Sulle orme di Michelangelo

Daniela Guggisberg, Dancer I Ph. Giordano Berti
Dal 26 Giugno 2021 al 05 Settembre 2021
Gorzegno | Cuneo
Luogo: Mostra diffusa
Indirizzo: Sedi varie
Orari: Le opere en-plein-air sono visitabili 24h su 24. La Cappella di S. Martino è aperta al pubblico dal venerdì alla domenica
Curatori: Giordano Berti
Telefono per informazioni: +39 348 3942943
Lo stravolgimento dei canoni tradizionali di realismo, iniziato ai primi del Novecento, ha spinto la scultura verso forme progressivamente astratte. Tuttavia, ancor oggi, qualsiasi artista frequenti studi accademici non può sottrarsi dal riferimento all’arte michelangiolesca e persino nelle opere più indecifrabili permangono le tracce del percorso che ha portato dal più rigoroso realismo all’assoluta libertà espressiva. Questo vale anche per l’osservatore, che nella liberazione dal linguaggio figurativo ha la possibilità di interpretare l’opera seguendo il filo delle emozioni che ogni forma, armonica o disarmonica, è in grado di evocare.
Ora, una mostra internazionale di scultura contemporanea inaugurata il 26 giugno al Nàsc – Museo delle Pietre Parlanti di Gorzegno (Cn), offre la possibilità di vedere e quasi toccare con mano l’onda espressiva che dal figurativo si estende verso la pura astrazione, mettendo in luce la tensione che muove l’artista nel momento in cui scava la dura pietra per trovarvi una forma che corrisponda al suo stato d’animo e al suo pensiero.
La mostra, intitolata “Sulle orme di Michelangelo”, è curata dallo storico dell’arte Giordano Berti in collaborazione con Camoroni Arte di Sale S. Giovanni e Cooperativa Scultori di Carrara.
Hanno prestato le loro opere sette artisti.
La russa Aidan Salakhova è una delle artiste più influenti dell’epoca post-sovietica in virtù del lavoro concettuale che si condensa in ogni sua opera, nella quale i temi tipici l’Islam dell’Asia centrale si intrecciano con influenze femministe occidentali. La Salakhova è presente a Gorzegno con due sculture monumentali in marmo bardiglio (rispettivamente 3 e 2 tonnellate): “Touch” impone di riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea; “Cone of Light” ricorda una proiezione luminosa solidificata e vestita di abiti terreni; emblema delle possibilità di comunicazione tra corpi estranei, così come tra gli esseri umani.
È di origine russa anche Marianna Blier, che tuttavia vive e lavora tra Vienna e Carrara. La sua fonte d’ispirazione è il sogno, che nella sua fugacità imprime nella memoria immagini che lo scalpello tenta di fissare in una forma plastica, astratta solo in apparenza. A Gorzegno presenta una personalissima interpretazione di “S. Sebastiano”, dove la figura stilizzata del martire cristiano diviene simbolo del superamento dei confini di genere maschile/femminile in un processo che trasforma il dolore in bellezza. La seconda opera della Blier, “Genesi”, è una riflessione sull’atto creativo e trasformativo dell’artista quando, immerso nel flusso di immagini caotiche, tenta di estrarre una forma dalla materia informe.
La svizzera Daniela Guggisberg è presente con tre sculture: “Ballerina”, “Foglia nera” e “Liberazione”, nelle quali si scorgono, in forma velata, simbolismi universali ispirati al mondo della natura che sembrano risuonare dentro il freddo marmo e donargli un alito vitale.
Le tre sculture di Daniele Aletti, “Insieme”, “L’ala di Olga” e “Coppia incomparabile”, sintetizzano la ricerca che lo scultore italo-svizzero ve perseguendo da decenni: il potere emozionale dell’opera aniconica. Così, le opere di Aletti con le loro onde, pieghe, corrugamenti, fori, torsioni, spirali, ispirano nell’osservatore un’intimità e una sottile sensualità.
Nel caso di Giorgia Razzetta, il filo conduttore della produzione artistica è il concetto di impronta, di memoria, di presenze passate, assenze e trasformazioni. In “Essere sensuale” e “Mi butto”, la giovane artista genovese riproduce parti del proprio corpo in una sorta d’atto performativo gestuale, oltre che psicologico, come se la prossimità fisica con la materia possa testimoniarne l’essenza più intima e impenetrabile dell’essere umano.
Il monregalese Alvise Pasquali, presente con quattro piccole sculture in marmo bianco, si muove nella dimensione del macabro e del grottesco. Il suo obbiettivo è stimolare una riflessione sulla superficialità e l’artificiosità della società di oggi e sulle rappresentazioni illusorie della realtà quotidiana. Snodi del suo interesse sono le ambiguità e le dicotomie in cui si nascono verità scomode e oscure: apparenza / verità, vita / morte, bellezza / deformità.
Le due opere in marmo bianco dell’ecuadoregno Mariano Tapia si ispirano a miti precolombiani. Pur adattati a uno stile rinascimentale, quei miti mantengono intatta la loro forza evocativa suggerendo la sopravvivenza, nella società globalizzata, di sacche culturali che resistono al fascino della modernità riproponendo una visione del mondo arcaica ma capace di proiettarsi nel futuro.
L’allestimento, curato dall’art designer Letizia Rivetti, si sviluppa in tre luoghi diversi: nel centro del paese, in Piazza Baronis, nel prato adiacente al Castello e all’interno della cinquecentesca Cappella di S. Martino.
Le opere en-plein-air sono visitabili 24h su 24. La Cappella di S. Martino, invece, è aperta al pubblico dal venerdì alla domenica, con entrata gratuita, fino al 5 settembre (info 348 3942943). L’ubicazione degli spazi espositivi permette la totale fruibilità anche a persone disabili.
Giordano Berti
Ora, una mostra internazionale di scultura contemporanea inaugurata il 26 giugno al Nàsc – Museo delle Pietre Parlanti di Gorzegno (Cn), offre la possibilità di vedere e quasi toccare con mano l’onda espressiva che dal figurativo si estende verso la pura astrazione, mettendo in luce la tensione che muove l’artista nel momento in cui scava la dura pietra per trovarvi una forma che corrisponda al suo stato d’animo e al suo pensiero.
La mostra, intitolata “Sulle orme di Michelangelo”, è curata dallo storico dell’arte Giordano Berti in collaborazione con Camoroni Arte di Sale S. Giovanni e Cooperativa Scultori di Carrara.
Hanno prestato le loro opere sette artisti.
La russa Aidan Salakhova è una delle artiste più influenti dell’epoca post-sovietica in virtù del lavoro concettuale che si condensa in ogni sua opera, nella quale i temi tipici l’Islam dell’Asia centrale si intrecciano con influenze femministe occidentali. La Salakhova è presente a Gorzegno con due sculture monumentali in marmo bardiglio (rispettivamente 3 e 2 tonnellate): “Touch” impone di riflettere sul ruolo della donna nella società contemporanea; “Cone of Light” ricorda una proiezione luminosa solidificata e vestita di abiti terreni; emblema delle possibilità di comunicazione tra corpi estranei, così come tra gli esseri umani.
È di origine russa anche Marianna Blier, che tuttavia vive e lavora tra Vienna e Carrara. La sua fonte d’ispirazione è il sogno, che nella sua fugacità imprime nella memoria immagini che lo scalpello tenta di fissare in una forma plastica, astratta solo in apparenza. A Gorzegno presenta una personalissima interpretazione di “S. Sebastiano”, dove la figura stilizzata del martire cristiano diviene simbolo del superamento dei confini di genere maschile/femminile in un processo che trasforma il dolore in bellezza. La seconda opera della Blier, “Genesi”, è una riflessione sull’atto creativo e trasformativo dell’artista quando, immerso nel flusso di immagini caotiche, tenta di estrarre una forma dalla materia informe.
La svizzera Daniela Guggisberg è presente con tre sculture: “Ballerina”, “Foglia nera” e “Liberazione”, nelle quali si scorgono, in forma velata, simbolismi universali ispirati al mondo della natura che sembrano risuonare dentro il freddo marmo e donargli un alito vitale.
Le tre sculture di Daniele Aletti, “Insieme”, “L’ala di Olga” e “Coppia incomparabile”, sintetizzano la ricerca che lo scultore italo-svizzero ve perseguendo da decenni: il potere emozionale dell’opera aniconica. Così, le opere di Aletti con le loro onde, pieghe, corrugamenti, fori, torsioni, spirali, ispirano nell’osservatore un’intimità e una sottile sensualità.
Nel caso di Giorgia Razzetta, il filo conduttore della produzione artistica è il concetto di impronta, di memoria, di presenze passate, assenze e trasformazioni. In “Essere sensuale” e “Mi butto”, la giovane artista genovese riproduce parti del proprio corpo in una sorta d’atto performativo gestuale, oltre che psicologico, come se la prossimità fisica con la materia possa testimoniarne l’essenza più intima e impenetrabile dell’essere umano.
Il monregalese Alvise Pasquali, presente con quattro piccole sculture in marmo bianco, si muove nella dimensione del macabro e del grottesco. Il suo obbiettivo è stimolare una riflessione sulla superficialità e l’artificiosità della società di oggi e sulle rappresentazioni illusorie della realtà quotidiana. Snodi del suo interesse sono le ambiguità e le dicotomie in cui si nascono verità scomode e oscure: apparenza / verità, vita / morte, bellezza / deformità.
Le due opere in marmo bianco dell’ecuadoregno Mariano Tapia si ispirano a miti precolombiani. Pur adattati a uno stile rinascimentale, quei miti mantengono intatta la loro forza evocativa suggerendo la sopravvivenza, nella società globalizzata, di sacche culturali che resistono al fascino della modernità riproponendo una visione del mondo arcaica ma capace di proiettarsi nel futuro.
L’allestimento, curato dall’art designer Letizia Rivetti, si sviluppa in tre luoghi diversi: nel centro del paese, in Piazza Baronis, nel prato adiacente al Castello e all’interno della cinquecentesca Cappella di S. Martino.
Le opere en-plein-air sono visitabili 24h su 24. La Cappella di S. Martino, invece, è aperta al pubblico dal venerdì alla domenica, con entrata gratuita, fino al 5 settembre (info 348 3942943). L’ubicazione degli spazi espositivi permette la totale fruibilità anche a persone disabili.
Giordano Berti
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