Franz Pichler. Non avere paura

Franz Pichler, Werkstattgeist (Lo spirito d‘officina), 2012, Holz und Knochen (Legno e ossa)
Dal 29 Gennaio 2014 al 06 Aprile 2014
Merano | Bolzano
Luogo: Merano Arte - Edificio Cassa di Risparmio
Indirizzo: via Portici 163
Curatori: Sabine Gamper
Telefono per informazioni: +39 0473 212643
E-Mail info: martinelli@kunstmeranoarte.org
Sito ufficiale: http://www.kunstmeranoarte.org
In occasione del settantacinquesimo compleanno dello scultore Franz Pichler, Merano Arte dedica all'artista meranese una mostra che ripercorre il suo percorso dagli anni Sessanta ad oggi.
Pichler nasce a Scena nel 1939, dal 1959 studia scultura all'Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera e lì consegue il diploma nel 1964. Da più di cinquant'anni egli è immerso in una ricerca che ha dato vita a un'ampia produzione di sculture e opere grafiche, un percorso creativo che si è sviluppato nel tempo in maniera varia e complessa. Le opere dello scultore si distinguono per una particolare intensità formale e qualità figurativa, mentre le creazioni grafiche rispecchiano in primo luogo l'impegno politico espresso in qualità di artista e culminato nel 1975 all'insegna del motto "Il quotidiano è la nostra cultura", con la partecipazione alla fondazione del Südtiroler Kulturzentrum.
L’esposizione si propone di esplorare una visione personale di scultura che è andata ben definendosi nel corso degli anni, approcciando l'opera di Pichler non in senso cronologico, ma individuando alcune linee tematiche rappresentative del suo lavoro. Al centro della poetica dello scultore c’è il confronto con la vita, in tutte le sfaccettature che la riguardano, in tutti gli oggetti o i soggetti che al quotidiano appartengono. Molta attenzione è prestata inoltre a quelle situazioni sociali e politiche che influenzano e caratterizzano la nostra esistenza. Per l'artista meranese la scultura è sintesi di costruzione, accostamento e conversione di oggetti trovati appartenenti al quotidiano, si anima con composizioni materiche e coloriste basate sulla tecnica del collage, dell'assemblage o del montage, pratiche note per il loro carattere ironico, anarchico, provocatorio. Un atteggiamento che rimanda certo alle esperienze di fluxus e della pop art, all'attenzione che tali correnti conferirono all'universo del quotidiano e alla riassegnazione di senso e significato dello stesso.
Astrazione e figurazione sono i poli opposti e allo stesso tempo complementari attraverso i quali si esprime l'arte di Pichler. Di grande ispirazione si rivelarono per lui negli anni Sessanta gli scritti di Erich Fromm, Theodor Adorno e Margarethe e Alexander Mitscherlich. Per quanto concerne la scultura, il riferimento va all'opera di Constantin Brancusi e Alberto Giacometti, al loro rapporto con la messa in forma della materia e relazione con lo spazio.
“Le opere dello scultore - afferma Sabine Gamper, curatrice della mostra - assumono ad ogni sguardo sfaccettature diverse ed esprimono un'apertura e indeterminatezza che rispecchiano la complessità e varietà intrinseche al concetto stesso di vita”.
“Il suo interesse - prosegue Sabine Gamper - è volto a un confronto costante con la quotidianità, ma oltre ad esprimerne gli aspetti più leggeri e giocosi ne esplora i risvolti, i retrogusti più amari. Franz Pichler non ha paura, rimane immerso nei suoi lavori, per lasciarli divenire semplicemente ciò che poi divengono: metafore intime, indagini sull'umanità”.
Pichler nasce a Scena nel 1939, dal 1959 studia scultura all'Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera e lì consegue il diploma nel 1964. Da più di cinquant'anni egli è immerso in una ricerca che ha dato vita a un'ampia produzione di sculture e opere grafiche, un percorso creativo che si è sviluppato nel tempo in maniera varia e complessa. Le opere dello scultore si distinguono per una particolare intensità formale e qualità figurativa, mentre le creazioni grafiche rispecchiano in primo luogo l'impegno politico espresso in qualità di artista e culminato nel 1975 all'insegna del motto "Il quotidiano è la nostra cultura", con la partecipazione alla fondazione del Südtiroler Kulturzentrum.
L’esposizione si propone di esplorare una visione personale di scultura che è andata ben definendosi nel corso degli anni, approcciando l'opera di Pichler non in senso cronologico, ma individuando alcune linee tematiche rappresentative del suo lavoro. Al centro della poetica dello scultore c’è il confronto con la vita, in tutte le sfaccettature che la riguardano, in tutti gli oggetti o i soggetti che al quotidiano appartengono. Molta attenzione è prestata inoltre a quelle situazioni sociali e politiche che influenzano e caratterizzano la nostra esistenza. Per l'artista meranese la scultura è sintesi di costruzione, accostamento e conversione di oggetti trovati appartenenti al quotidiano, si anima con composizioni materiche e coloriste basate sulla tecnica del collage, dell'assemblage o del montage, pratiche note per il loro carattere ironico, anarchico, provocatorio. Un atteggiamento che rimanda certo alle esperienze di fluxus e della pop art, all'attenzione che tali correnti conferirono all'universo del quotidiano e alla riassegnazione di senso e significato dello stesso.
Astrazione e figurazione sono i poli opposti e allo stesso tempo complementari attraverso i quali si esprime l'arte di Pichler. Di grande ispirazione si rivelarono per lui negli anni Sessanta gli scritti di Erich Fromm, Theodor Adorno e Margarethe e Alexander Mitscherlich. Per quanto concerne la scultura, il riferimento va all'opera di Constantin Brancusi e Alberto Giacometti, al loro rapporto con la messa in forma della materia e relazione con lo spazio.
“Le opere dello scultore - afferma Sabine Gamper, curatrice della mostra - assumono ad ogni sguardo sfaccettature diverse ed esprimono un'apertura e indeterminatezza che rispecchiano la complessità e varietà intrinseche al concetto stesso di vita”.
“Il suo interesse - prosegue Sabine Gamper - è volto a un confronto costante con la quotidianità, ma oltre ad esprimerne gli aspetti più leggeri e giocosi ne esplora i risvolti, i retrogusti più amari. Franz Pichler non ha paura, rimane immerso nei suoi lavori, per lasciarli divenire semplicemente ciò che poi divengono: metafore intime, indagini sull'umanità”.
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