Distacco, restauro e ricollocazione degli affreschi di Innocenzo da Imola nella Palazzina della Viola
Dal 13 Settembre 2019 al 13 Settembre 2019
Bologna
Luogo: Palazzina della Viola
Indirizzo: via Filippo Re 4
Enti promotori:
- Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara
Costo del biglietto: Ingresso libero fino alla capienza massima di 90 partecipanti
Sito ufficiale: http://www.archeobologna.beniculturali.it
Fondata nella sua parte centrale alla fine del XV secolo da Annibale Bentivoglio, la Palazzina della Viola ha vissuto molti usi e modifiche. Luogo di delizie, accademia, collegio, facoltà universitaria e persino magazzino, ha patito molti danni conservando fortunatamente un apparato pittorico di notevole bellezza oggetto di un accurato intervento di restauro tutt'ora in corso.
Nei mesi scorsi gli affreschi ascritti a Innocenzo Francucci, più noto come Innocenzo da Imola (1490 ca. - 1545 ca.) raffiguranti scene mitologiche di Diana ed Endimione sono stati staccati al fine di ricollocarli nella stessa sede al termine delle operazioni di restauro commissionate dall’Università degli Studi di Bologna ed eseguite dal laboratorio di Ottorino Nonfarmale sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.
L'incontro con le architette Maria Gabriella Sposini ed Emanuela Storchi e la storica dell'arte Anna Stanzani illustra le delicate operazioni di distacco degli affreschi e le problematiche legate al restauro e alla loro ricollocazione finale in situ.
Palazzina della Viola
In mezzo al vasto parco posto a ridosso delle mura dell’angolo nord-est della città, nel 1497 Annibale Bentivoglio, figlio di Giovanni II, fa costruire due edifici per il proprio svago: un casino e una palazzina immersa nel verde del “Zardin della Viola” che la tradizione identifica con l’attuale Palazzina della Viola in via Filippo Re n. 4, così denominata per le viole mammole che fiorivano nei giardini circostanti.
Dopo la caduta dei Bentivoglio, l'edificio diventa sede dell’Accademia del Viridario (1511) ad opera di Giovanni Filoteo Achillini. In seguito, nel 1540, il Cardinale Bonifacio Ferrero (o Ferrerio) l’acquista dai Pepoli –che l’avevano ereditata dai Salicini in data ignota- per adibirla a sede del Collegio da lui fondato e che a causa della sua morte improvvisa sarà aperto solo nel 1545 sotto il patronato del Marchese di Masserano, Filiberto Ferrero Fieschi.
Il collegio, che aveva una cappella dedicata a S. Bonifacio Martire, accoglie per circa due secoli 12 studenti provenienti da alcune diocesi piemontesi ed è probabilmente in questa occasione che la palazzina subisce rimaneggiamenti dovuti al nuovo uso: scompaiono gli affreschi sostituiti da altri, vengono tagliate sale per fare stanze, chiusi loggiati e mutato alla francese il bel giardino rinascimentale di fine Quattrocento.
Soppresso il collegio nel 1797, l’edificio viene acquisito prima dagli Zambeccari, poi dagli Aldini e successivamente dai Viscardi Ceneri finché nel 1803 viene acquistato dal Governo Napoleonico (Repubblica italiana, 1802-1805) e destinato alla Facoltà di Agricoltura e all’Orto Botanico fondato nel 1804 da Nicolò Scannagatta.
Dopo essere stato adibito a magazzino di attrezzi, patendo danni e manomissioni, nel 1906 viene acquistato dalla Cassa di Risparmio di Bologna che lo adibisce a sede della Scuola Superiore di Agraria diretta da Filippo Re e di concerto con l'Università effettua i necessari restauri che riguardano anche gli affreschi.
Il palazzo subisce gravi danni a causa di un bombardamento aereo nel 1944 che distrugge l’angolo nord-est dell’edificio ma le parti abbattute vengono prontamente ricostruite tra il 1946 e il 1947 ripristinando le parti antiche.
L'apparato pittorico è di veste cinquecentesca. Al piano terreno si trova un soffitto a cassettoni decorato con teste ed altri soggetti appartenente alla tarda produzione di Amico Aspertini. Gli altri cicli furono realizzati dopo che la villa venne adibita a Collegio. Le scene mitologiche delle logge - che raffigurano Diana e Atteone, Endimione e Selene, Apollo e Marsia, Venere e Amore - sono ascritte a Innocenzo da Imola (1545 c.).
Al primo piano, nel salone centrale, affreschi con le Storie di Costantino e Papa Silvestro ascritti a Prospero Fontana (1550-55) mentre è discussa la paternità del fregio da alcuni attribuita a Nicolò dell'Abate o al Nosadella. Al pian terreno frammenti di pitture di A. Aspertini.
Opera di un ignoto maestro lombardo, la bella ed elegante palazzina, a pianta quadrata e a due piani, grazie a una serie di restauri compiuti nel 1907 e nel 1928, e poi nel 1948 dopo i danni subiti dalla guerra, ha ritrovato le sue chiare e armoniche linee di edificio rinascimentale, caratterizzato dal porticato avvolgente il nucleo centrale e dalle aeree logge architravate, esempio unico nell’architettura bentivolesca.
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