Sguardi di Novecento. Giacomelli e il suo tempo
Dal 20 Maggio 2020 al 27 Settembre 2020
Senigallia | Ancona
Luogo: Palazzo del Duca | Palazzetto Baviera
Indirizzo: Piazza del Duca
Orari: da mercoledì a venerdì: 15-20; sabato e domenica, festivi e prefestivi 10-13 / 15-20. Dal 9 giugno: tutti i giorni dalle 17 alle 23; lunedì chiuso
Curatori: ONO Arte Contemporanea
Costo del biglietto: Intero 8 € | Ridotto 6 € / 4 € | www.liveticket.it
E-Mail info: circuitomuseale@comune.senigallia.an.it
La mostra Sguardi di Novecento. Giacomelli e il suo tempo, inaugurata lo scorso febbraio e subito chiusa a causa dell’emergenza Covid-19, riapre i battenti mercoledì 20 maggio 2020 e proroga la data di chiusura fino a domenica 27 settembre 2020.
Senigallia Città della Fotografia, in occasione dei venti anni dalla scomparsa di Mario Giacomelli, presenta la mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo.
L’esposizione sarà divisa in due sezioni: una parte internazionale a cura di ONO arte contemporanea a Palazzo del Duca che ospiterà 20 fotografie di Giacomelli a confronto con circa 90 scatti di grandi fotografi della metà del Ventesimo secolo e a Palazzetto Baviera Sguardi di Novecento a Senigallia. L’Associazione Misa, per una fotografia artistica. Opere dal 1954 al 1958 a cura degli Eredi Giacomelli che propone una selezione di opere fotografiche dei membri dell’Associazione Misa, dalla collezione civica Città di Senigallia.
La mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo riunisce, con un approccio inedito e proposto in esclusiva per Senigallia Città della Fotografia, i grandi maestri della fotografia del Novecento ospitati a Palazzo del Duca - come Robert Doisneau, Gianni Berengo Gardin, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, Kikuji Kawada, Jacques Henri Lartigue, Herbert List, Nino Migliori, Paolo Monti, Leo Matiz, Ara Güler – in dialogo con il fotografo senigalliese Mario Giacomelli. La sezione a Palazzetto Baviera invece vuole raccontare l’avventura del Gruppo Misa dove lo stesso Giacomelli mosse i suoi primi passi.
Uno scorcio potente e affascinante e allo stesso tempo una ricognizione, seppur parziale, sul mondo della fotografia all’interno del quale Giacomelli ha operato, composta senza la volontà di sottendere influenze, prestiti diretti o indiretti, ma con l’obiettivo di giustapporre e contrapporre le sue opere con quelle dei fotografi a lui contemporanei e far emergere la profonda originalità della ricerca del Maestro senigalliese.
L’esposizione prende spunto e si ispira a The Photographer’s Eye, la grande mostra curata da John Szarkowski - direttore del Dipartimento di Fotografia presso il MoMA di New York dal 1962 al 1991 - allestita proprio nel museo newyorkese nel 1964. Quello fu il primo vero riconoscimento internazionale di Giacomelli che fu esposto insieme ad autori internazionali come Richard Avedon, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Walker Evans e molti altri.
«[…] le fotografie qui riprodotte sono state eseguite nel corso di centoventicinque anni circa. Sono state scattate per ragioni disparate, da uomini mossi da intenzioni diverse e con diversi gradi di talento. In effetti hanno ben poco in comune, se non il successo che hanno in comune e un lessico condiviso: queste immagini sono inequivocabilmente fotografie. La visione che hanno in comune non appartiene a una scuola o a una teoria estetica, ma alla fotografia stessa», così scriveva Szarkowski nell’introduzione al catalogo della mostra e da qui è partita la ricerca per Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo che Senigallia Città della Fotografia ha voluto organizzare per rendere omaggio a uno dei suoi cittadini più illustri a vent’anni dalla sua scomparsa.
La metà del Novecento è stato un periodo molto denso per la fotografia a livello internazionale e soprattutto per il riconoscimento della figura del fotografo, come sostiene sempre Szarkowski «la fotografia è nata tutta intera, come un organismo. La sua storia consiste nel percorso attraverso il quale ne facciamo la progressiva scoperta».
La mostra Sguardi di Novecento: Giacomelli e il suo tempo dunque non vuole essere una ricognizione onnicomprensiva ed esaustiva dei tanti fotografi che attivamente hanno partecipato a quel periodo, ma una selezione di quelli che possono essere messi in dialogo, ideale o reale che sia, con il lavoro di Giacomelli. E quindi c’è Nino Migliori, nel Gruppo Misa nei primi anni di carriera, colui che da un lato poneva attenzione al racconto neorealista, mentre dall’altro sondava i territori dell’informale fotografico, e Paolo Monti, grande fotografo, fondatore del gruppo La Gondola, contraltare de La Bussola fondata da Giuseppe Cavalli, e colui che nel 1955 a Castelfranco Veneto premiò Giacomelli denominandolo l’“Uomo nuovo della fotografia”, e ancora Gianni Berengo Gardin, amico di Giacomelli, di fama internazionale, e spesso accostato per il lirismo dei suo scatti a Henri Cartier-Bresson, altro autore presente in mostra, pioniere del fotogiornalista e fondatore tra gli altri della celebre agenzia Magnum. Per rimanere sempre in Francia in mostra ci sarà Robert Doisneau antesignano della street photography contemporanea, Brassaï francese naturalizzato e soprannominato l’”occhio di Parigi” per il suo amore nei confronti della capitale francese e di tutti i personaggi e gli intellettuali che la animavano, Jacques Henri Lartigue che intreccia la sua attività di fotografo a quella di pittore. E ancora in Europa il tedesco Herbert List, celebre per le sue foto di moda e i nudi maschili, che pure negli ultimi anni di produzione si avvicina ad un gusto molto neorealista. Dall’Europa al resto del mondo con Ara Güler, fotoreporter, storico e documentarista che per 60 anni ha ritratto le metamorfosi di Istanbul, Kikuji Kawada, uno dei principali fotografi giapponesi fondatore del gruppo VIVO che ha sempre indagato la connessione tra immagine astratta, realtà e sentimenti e il colombiano Leo Matiz artista eclettico, non solo fotografo ma anche caricaturista, pittore, gallerista, editore e attore, celebre per aver documentato con i suoi scatti il rapporto tra Frida Kahlo e Diego Rivera.
Giacomelli è sempre stato un fotografo fortemente radicato alla sua terra, e malvolentieri si spostava da essa, ma riuscì sin da subito attraverso la sua arte a superare i confini geografici, conquistando i grandi critici internazionali come Szarkowski che nel ’64 lo inserì nella collezione del MoMA, e le sue opere oggi sono conservate nei maggiori Musei al mondo, essendo il suo lavoro caratterizzato da un forte spirito di sperimentazione e da una vorace volontà di ricerca. Per questo da giovane curioso e entusiasta, Mario Giacomelli aderisce e partecipa alla creazione del circolo fotografico “Misa”, nato a Senigallia nel 1954, grazie all’instancabile attività di Giuseppe Cavalli, già cofondatore del gruppo “La Bussola”. È in questo vivace gruppo, aperto al confronto e alla sperimentazione artistica, che Giacomelli conosce Paolo Monti, fondatore del gruppo “La Gondola”, dal cui lavoro rimane estremamente affascinato.
Da qui prende spunto la sezione Sguardi di Novecento a Senigallia. L’Associazione Misa, per una fotografia artistica. Opere dal 1954 al 1958 - a cura degli Eredi Giacomelli - allestita a Palazzetto Baviera, che racconta l’avventura del Gruppo Misa, cercando di rimanere fedeli allo sguardo dei critici e dei protagonisti dell’epoca nella selezione delle opere, esponendo tra gli altri gli scatti di Giuseppe Cavalli, Ferruccio Ferroni e Mario Giacomelli. La storia dei tre fotografi è strettamente connessa da un lato a Senigallia, città d’elezione per il primo e natale per gli altri due, e dal fatto che furono l’uno il maestro dell’altro, andando poi a formare quel “laboratorio senigalliese” di fotografia che non ha mai smesso, dal Misa in poi, di contribuire, con i suoi protagonisti, all’importante dibattito teorico che si è svolto in Italia intorno alle funzioni e alle estetiche della fotografia.
Nonostante il gruppo fosse uno straordinario laboratorio di idee, ebbe breve ma intensa vita e si sciolse per una naturale trasformazione ingenerata dalla tenace riflessione sulla Fotografia e la necessità di trovare un proprio linguaggio dei giovani fotografi di quegli anni ’50, primi fra tutti Giacomelli, Branzi, Camisa.
Mario Giacomelli è stato un animatore culturale, un uomo attento al prossimo e un Maestro, la cui sensibilità si riflette non solo nelle fotografie, ma in tutta la sua produzione artistica.
L’introduzione alla mostra in catalogo, edito da Silvana Editoriale, porta la firma di Walter Guadagnini, direttore di Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino.
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