Gli Spazi dell’Arte. Dall’Arte Programmata al Minimalismo
Dal 21 Marzo 2013 al 19 Gennaio 2014
Cagliari
Luogo: Palazzo di Città
Indirizzo: piazza Palazzo
Orari: da martedì a domenica 10-18
Costo del biglietto: intero € 4, ridotto € 2.50
Telefono per informazioni: +39 070 6776482
Sito ufficiale: http://www.museicivicicagliari.it/it/news/item/172-21-marzo-2013-19-gennaio-2014-gli-spazi-dell’arte-dall’arte-programmata-al-minimalismo.html
Una mostra che chiude il cerchio. Un'esposizione che permette di completare un importante progetto dei Musei Civici di Cagliari finalizzato alla totale esposizione al pubblico della Collezione d’Arte Contemporanea, una delle più rilevanti e complete raccolte dell’arte non solo italiana degli anni Sessanta e Settanta, formata a suo tempo da Ugo Ugo con la collaborazione di Aldo Passoni. Dal 21 marzo fino al 19 gennaio 2014 al Palazzo di Città di Cagliari si terrà la mostra “Gli Spazi dell’Arte. Dall’Arte Programmata al Minimalismo” a cura di Anna Maria Montaldo.
Dopo il successo dell’esposizione delle prime tre sezioni dedicate all’Arte Pop, all’Arte Concettuale e all’Arte Povera, all’Astrazione e alla Pittura Analitica, ora i protagonisti sono quegli artisti che, negli anni Sessanta e Settanta, con la propria ricerca hanno arricchito l’esperienza dell’Arte Programmata e hanno contribuito a definire i principi fondamentali dell’Arte Minimal. Segue una sezione di grafica all’interno della quale emerge chiaro l’intento dei curatori della raccolta di stabilire a Cagliari un punto di incontro delle ricerche artistiche contemporanee più innovative e rappresentative a livello internazionale.
La raccolta è il frutto di un’ambiziosa e fortunata impresa che si proponeva di documentare a Cagliari, con opere acquistate direttamente dal Comune, i più significativi indirizzi della ricerca contemporanea in campo nazionale ed europeo. Ugo Ugo, allora direttore della Galleria Comunale d’Arte, poté avvalersi di una vera e propria squadra di esperti. Fondamentale fu la collaborazione con Aldo Passoni, allora vicedirettore dei Musei Civici di Torino, Antonello Negri, Zeno Birolli, Vittorio Fagone e Salvatore Naitza al quale spettò la selezione degli artisti locali. Un ruolo importante ebbe anche l’Università di Cagliari nella quale insegnavano personalità del calibro di Gillo Dorfles, Corrado Maltese e Marisa Volpi che collaborarono con convinzione alla costruzione di un “Centro pubblico d’arte contemporanea”. Le opere della raccolta sono datate tra il 1963 e il 1974, anni durante i quali molti artisti, pervasi dallo “spirito del ’68”, riflettevano sulla destinazione dell’opera, sul
senso del proprio ruolo, sulla propria collocazione nella società, sul ruolo attivo del pubblico.La mostra si inserisce nel generale clima, condiviso a livello nazionale, di riflessione e valorizzazione delle neoavanguardie che hanno operato negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, testimoniato da due mostre in corso al Museo del Novecento di Milano e al Guggehneim di Venezia che ripercorrono quel momento d’oro e rileggono il concetto di arte a partire dal superamento dell’Informale.
Nell’esposizione cagliaritana spiccano nomi di rilievo quali: Valerio Adami, Eddie Allen, Getulio Alviani, Rodolfo Aricò, Gastone Biggi, Agostino Bonalumi Giovanni Campus, Nicola Carrino, Robert Carroll, Enrico Castellani, Tonino Casula, Enrico Della Torre, Lucio Del Pezzo, Gabriele De Vecchi, Lia Drei, Piero Fogliati, Attilio Forgioli, Giorgio Griffa, Riccardo Guarneri, Giuseppe Guerreschi, Francesco Guerrieri, Bice Lazzari, Carlo Lorenzetti, Enzo Mari, Luigi Mazzarelli, Achille Pace, Igino Panzino, Gaetano Pesce, Gaetano Pinna, Bridget Riley, Lia Rondelli, Pasquale Santoro, Enrico Sirello, Giuseppe Spagnulo, Mauro Staccioli, Jorrit Tornquist, Nanda Vigo, Gerald Woods, Gianfranco Zappettini.
Arte Programmata
Le esperienze artistiche internazionali, comunemente definite Arte Cinetica e Arte Optical, in Italia assumono la definizione più precisa ed interessante di Arte Programmata. Gli artisti coinvolti intendono individuare gli elementi minimi, i codici di una nuova teoria della comunicazione visiva, forme semplici, di solito strutturate geometricamente, in cui gli elementi formali si dispongono secondo sequenze previste e prevedibili, programmate appunto. Tra i protagonisti di questa sezione Davide Boriani, importante esponente del “Gruppo T”, la cui opera in mostra conquista l’osservatore per le infinite potenzialità estetiche generate dalle forze magnetiche; Lia Drei e Gastone Biggi che fissano sulla tela cristalli di tempo/luce, la prima con la ripetizione di triangoli, scanditi nello spazio della tela, il secondo con un’infinita texture puntiforme; Giovanni Campus per il quale appare fondamentale la definizione di un modulo-matrice iterabile all’infinito; Enzo Mari le cui ricerche in campo ottico-percettivo sono ben testimoniate dall’opera Struttura n. 916.
Arte Minimal
Tra le prime neoavanguardie degli anni Sessanta bisogna annoverare la Minimal Art o come venne chiamata in Italia il Minimalismo. Tale tendenza inquadra l’operato di quegli artisti che,
in antitesi alla Pop Art, propongono strutture semplici, elementari, di solito realizzate con materiali grezzi come ferro, rame o acciaio, forme essenziali per l’appunto, perché costituite
da “minimi” elementi senza i quali non sarebbe possibile individuare neppure la forma. Tra i protagonisti della sezione dedicata alla Minimal Art ricordiamo Mauro Staccioli che nella
sintesi della forma restituisce la realtà osservata in termini oggettivi di idea; Rodolfo Aricò che giganteggia nella collezione con i volumi monumentali del suo Pondus, pensati dall’artista
come elementi modulari componibili; Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani le cui opere in mostra esemplificano la loro ricerca condotta sui supporti e sui piani della superficie della
tela; e ancora Nicola Carrino che con Costruttivo 1/69 contrappone la rigidità geometrica delle strutture minimaliste all’idea della continua trasformazione e flessibilità dell’opera.
Grafica
Nella sezione grafica della Collezione Contemporanea troviamo comunque la tendenza figurativa e quella astratta, dettate, di volta in volta, dalle particolari esigenze di ogni singolo artista. Così la tecnica tradizionale dell’acquaforte è strumento efficacissimo nelle mani di Robert Carroll, Luciano De Vita e Giuseppe Guerreschi che la usano per trasfigurare espressionisticamente la figura dell’uomo e significare la perdita del suo ambiente, mentre la sperimentazione dei materiali condotta da Enrico Della Torre riesce a dare sfogo al suo fermento fantastico e all’immaginazione. In questa sezione, forse più che nelle altre, emerge chiaro l’intento degli organizzatori della raccolta di stabilire a Cagliari un punto di incontro delle ricerche artistiche contemporanee rappresentativo a livello europeo. E allora non ci stupisce scoprire nella Sfinge di Valerio Adami, serigrafia del 1970, un linguaggio chiaramente pop, derivato dalla grafica fumettistica; riconoscere un’operazione tipicamente concettuale nella consuetudine di Lia Rondelli di sottoporre gli oggetti, della più svariata provenienza, all’impressione del torchio; o individuare una ricerca “programmata” nei disegni-progetti dell’inglese Bridget Riley.
Dopo il successo dell’esposizione delle prime tre sezioni dedicate all’Arte Pop, all’Arte Concettuale e all’Arte Povera, all’Astrazione e alla Pittura Analitica, ora i protagonisti sono quegli artisti che, negli anni Sessanta e Settanta, con la propria ricerca hanno arricchito l’esperienza dell’Arte Programmata e hanno contribuito a definire i principi fondamentali dell’Arte Minimal. Segue una sezione di grafica all’interno della quale emerge chiaro l’intento dei curatori della raccolta di stabilire a Cagliari un punto di incontro delle ricerche artistiche contemporanee più innovative e rappresentative a livello internazionale.
La raccolta è il frutto di un’ambiziosa e fortunata impresa che si proponeva di documentare a Cagliari, con opere acquistate direttamente dal Comune, i più significativi indirizzi della ricerca contemporanea in campo nazionale ed europeo. Ugo Ugo, allora direttore della Galleria Comunale d’Arte, poté avvalersi di una vera e propria squadra di esperti. Fondamentale fu la collaborazione con Aldo Passoni, allora vicedirettore dei Musei Civici di Torino, Antonello Negri, Zeno Birolli, Vittorio Fagone e Salvatore Naitza al quale spettò la selezione degli artisti locali. Un ruolo importante ebbe anche l’Università di Cagliari nella quale insegnavano personalità del calibro di Gillo Dorfles, Corrado Maltese e Marisa Volpi che collaborarono con convinzione alla costruzione di un “Centro pubblico d’arte contemporanea”. Le opere della raccolta sono datate tra il 1963 e il 1974, anni durante i quali molti artisti, pervasi dallo “spirito del ’68”, riflettevano sulla destinazione dell’opera, sul
senso del proprio ruolo, sulla propria collocazione nella società, sul ruolo attivo del pubblico.La mostra si inserisce nel generale clima, condiviso a livello nazionale, di riflessione e valorizzazione delle neoavanguardie che hanno operato negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, testimoniato da due mostre in corso al Museo del Novecento di Milano e al Guggehneim di Venezia che ripercorrono quel momento d’oro e rileggono il concetto di arte a partire dal superamento dell’Informale.
Nell’esposizione cagliaritana spiccano nomi di rilievo quali: Valerio Adami, Eddie Allen, Getulio Alviani, Rodolfo Aricò, Gastone Biggi, Agostino Bonalumi Giovanni Campus, Nicola Carrino, Robert Carroll, Enrico Castellani, Tonino Casula, Enrico Della Torre, Lucio Del Pezzo, Gabriele De Vecchi, Lia Drei, Piero Fogliati, Attilio Forgioli, Giorgio Griffa, Riccardo Guarneri, Giuseppe Guerreschi, Francesco Guerrieri, Bice Lazzari, Carlo Lorenzetti, Enzo Mari, Luigi Mazzarelli, Achille Pace, Igino Panzino, Gaetano Pesce, Gaetano Pinna, Bridget Riley, Lia Rondelli, Pasquale Santoro, Enrico Sirello, Giuseppe Spagnulo, Mauro Staccioli, Jorrit Tornquist, Nanda Vigo, Gerald Woods, Gianfranco Zappettini.
Arte Programmata
Le esperienze artistiche internazionali, comunemente definite Arte Cinetica e Arte Optical, in Italia assumono la definizione più precisa ed interessante di Arte Programmata. Gli artisti coinvolti intendono individuare gli elementi minimi, i codici di una nuova teoria della comunicazione visiva, forme semplici, di solito strutturate geometricamente, in cui gli elementi formali si dispongono secondo sequenze previste e prevedibili, programmate appunto. Tra i protagonisti di questa sezione Davide Boriani, importante esponente del “Gruppo T”, la cui opera in mostra conquista l’osservatore per le infinite potenzialità estetiche generate dalle forze magnetiche; Lia Drei e Gastone Biggi che fissano sulla tela cristalli di tempo/luce, la prima con la ripetizione di triangoli, scanditi nello spazio della tela, il secondo con un’infinita texture puntiforme; Giovanni Campus per il quale appare fondamentale la definizione di un modulo-matrice iterabile all’infinito; Enzo Mari le cui ricerche in campo ottico-percettivo sono ben testimoniate dall’opera Struttura n. 916.
Arte Minimal
Tra le prime neoavanguardie degli anni Sessanta bisogna annoverare la Minimal Art o come venne chiamata in Italia il Minimalismo. Tale tendenza inquadra l’operato di quegli artisti che,
in antitesi alla Pop Art, propongono strutture semplici, elementari, di solito realizzate con materiali grezzi come ferro, rame o acciaio, forme essenziali per l’appunto, perché costituite
da “minimi” elementi senza i quali non sarebbe possibile individuare neppure la forma. Tra i protagonisti della sezione dedicata alla Minimal Art ricordiamo Mauro Staccioli che nella
sintesi della forma restituisce la realtà osservata in termini oggettivi di idea; Rodolfo Aricò che giganteggia nella collezione con i volumi monumentali del suo Pondus, pensati dall’artista
come elementi modulari componibili; Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani le cui opere in mostra esemplificano la loro ricerca condotta sui supporti e sui piani della superficie della
tela; e ancora Nicola Carrino che con Costruttivo 1/69 contrappone la rigidità geometrica delle strutture minimaliste all’idea della continua trasformazione e flessibilità dell’opera.
Grafica
Nella sezione grafica della Collezione Contemporanea troviamo comunque la tendenza figurativa e quella astratta, dettate, di volta in volta, dalle particolari esigenze di ogni singolo artista. Così la tecnica tradizionale dell’acquaforte è strumento efficacissimo nelle mani di Robert Carroll, Luciano De Vita e Giuseppe Guerreschi che la usano per trasfigurare espressionisticamente la figura dell’uomo e significare la perdita del suo ambiente, mentre la sperimentazione dei materiali condotta da Enrico Della Torre riesce a dare sfogo al suo fermento fantastico e all’immaginazione. In questa sezione, forse più che nelle altre, emerge chiaro l’intento degli organizzatori della raccolta di stabilire a Cagliari un punto di incontro delle ricerche artistiche contemporanee rappresentativo a livello europeo. E allora non ci stupisce scoprire nella Sfinge di Valerio Adami, serigrafia del 1970, un linguaggio chiaramente pop, derivato dalla grafica fumettistica; riconoscere un’operazione tipicamente concettuale nella consuetudine di Lia Rondelli di sottoporre gli oggetti, della più svariata provenienza, all’impressione del torchio; o individuare una ricerca “programmata” nei disegni-progetti dell’inglese Bridget Riley.
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