Il mondo che non c’era. L'arte precolombiana nella Collezione Ligabue
Dal 19 Settembre 2015 al 06 Marzo 2016
Firenze
Luogo: Museo Archeologico Nazionale
Indirizzo: piazza Santissima Annunziata 9/b
Orari: 8.30-19; da sabato a lunedì 8.30-14
Enti promotori:
- Centro Studi e Ricerche Ligabue di Venezia
- Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana-Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Telefono per informazioni: +39 055 23575
Sito ufficiale: http://https://archeotoscana.beniculturali.it
Dal 19 settembre 2015 al 6 marzo 2016 il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ospita la mostra “Il mondo che non c’era“, dedicata alle civiltà precolombiane, totalmente sconosciute al mondo occidentale prima del viaggio di Cristoforo Colombo. Un corpus di capolavori mai visti prima d’ora, eredità della Collezione Ligabue, preziose testimonianze delle antiche raccolte dei Medici e prestiti internazionali accompagneranno il visitatore in un viaggio di scoperta delle civiltà precolombiane.
Perchè una mostra di arte precolombiana a Firenze, e proprio al Museo Archeologico? Sebbene, a differenza di altre importanti città europee, la nostra città non sia mai stata capitale di vasti imperi coloniali, l’interesse collezionistico dei Medici, cui ancora oggi si devono i nuclei fondamentali di tutte le principali collezioni museali, ha fatto sì che già a partire dal Cinquecento si raccogliessero qui tanti reperti di interesse etnografico provenienti anche dalle Americhe. A differenza di quanto poteva accadere in altre città, centro naturale di arrivo e smistamento di questi materiali, a Firenze i Medici mandavano appositamente a cercare questi tesori. E proprio tra la collezione glittica del Museo Archeologico è approdata una mascherina di giada riconosciuta come atzeca, mentre al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti appartiene una maschera di onice verde della cultura Teotihuacan: entrambe sono oggi ammirabili nella mostra in mezzo a tantissimi altri oggetti, in totale più di 120.
In mostra una serie di opere d’arte espressione delle grandi civiltà della cosiddetta Mesoamerica (gran parte del Messico, Guatemala, Belize, una parte dell’Honduras e del Salvador) e delle Ande (Panama, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, fino a Cile e Argentina): dagli Olmechi ai Maya, agli Aztechi; dalla cultura Chavin, a quelle Tiahuanaco e Moche, fino agli Inca.
sculture in terracotta dipinta provenienti dall’Ecuador, cultura Jama-coaque Promossa dal Centro Studi e Ricerche Ligabue di Venezia e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana-Museo Archeologico Nazionale di Firenze, prodotta con atto di mecenatismo da Ligabue Spa, la mostra presenta pezzi eccezionali e unici appartenuti proprio alle collezioni medicee, così come opere preziose del Musée du Quai Branly di Parigi e di prestigiose collezioni internazionali. Ma il nucleo centrale sarà costituito da una vasta selezione di opere delle antiche culture americane – mai esposte fino ad oggi – appartenenti alla Collezione Ligabue.
A pochi mesi dalla sua scomparsa – avvenuta lo scorso gennaio a 83 anni – questa mostra vuole essere anche un omaggio alla figura di Giancarlo Ligabue da parte del figlio Inti, che continua l’impegno nella ricerca culturale e scientifica e nella divulgazione, attraverso il Centro Studi fondato oltre 40 anni fa dal padre Giancarlo: paleontologo veneziano, studioso di archeologia e antropologia, esploratore, imprenditore illuminato, appassionato collezionista. Oltre ad aver organizzato più di 130 spedizioni in tutti i continenti, partecipando personalmente agli scavi e alle esplorazioni – con ritrovamenti memorabili conservati ora nelle collezioni museali dei diversi paesi – Giancarlo Ligabue ha dato vita negli anni a un’importante collezione d’oggetti d’arte, provenienti da moltissime culture.
Vaso a forma di felino, cultura Lambayeque, Perù Una parte di questa collezione sarà il cuore della mostra, curata da Jacques Blazy (tra i membri del comitato scientifico, André Delpuech capo conservatore al Quai Branly e l’archeologo peruviano Federico Kauffmann Doig) specialista delle arti preispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud. Un’esposizione straordinaria che consentirà di scoprire le società, i miti, le divinità, i giochi, le scritture, le capacità tecniche e artistiche di quei popoli.
Sarà eccezionale, tra le altre, la presenza di diverse maschere in pietra di Teotihuacan, la più grande città della Mesoamerica, anzi il primo vero centro urbano del Messico centrale, e di un nucleo preziosissimo di vasi Maya d’epoca classica, preziosissime fonti d’informazione – con le loro decorazioni e iscrizioni – sulla civiltà e sulla scrittura Maya, e ancora le figurine antropomorfe in ceramica cava prodotte dalla cultura Olmeca, che nel tempo hanno ispirato pittori del calibro di Diego Rivera e Frida Kahlo.
Grande urna con coperchio in ceramica policroma, cultura Maya, Messico La mostra “Il mondo che non c’era” regala al pubblico un’esperienza diversa, solitamente destinata ai musei etnografici. E non c’è dubbio che gli oggetti coinvolti non abbiano avuto un valore etnografico ai tempi della scoperta dell’America e dei Conquistadores spagnoli, che li portarono in Europa, dove furono accolti con lo stupore e la meraviglia che solleva tutto ciò che è nuovo ed esotico. Tuttavia si tratta di testimonianze di culture scomparse: quella Nazca e Moche, in Perù, oppure quella Olmeca in Messico, già prima di Cristo, mentre quelle Maya, Atzeca e Inca proprio con l’arrivo, violento e sanguinoso, degli Spagnoli, che non si fecero scrupoli – e forse neanche se ne resero conto – nel cancellare dalle loro terre intere culture. Solo le ricerche archeologiche che oggi si conducono in Mesoamerica e Sudamerica – tra le quali si inseriscono anche le spedizioni del Centro Studi Ligabue – ci consentono di scoprire qualcosa in più su queste antiche civiltà, altrimenti note solo attraverso gli oggetti importati e le testimonianze scritte dei viaggiatori dell’epoca.
Perchè una mostra di arte precolombiana a Firenze, e proprio al Museo Archeologico? Sebbene, a differenza di altre importanti città europee, la nostra città non sia mai stata capitale di vasti imperi coloniali, l’interesse collezionistico dei Medici, cui ancora oggi si devono i nuclei fondamentali di tutte le principali collezioni museali, ha fatto sì che già a partire dal Cinquecento si raccogliessero qui tanti reperti di interesse etnografico provenienti anche dalle Americhe. A differenza di quanto poteva accadere in altre città, centro naturale di arrivo e smistamento di questi materiali, a Firenze i Medici mandavano appositamente a cercare questi tesori. E proprio tra la collezione glittica del Museo Archeologico è approdata una mascherina di giada riconosciuta come atzeca, mentre al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti appartiene una maschera di onice verde della cultura Teotihuacan: entrambe sono oggi ammirabili nella mostra in mezzo a tantissimi altri oggetti, in totale più di 120.
In mostra una serie di opere d’arte espressione delle grandi civiltà della cosiddetta Mesoamerica (gran parte del Messico, Guatemala, Belize, una parte dell’Honduras e del Salvador) e delle Ande (Panama, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia, fino a Cile e Argentina): dagli Olmechi ai Maya, agli Aztechi; dalla cultura Chavin, a quelle Tiahuanaco e Moche, fino agli Inca.
sculture in terracotta dipinta provenienti dall’Ecuador, cultura Jama-coaque Promossa dal Centro Studi e Ricerche Ligabue di Venezia e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana-Museo Archeologico Nazionale di Firenze, prodotta con atto di mecenatismo da Ligabue Spa, la mostra presenta pezzi eccezionali e unici appartenuti proprio alle collezioni medicee, così come opere preziose del Musée du Quai Branly di Parigi e di prestigiose collezioni internazionali. Ma il nucleo centrale sarà costituito da una vasta selezione di opere delle antiche culture americane – mai esposte fino ad oggi – appartenenti alla Collezione Ligabue.
A pochi mesi dalla sua scomparsa – avvenuta lo scorso gennaio a 83 anni – questa mostra vuole essere anche un omaggio alla figura di Giancarlo Ligabue da parte del figlio Inti, che continua l’impegno nella ricerca culturale e scientifica e nella divulgazione, attraverso il Centro Studi fondato oltre 40 anni fa dal padre Giancarlo: paleontologo veneziano, studioso di archeologia e antropologia, esploratore, imprenditore illuminato, appassionato collezionista. Oltre ad aver organizzato più di 130 spedizioni in tutti i continenti, partecipando personalmente agli scavi e alle esplorazioni – con ritrovamenti memorabili conservati ora nelle collezioni museali dei diversi paesi – Giancarlo Ligabue ha dato vita negli anni a un’importante collezione d’oggetti d’arte, provenienti da moltissime culture.
Vaso a forma di felino, cultura Lambayeque, Perù Una parte di questa collezione sarà il cuore della mostra, curata da Jacques Blazy (tra i membri del comitato scientifico, André Delpuech capo conservatore al Quai Branly e l’archeologo peruviano Federico Kauffmann Doig) specialista delle arti preispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud. Un’esposizione straordinaria che consentirà di scoprire le società, i miti, le divinità, i giochi, le scritture, le capacità tecniche e artistiche di quei popoli.
Sarà eccezionale, tra le altre, la presenza di diverse maschere in pietra di Teotihuacan, la più grande città della Mesoamerica, anzi il primo vero centro urbano del Messico centrale, e di un nucleo preziosissimo di vasi Maya d’epoca classica, preziosissime fonti d’informazione – con le loro decorazioni e iscrizioni – sulla civiltà e sulla scrittura Maya, e ancora le figurine antropomorfe in ceramica cava prodotte dalla cultura Olmeca, che nel tempo hanno ispirato pittori del calibro di Diego Rivera e Frida Kahlo.
Grande urna con coperchio in ceramica policroma, cultura Maya, Messico La mostra “Il mondo che non c’era” regala al pubblico un’esperienza diversa, solitamente destinata ai musei etnografici. E non c’è dubbio che gli oggetti coinvolti non abbiano avuto un valore etnografico ai tempi della scoperta dell’America e dei Conquistadores spagnoli, che li portarono in Europa, dove furono accolti con lo stupore e la meraviglia che solleva tutto ciò che è nuovo ed esotico. Tuttavia si tratta di testimonianze di culture scomparse: quella Nazca e Moche, in Perù, oppure quella Olmeca in Messico, già prima di Cristo, mentre quelle Maya, Atzeca e Inca proprio con l’arrivo, violento e sanguinoso, degli Spagnoli, che non si fecero scrupoli – e forse neanche se ne resero conto – nel cancellare dalle loro terre intere culture. Solo le ricerche archeologiche che oggi si conducono in Mesoamerica e Sudamerica – tra le quali si inseriscono anche le spedizioni del Centro Studi Ligabue – ci consentono di scoprire qualcosa in più su queste antiche civiltà, altrimenti note solo attraverso gli oggetti importati e le testimonianze scritte dei viaggiatori dell’epoca.
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