nelle sale del Museo Archeologico di Forlimpopoli “Tobia Aldini” in un allestimento appositamente dedicato.
L’insegna della fullonica fu rinvenuta a Forlimpopoli nel 1878 in occasione di lavori agricoli nel terreno di proprietà del notaio forlivese Federico Foschini, in località Melatello.
Fu subito interpellato l’avvocato Antonio Santarelli, da poco nominato Regio Ispettore alle Antichità per il territorio forlivese, che intuita l’importanza e unicità del reperto lo acquisì e fece trasferire a Forlì, nel Palazzo degli Studi sede delle collezioni d’arte e antichità.
L'insegna è costituita da una lastra in pietra calcarea di modeste dimensioni (cm 45x34x0,8) lavorata a basso rilievo. La resa un po' rozza delle figure e la fattura grossolana e “popolaresca” ne proposero una datazione al III secolo d.C.
Santarelli capì subito di aver a che fare con un reperto di difficile ‘lettura’. Nel rilievo si susseguono varie raffigurazioni, un uomo a torso nudo immerso in una tinozza ad alto bordo, un rudimentale telaio su cui è teso un tessuto, una piccola altura su cui svetta un albero dal tronco sinuoso con due rami e una foglia stilizzata, una specie di canale/conduttura idrica che rifornisce una grande vasca, e un oggetto a forma di ‘capanna’ caratterizzato da un ‘intreccio’ di linee orizzontali e oblique.
Santarelli interpretò il rilievo come la rappresentazione di una fullonica, un impianto dedicato in epoca romana alla follatura della lana e dei tessuti. L’inserimento di scarni elementi naturalistici (la piccola altura coperta da vegetazione e il corso d’acqua che da essa diparte) avrebbe indiziato la localizzazione dell’impianto produttivo in prossimità delle prime pendici collinari mentre il richiamo a un possibile approvvigionamento della fullonica foropopiliense alle vicine sorgenti minerali della Fratta rappresenta ancora oggi una suggestiva ipotesi.
Santarelli, peraltro, non sciolse la riserva sulla funzione/destinazione originaria della lastra. Alcuni studiosi ipotizzarono che potesse fare parte del monumento o area sepolcrale di un fullone ma studi più attenti considerano oggi il reperto l’insegna di una fullonica, intesa come semplice bottega artigianale o, più probabilmente, piccolo impianto industriale; insegna che comunque doveva risultare ben riconoscibile da tutti coloro che all'epoca transitavano lungo la strada.
Proprio per la sua unicità, il reperto ha suscitato vivo interesse tra gli archeologi fin dal suo rinvenimento. Dal momento della scoperta, nel 1878, il manufatto è entrato a fare parte di diritto delle collezioni archeologiche comunali forlivesi mentre il Museo archeologico di Forlimpopoli ne custodisce una riproduzione in gesso fatta realizzare nel 1991 dall’allora direttore Tobia Aldini.
Il ritorno temporaneo a Forlimpopoli dell'originale è frutto della collaborazione fra i Comuni di Forlì e di Forlimpopoli e le rispettive Istituzioni culturali, in con la Soprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna.
Dall'ottobre 2015 al maggio 2016, l’insegna della fullonica sarà oggetto di laboratori e attività didattiche rivolte ai pubblici del museo e alle scuole di ogni ordine e grado a cura della Fondazione RavennAntica-Parco Archeologico di Classe.
Inoltre, da settembre, prende il via un ciclo di conferenze a carattere archeologico, anch’esso frutto della collaborazione fra i musei di Forlì, Forlimpopoli e Galeata: gli incontri mirano ad approfondire la conoscenza degli aspetti legati alla vita quotidiana e al cibo nell’antichità.
L'insegna della fullonica resterà esposta nelle sale del MAF fino al 30 maggio 2016 e sarà accessibile al pubblico negli orari di apertura del museo.
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