Giuseppe Ciccia. Memoria e divenire. Retrospettiva 1963-2013
Dal 02 Ottobre 2013 al 31 Ottobre 2013
Firenze
Luogo: Palazzo Medici Riccardi
Indirizzo: via Cavour 3
Orari: 10-18; chiuso mercoledì
Enti promotori:
- Provincia di Firenze
- Provincia di Messina
- Comune di Pontassieve
- Comune di Firenze
- Comune di Messina
- Comune di Fiesole
Costo del biglietto: intero € 7, ridotto € 4
Telefono per informazioni: +39 055 2760340
E-Mail info: apt@firenzeturismo.it
Sito ufficiale: http://www.palazzo-medici.it
Palazzo Medici Riccardi ospita dal 1 ottobre al 31 ottobre 2013, la Mostra Retrospettiva (1963-2013)“ MEMORIAeDIVENIRE ” del Maestro Giuseppe Ciccia. Il Palazzo Rinascimentale progettato dal Michelozzo è situato in Via Camillo Cavour, 3, Firenze Giuseppe Ciccia già nel 1963 partecipa ai Movimenti dell'Arte Contemporanea, dalla Pop-Art all'Arte-Povera. Giuseppe Ciccia sperimenta le diverse tecniche tradizionali, dal disegno alla pittura, all'incisione, alla scultura, all'immagine filmica, alle performances. Nel 1975 fonda il Movimento Artistico denominato ASSURGENTISMO con il chiaro intento di riportare l'arte al centro della vita, alla sua condizione naturale, intesa come evoluzione dello spirito. Partecipa alla X Quadriennale di Roma La Nuova Generazione. Interviene dal 1983 al 1987 alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con delle Immagini/Azioni (Postcards) scelte appositamente per evidenziare un messaggio attraverso un segno pubblicitario estrapolato dall'architettura della laguna, evento che l'artista ripete nel 1995 per il Centenario della Biennale di Venezia. L'incontro con Vinicio Berti ed Emilio Vedova contribuisce ad esercitare il suo impegno in una pittura che rifiuta la forma e l'interpretazione dei dati oggettivi della realtà, per operare attraverso una sintesi formale, ristretta sulla polarità di pochi colori, dal rosso al nero, dal blu al giallo. Presente in numerose personali e collettive nazionali ed internazionali. Le sue opere sono collocate in spazi pubblici, musei civici ed istituti religiosi. Giuseppe Ciccia vive ed opera tra Firenze e Cannes.
Il Prof. Pier Francesco Listri, scrive sul catalogo della mostra Giuseppe Ciccia “ MEMORIAeDIVENIRE “– Retrospettiva 1963-2013: “ Non si guarda un’opera del maestro Ciccia senza provare una grande emozione. Non avendoci chiesto che cosa rappresenta, bensì che cosa esprime e come. Senza volere essere esaustiva, questa mostra è un’antologica che copre oltre mezzo secolo di pittura: dai quadri del ragazzo quindicenne (in cui si apprezza le intense nuvole di colore, di elegante leggerezza), ai forti motivi dai colori primitivi e brillanti che soprattutto negli ultimi decenni hanno costituito con una costanza coerente ma sempre innovativa la cifra tipica di questo artista che non è mai contemplativo ma propone sempre una fortissima tensione comunicativa. Ciccia non è un figlio senza padri. Più che all’arte classica di cui per altro ha assorbito le preziose meraviglie dell’equilibrio, egli ha guardato e sentito le tensioni delle grandi avanguardie storiche: quelle del primo ‘900 ma quelle soprattutto che vanno sotto il nome generico di arte pop, e che seguono a quell’astrattismo (in parte anche tutto fiorentino) che egli ha condiviso in fraterna amicizia con Vinicio Berti, e più tardi altrove, con il grande Vedova. Non si deve cercare nei quadri di Ciccia una convenzionale grammatica delle forme, quindi una rappresentazione del reale. Il suo segno grafico sono linee per lo più curve che creano una forte tensione visiva e talora sembrano travalicare i limiti fisici dell’opera. Sono segni gettati sulla tela con dolcezza rabbiosa, con immediatezza ricca di propositi. Ciccia vuole sempre provocare e coinvolgere l’osservatore nelle sue provocazioni. La sua sintesi linguistica è figlia, ma originale, dell’informale europeo ma anche dell’antica e ricchissima grammatica orientale. Non segue alcuna regola codificata, propone sempre un segno violento tipico dell’espressionismo, si affida talora a un dinamismo che ha lontane origini futuriste, offre talvolta automatismi surrealistici. Eppure, ed è questo l’alto segreto di Ciccia, tutte le sue opere hanno forti contenuti spirituali, cioè si rifanno a valori eterni, ma risentono anche di personali reazioni alla politica, alla società, al grande scenario ecologico in cui viviamo. Perché Ciccia possiede e manifesta un forte senso della giustizia sociale e quindi un ruolo della pittura al di là dei suoi tradizionali valori estetici.
Se dovessimo condensare in pochissimi termini le alte qualità di questo maestro, dovremmo dire: entusiasmo, sperimentazione, rapidità esecutiva, bisogno di proporre un’utopia che è alla radice stessa del reale e che quindi non si fonda su riconoscibili rappresentazioni, bensì su tensioni spirituali che i suoi gialli, i suoi neri, i suoi rossi, come sanguinanti fendenti affondati sulla tela, suscitano e raccontano con una forte carica espressiva. Non si può non ricordare che nel 1975, a Firenze, quest’artista nativamente siciliano ma per consuetudine fiorentino ha creato e lanciato un movimento in un manifesto che ha chiamato ‘Assurgentismo’. Non l’ha fatto da solo (a firmare erano anche Renato Mertens, Attilio Bellanca, Omar Vito Giacummo, Silvio Neri) ma c’è molto di suo. Quel manifesto si opponeva alle ‘mistificazioni dell’arte’, ‘all’asservimento’ dell’arte stessa, per riportare l’opera artistica alla pura ‘evoluzione dello spirito’, colta nel proprio tempo, ‘al fine di reinserire gli artisti nel contesto di una società per un futuro migliore a misura d’uomo’. Insomma l’arte riportata al centro della vita. Siamo di fronte con Ciccia a un artista molto originale, che ha fatto tesoro della storia delle forme del ‘900 europeo ma che si è tenuto sempre indipendente dall’effimero fascino della spettacolarità, come dalla retorica delle propagande.Ogni sua opera è insieme una domanda e una risposta: la prima affidata all’osservatore, la seconda che nasce da quell’intimo bisogno di speranza che, alla fine, è il nutrimento maggiore che l’opera di Ciccia ci offre.Questa mostra è la splendida riprova dei caratteri e delle qualità che lungo il tempo il maestro Ciccia ha promosso, e perseguito, e che tuttora lo vedono felicemente al lavoro”.
Il Prof. Pier Francesco Listri, scrive sul catalogo della mostra Giuseppe Ciccia “ MEMORIAeDIVENIRE “– Retrospettiva 1963-2013: “ Non si guarda un’opera del maestro Ciccia senza provare una grande emozione. Non avendoci chiesto che cosa rappresenta, bensì che cosa esprime e come. Senza volere essere esaustiva, questa mostra è un’antologica che copre oltre mezzo secolo di pittura: dai quadri del ragazzo quindicenne (in cui si apprezza le intense nuvole di colore, di elegante leggerezza), ai forti motivi dai colori primitivi e brillanti che soprattutto negli ultimi decenni hanno costituito con una costanza coerente ma sempre innovativa la cifra tipica di questo artista che non è mai contemplativo ma propone sempre una fortissima tensione comunicativa. Ciccia non è un figlio senza padri. Più che all’arte classica di cui per altro ha assorbito le preziose meraviglie dell’equilibrio, egli ha guardato e sentito le tensioni delle grandi avanguardie storiche: quelle del primo ‘900 ma quelle soprattutto che vanno sotto il nome generico di arte pop, e che seguono a quell’astrattismo (in parte anche tutto fiorentino) che egli ha condiviso in fraterna amicizia con Vinicio Berti, e più tardi altrove, con il grande Vedova. Non si deve cercare nei quadri di Ciccia una convenzionale grammatica delle forme, quindi una rappresentazione del reale. Il suo segno grafico sono linee per lo più curve che creano una forte tensione visiva e talora sembrano travalicare i limiti fisici dell’opera. Sono segni gettati sulla tela con dolcezza rabbiosa, con immediatezza ricca di propositi. Ciccia vuole sempre provocare e coinvolgere l’osservatore nelle sue provocazioni. La sua sintesi linguistica è figlia, ma originale, dell’informale europeo ma anche dell’antica e ricchissima grammatica orientale. Non segue alcuna regola codificata, propone sempre un segno violento tipico dell’espressionismo, si affida talora a un dinamismo che ha lontane origini futuriste, offre talvolta automatismi surrealistici. Eppure, ed è questo l’alto segreto di Ciccia, tutte le sue opere hanno forti contenuti spirituali, cioè si rifanno a valori eterni, ma risentono anche di personali reazioni alla politica, alla società, al grande scenario ecologico in cui viviamo. Perché Ciccia possiede e manifesta un forte senso della giustizia sociale e quindi un ruolo della pittura al di là dei suoi tradizionali valori estetici.
Se dovessimo condensare in pochissimi termini le alte qualità di questo maestro, dovremmo dire: entusiasmo, sperimentazione, rapidità esecutiva, bisogno di proporre un’utopia che è alla radice stessa del reale e che quindi non si fonda su riconoscibili rappresentazioni, bensì su tensioni spirituali che i suoi gialli, i suoi neri, i suoi rossi, come sanguinanti fendenti affondati sulla tela, suscitano e raccontano con una forte carica espressiva. Non si può non ricordare che nel 1975, a Firenze, quest’artista nativamente siciliano ma per consuetudine fiorentino ha creato e lanciato un movimento in un manifesto che ha chiamato ‘Assurgentismo’. Non l’ha fatto da solo (a firmare erano anche Renato Mertens, Attilio Bellanca, Omar Vito Giacummo, Silvio Neri) ma c’è molto di suo. Quel manifesto si opponeva alle ‘mistificazioni dell’arte’, ‘all’asservimento’ dell’arte stessa, per riportare l’opera artistica alla pura ‘evoluzione dello spirito’, colta nel proprio tempo, ‘al fine di reinserire gli artisti nel contesto di una società per un futuro migliore a misura d’uomo’. Insomma l’arte riportata al centro della vita. Siamo di fronte con Ciccia a un artista molto originale, che ha fatto tesoro della storia delle forme del ‘900 europeo ma che si è tenuto sempre indipendente dall’effimero fascino della spettacolarità, come dalla retorica delle propagande.Ogni sua opera è insieme una domanda e una risposta: la prima affidata all’osservatore, la seconda che nasce da quell’intimo bisogno di speranza che, alla fine, è il nutrimento maggiore che l’opera di Ciccia ci offre.Questa mostra è la splendida riprova dei caratteri e delle qualità che lungo il tempo il maestro Ciccia ha promosso, e perseguito, e che tuttora lo vedono felicemente al lavoro”.
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