Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori. Umanità di Sara Bolzani e Nicola Zamboni
Dal 24 Giugno 2021 al 21 Agosto 2022
Ferrara
Luogo: Castello Estense
Indirizzo: L.go Castello 1
Curatori: Vittorio Sgarbi e Pietro Di Natale
Enti promotori:
- Fondazione Ferrara Arte
- Servizio Musei d’Arte - Comune di Ferrara
Prolungata: fino al 21 agosto 2022
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0532 419180
E-Mail info: castelloestense@comune.fe.it
Sito ufficiale: http://www.castelloestense.it
Nel cortile e nella loggia del Castello Estense di Ferrara inaugura il 24 giugno la mostra “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”. Umanità di Sara Bolzani e Nicola Zamboni, curata da Vittorio Sgarbi e Pietro Di Natale e realizzata dalla Fondazione Ferrara Arte in collaborazione con il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara.
Da oltre vent’anni Sara Bolzani (1976) e Nicola Zamboni (1943) lavorano gomito a gomito al monumentale gruppo scultoreo intitolato Umanità. Ispirata al trittico con la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, l’opera – a grandezza naturale, in rame e terracotta – è una straordinaria allegoria della vita e dei tempi antichi e moderni: accanto a cavalieri che combattono in sella a possenti destrieri, nucleo fondante dell’insieme, e a personaggi di sapore epico-cavalleresco, vi figurano alcuni attori dei nostri giorni, emarginati, migranti, profughi, “vite di scarto” che, marciando in silenzio, incarnano gli orrori della guerra e la tragedia delle migrazioni.
In occasione della mostra ferrarese si è scelto di declinare Umanità in chiave ariostesca. Le vicende guerresche e amorose del fantastico mondo cavalleresco dell’Orlando furioso sono evocate dalle gesta dei personaggi, tra i quali spiccano alcuni protagonisti del poema come Angelica e Astolfo con il senno di Orlando. La narrazione visualizza in modo efficace il verso d’apertura – «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori» – del capolavoro concepito da Ludovico Ariosto nella Ferrara estense e stampato in città nel 1516. Il poeta è presente, coronato d’alloro e vestito all’antica, in piedi accanto a un tavolo dotato di una “sedia alata” che simboleggia la possibilità di ampliare i propri orizzonti attraverso la letteratura. Nel cortile infuria la battaglia: concitati duelli, cavalieri atterrati, altri in sella a destrieri impennati, guerriere pronte a scoccar frecce, un saraceno con la scimitarra, un musulmano a cavallo accompagnato da donne velate e anche due combattenti che hanno abbandonato le armi per dedicarsi all’amore. E ancora, sul campo, si consumano rapimenti, mentre un angelo, esemplato sul gemello della celebre Melencolia I di Albrecht Dürer, scrive la storia di un cavaliere caduto, e di tutti noi. La vita è lotta, come ricordava Seneca a Lucillo: «Vivere militare est».
Il racconto è impreziosito dall’omaggio ad un’icona della città di Ferrara: una interpretazione scultorea del San Giorgio e il drago dipinto nel 1469 da Cosmè Tura, capolavoro della pittura rinascimentale, custodito nel Museo della Cattedrale.
Da oltre vent’anni Sara Bolzani (1976) e Nicola Zamboni (1943) lavorano gomito a gomito al monumentale gruppo scultoreo intitolato Umanità. Ispirata al trittico con la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, l’opera – a grandezza naturale, in rame e terracotta – è una straordinaria allegoria della vita e dei tempi antichi e moderni: accanto a cavalieri che combattono in sella a possenti destrieri, nucleo fondante dell’insieme, e a personaggi di sapore epico-cavalleresco, vi figurano alcuni attori dei nostri giorni, emarginati, migranti, profughi, “vite di scarto” che, marciando in silenzio, incarnano gli orrori della guerra e la tragedia delle migrazioni.
In occasione della mostra ferrarese si è scelto di declinare Umanità in chiave ariostesca. Le vicende guerresche e amorose del fantastico mondo cavalleresco dell’Orlando furioso sono evocate dalle gesta dei personaggi, tra i quali spiccano alcuni protagonisti del poema come Angelica e Astolfo con il senno di Orlando. La narrazione visualizza in modo efficace il verso d’apertura – «Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori» – del capolavoro concepito da Ludovico Ariosto nella Ferrara estense e stampato in città nel 1516. Il poeta è presente, coronato d’alloro e vestito all’antica, in piedi accanto a un tavolo dotato di una “sedia alata” che simboleggia la possibilità di ampliare i propri orizzonti attraverso la letteratura. Nel cortile infuria la battaglia: concitati duelli, cavalieri atterrati, altri in sella a destrieri impennati, guerriere pronte a scoccar frecce, un saraceno con la scimitarra, un musulmano a cavallo accompagnato da donne velate e anche due combattenti che hanno abbandonato le armi per dedicarsi all’amore. E ancora, sul campo, si consumano rapimenti, mentre un angelo, esemplato sul gemello della celebre Melencolia I di Albrecht Dürer, scrive la storia di un cavaliere caduto, e di tutti noi. La vita è lotta, come ricordava Seneca a Lucillo: «Vivere militare est».
Il racconto è impreziosito dall’omaggio ad un’icona della città di Ferrara: una interpretazione scultorea del San Giorgio e il drago dipinto nel 1469 da Cosmè Tura, capolavoro della pittura rinascimentale, custodito nel Museo della Cattedrale.
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