Il senso del nuovo. Lattanzio Gambara pittore manierista
Dal 20 Novembre 2021 al 20 Febbraio 2022
Brescia
Luogo: Museo di Santa Giulia
Indirizzo: Via dei Musei 81
Orari: da martedì a domenica dalle 10 alle 18. Chiuso il lunedì, ad eccezione di quelli festivi
Curatori: Marco Tanzi
Enti promotori:
- Comune di Brescia
- Fondazione Brescia Musei
- Alleanza Cultura
Telefono per informazioni: +39 030 2977833
Sito ufficiale: http://www.bresciamusei.com
Il recente acquisto da parte di Fondazione Brescia Musei di una pala d’altare per la collezione della Pinacoteca Tosio Martinengo, porta con sé un’inedita attribuzione a Lattanzio Gambara (1530 - 1574) e diventa occasione per un nuovo progetto espositivo, alla riscoperta di un pittore che ha saputo unire le più avanzate ricerche del Manierismo alle tradizioni locali.
Il senso del nuovo. Lattanzio Gambara, pittore manierista, a cura di Marco Tanzi, è una mostra-dossier che racconta la personalità eclettica del maestro bresciano: dalla sua produzione di affreschi con soggetti profani (strappati dalle case di corso Palestro a Brescia) fino alle opere, meno note, di soggetto sacro, tra cui Compianto su Cristo morto con i Santi Bartolomeo e Paolo (1570-1574 circa), acquistato appunto da Fondazione Brescia Musei agli inizi del 2021 e ora, per la prima volta, presentato al pubblico.
Nella vita di un museo l’arricchimento della collezione attraverso l’acquisizione di una nuova opera è, come facilmente si intende, un evento felice e degno di essere celebrato. Nel percorso che, da alcuni anni, vede Fondazione Brescia Musei al fianco del Comune di Brescia nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio dei Musei Civici, non è questa la prima occasione nella quale nuove opere giungono ad arricchire le collezioni pubbliche: comodati, donazioni e legati hanno punteggiato la storia dell’ultimo quinquennio e nuove opportunità si prospettano anche nei mesi a venire.
Stefano Karadjov direttore Fondazione Brescia Musei
Originariamente collocata nella Chiesa di San Bartolomeo a Brescia, la grande tela del Compianto andò dispersa a seguito delle soppressioni napoleoniche, e solo di recente è riapparsa nel mercato antiquario come opera “di scuola cremonese”. Gli studi di Tanzi hanno ricondotto con certezza alla paternità di Gambara, un’attribuzione importante per il patrimonio collezionistico e la ricerca che la Pinacoteca dedica all’artista, del quale possiede diverse opere, tra cui, in mostra, l’Autoritratto del 1561-1562 e i già citati affreschi strappati di soggetto profano. Lo stringente legame con le collezioni della Pinacoteca - dove a Gambara è affidato il ruolo di rappresentare il Manierismo, con le sue bizzarrie e le sue contaminazioni linguistiche sovraregionali - è ribadito anche dalla scelta di collegare il biglietto della mostra in Santa Giulia a quello della Tosio Martinengo, in un’ideale continuità di visita che sottolinei il ruolo del Museo e delle raccolte permanenti all’interno dei programmi e delle iniziative della Fondazione. La mostra contribuisce quindi a far luce su Gambara, celebrato da Vasari come “il miglior pittore che sia in Brescia”, evidenziandone l’importanza nel panorama artistico della metà del XVI secolo nell’Italia settentrionale. Un autore identitario ma al contempo aperto e ricettivo verso i grandi cambiamenti artistici dell’epoca, aggiornato sui maestri e sui cantieri presenti a Cremona, Mantova, Parma, Verona e Venezia, e in grado di assimilare la lezione di Correggio, Giulio Romano, Parmigianino e Paolo Veronese.
Credo sia la prima volta che si riescono a esporre insieme cinque opere da cavalletto di Lattanzio Gambara, notevolissimo e torrenziale maestro, capace di affrescare con temi sacri e profani chilometri quadrati di superficie muraria, senza cedere mai il passo a stanchezza o a cadute di qualità. Sorprende che una personalità di tale statura non sia ancora entrata nel novero dei maestri più celebri di questa Maniera padana, soprattutto per quanto riguarda la critica e la storiografia recente.
Marco Tanzi curatore della mostra.
Il percorso, articolato in due sezioni, accompagna il visitatore alla scoperta dell’evoluzione delle scelte stilistiche di Gambara, nel tempo sempre più consapevoli e articolate, dalle opere giovanili e profane fino a quelle sacre della maturità, mettendo a confronto il ritrovato Compianto con alcuni preziosi prestiti come il Trasporto di Cristo nel sepolcro da Musei Reali di Torino - restaurato in occasione di questo appuntamento e presentato per la prima volta dopo la recente attribuzione al pittore bresciano - e la Deposizione di Vincenzo Campi proveniente da Gallerie degli Uffizi, ispirata all’opera più conosciuta (e più riprodotta) di Gambara, ovvero la Deposizione nel sepolcro della Chiesa di San Pietro al Po a Cremona.
Questa mostra è il modo che più ci è parso adeguato per annunciare e illustrare una circostanza eccezionale, ovvero l’acquisto di un dipinto che consente una migliore e più completa conoscenza di un artista identitario. Gambara infatti, nelle collezioni della Pinacoteca, era documentato solo come frescante impegnato su soggetti profani. La mostra mette in luce un sistema di relazioni con altre realtà istituzionali e private nel quale crediamo profondamente e che è nostro quotidiano impegno ampliare e rafforzare come parte integrante della vita e dell’attività dei Musei di Brescia.
Francesca Bazoli presidente Fondazione Brescia Musei
Arricchisce infatti la ricostruzione del Gambara come pittore di opere su tela, una Conversione di Saulo dipinta per San Benedetto al Polirone, dove l’artista lavorò al fianco di Paolo Veronese: per la mostra il dipinto ha eccezionalmente lasciato le sale di Palazzo Martinengo Villagana a Brescia, dove è custodito insieme ad altre opere raccolte dal Banco di Brescia e recentemente acquisite da BPER Banca che sta costruendo un importante percorso di valorizzazione. La felice circostanza dell’acquisto da parte di Fondazione Brescia Musei di un “nuovo” dipinto di Lattanzio Gambara e la conferma che si tratti della pala che un tempo ornava l’altare maggiore della Chiesa di San Bartolomeo ci consentono oggi di ricostruire un brano di storia della cultura figurativa bresciana. Questo Compianto è uno straordinario documento dell’accoglienza tributata nel Cinquecento dalla nostra città a un linguaggio pittorico moderno ed eclettico, importato a Brescia da un pittore che raccolse, nella seconda parte della sua carriera, importanti commissioni in centri e contesti “forestieri” di rilevanza assoluta.
Laura Castelletti vicesindaco e assessore alla cultura di Brescia
La mostra ci guida verso una riflessione su una delle caratteristiche peculiari della storia di Brescia, che nei secoli è stata costantemente una città aperta al dialogo, capace di intercettare, raccogliere, sintetizzare, arricchire e trasmettere il nuovo. Una sfida, quest’ultima, che oggi raccogliamo con ancora maggiore entusiasmo in vista dell’appuntamento che ci vedrà, nel 2023, Capitale della Cultura insieme a Bergamo.
Emilio Del Bono sindaco di Brescia
Fondazione Brescia Musei è composta da Pinacoteca Tosio Martinengo, Brixia Parco Archeologico, Santa Giulia Museo della Città, Musei del Castello e Cinema Nuovo Eden. La fondazione è presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov.
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Nella vita di un museo l’arricchimento della collezione attraverso l’acquisizione di una nuova opera è, come facilmente si intende, un evento felice e degno di essere celebrato. Nel percorso che, da alcuni anni, vede Fondazione Brescia Musei al fianco del Comune di Brescia nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio dei Musei Civici, non è questa la prima occasione nella quale nuove opere giungono ad arricchire le collezioni pubbliche: comodati, donazioni e legati hanno punteggiato la storia dell’ultimo quinquennio e nuove opportunità si prospettano anche nei mesi a venire.
Stefano Karadjov direttore Fondazione Brescia Musei
Originariamente collocata nella Chiesa di San Bartolomeo a Brescia, la grande tela del Compianto andò dispersa a seguito delle soppressioni napoleoniche, e solo di recente è riapparsa nel mercato antiquario come opera “di scuola cremonese”. Gli studi di Tanzi hanno ricondotto con certezza alla paternità di Gambara, un’attribuzione importante per il patrimonio collezionistico e la ricerca che la Pinacoteca dedica all’artista, del quale possiede diverse opere, tra cui, in mostra, l’Autoritratto del 1561-1562 e i già citati affreschi strappati di soggetto profano. Lo stringente legame con le collezioni della Pinacoteca - dove a Gambara è affidato il ruolo di rappresentare il Manierismo, con le sue bizzarrie e le sue contaminazioni linguistiche sovraregionali - è ribadito anche dalla scelta di collegare il biglietto della mostra in Santa Giulia a quello della Tosio Martinengo, in un’ideale continuità di visita che sottolinei il ruolo del Museo e delle raccolte permanenti all’interno dei programmi e delle iniziative della Fondazione. La mostra contribuisce quindi a far luce su Gambara, celebrato da Vasari come “il miglior pittore che sia in Brescia”, evidenziandone l’importanza nel panorama artistico della metà del XVI secolo nell’Italia settentrionale. Un autore identitario ma al contempo aperto e ricettivo verso i grandi cambiamenti artistici dell’epoca, aggiornato sui maestri e sui cantieri presenti a Cremona, Mantova, Parma, Verona e Venezia, e in grado di assimilare la lezione di Correggio, Giulio Romano, Parmigianino e Paolo Veronese.
Credo sia la prima volta che si riescono a esporre insieme cinque opere da cavalletto di Lattanzio Gambara, notevolissimo e torrenziale maestro, capace di affrescare con temi sacri e profani chilometri quadrati di superficie muraria, senza cedere mai il passo a stanchezza o a cadute di qualità. Sorprende che una personalità di tale statura non sia ancora entrata nel novero dei maestri più celebri di questa Maniera padana, soprattutto per quanto riguarda la critica e la storiografia recente.
Marco Tanzi curatore della mostra.
Il percorso, articolato in due sezioni, accompagna il visitatore alla scoperta dell’evoluzione delle scelte stilistiche di Gambara, nel tempo sempre più consapevoli e articolate, dalle opere giovanili e profane fino a quelle sacre della maturità, mettendo a confronto il ritrovato Compianto con alcuni preziosi prestiti come il Trasporto di Cristo nel sepolcro da Musei Reali di Torino - restaurato in occasione di questo appuntamento e presentato per la prima volta dopo la recente attribuzione al pittore bresciano - e la Deposizione di Vincenzo Campi proveniente da Gallerie degli Uffizi, ispirata all’opera più conosciuta (e più riprodotta) di Gambara, ovvero la Deposizione nel sepolcro della Chiesa di San Pietro al Po a Cremona.
Questa mostra è il modo che più ci è parso adeguato per annunciare e illustrare una circostanza eccezionale, ovvero l’acquisto di un dipinto che consente una migliore e più completa conoscenza di un artista identitario. Gambara infatti, nelle collezioni della Pinacoteca, era documentato solo come frescante impegnato su soggetti profani. La mostra mette in luce un sistema di relazioni con altre realtà istituzionali e private nel quale crediamo profondamente e che è nostro quotidiano impegno ampliare e rafforzare come parte integrante della vita e dell’attività dei Musei di Brescia.
Francesca Bazoli presidente Fondazione Brescia Musei
Arricchisce infatti la ricostruzione del Gambara come pittore di opere su tela, una Conversione di Saulo dipinta per San Benedetto al Polirone, dove l’artista lavorò al fianco di Paolo Veronese: per la mostra il dipinto ha eccezionalmente lasciato le sale di Palazzo Martinengo Villagana a Brescia, dove è custodito insieme ad altre opere raccolte dal Banco di Brescia e recentemente acquisite da BPER Banca che sta costruendo un importante percorso di valorizzazione. La felice circostanza dell’acquisto da parte di Fondazione Brescia Musei di un “nuovo” dipinto di Lattanzio Gambara e la conferma che si tratti della pala che un tempo ornava l’altare maggiore della Chiesa di San Bartolomeo ci consentono oggi di ricostruire un brano di storia della cultura figurativa bresciana. Questo Compianto è uno straordinario documento dell’accoglienza tributata nel Cinquecento dalla nostra città a un linguaggio pittorico moderno ed eclettico, importato a Brescia da un pittore che raccolse, nella seconda parte della sua carriera, importanti commissioni in centri e contesti “forestieri” di rilevanza assoluta.
Laura Castelletti vicesindaco e assessore alla cultura di Brescia
La mostra ci guida verso una riflessione su una delle caratteristiche peculiari della storia di Brescia, che nei secoli è stata costantemente una città aperta al dialogo, capace di intercettare, raccogliere, sintetizzare, arricchire e trasmettere il nuovo. Una sfida, quest’ultima, che oggi raccogliamo con ancora maggiore entusiasmo in vista dell’appuntamento che ci vedrà, nel 2023, Capitale della Cultura insieme a Bergamo.
Emilio Del Bono sindaco di Brescia
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