Dal barocco al contemporaneo
Tour tra le chiese di Anversa alla scoperta dell'arte di ieri e di oggi. Da Rubens a Fabre
Il campanile della Cattedrale di Nostra Signora ad Anversa. Courtesy of Visitflanders via Flickr
Samantha De Martin
16/03/2018
Quando raggiungiamo la chiesa barocca di Sant’Agostino, nel cuore di Anversa, sono in corso le prove per un concerto che vedrà un artista esibirsi dipingendo a suon di musica.
Ma l’atmosfera non è decisamente quella che un visitatore è abituato a respirare in un edificio religioso. E c’è davvero un qualcosa di vivace, frizzante, tra le luci che si accendono e si spengono dall’alto durante le prove, tra la pedana in legno, il mixer, all’interno di questa antica residenza di monaci Agostiniani, consacrata oggi alla musica, più che ai sermoni, e adibita a sala concerti dell’AMUZ, il centro musicale internazionale che ospita attività culturali, educative e di ricerca.
NELLA CHIESA DI SANT'AGOSTINO IN ATTESA DI JAN FABRE
Il Matrimonio mistico di Santa Caterina, dipinto da Rubens per l’altare maggiore, e per il quale ricevette l’esorbitante cifra di 3000 fiorini - e di indiscusso influsso veneziano - insieme al Martirio di Sant’Apollonia del suo assistente Jakob Jordaens, realizzato per la navata destra, e a La passione di Sant’Agostino concepito da Antoon van Dyck per la navata di sinistra, non sono più qui. Si trovano oggi al Royal Museum of Fine Arts, attualmente chiuso per restauro.
Eppure, nonostante l’assenza dei suoi beniamini, vale davvero la pena di visitare - anche solo per respirarne l’atmosfera - questo inolito edificio, una sorta di santuario dei maestri fiamminghi o di scrigno che i maggiori pittori di Anversa arricchirono, ciascuno, con una pala d’altare appositamente realizzata per abbellire la chiesa in occasione dell'incontro programmato dei capi degli Agostiniani nel chiostro di Anversa, nel giugno del 1628.
Eretta tra il 1615 e il 1618 da Wenceslas Coebergher, la chiesa di Sant’Agostino ospita ancora oggi, nella navata, un pulpito intagliato di Hendrik Frans Verbruggen. Dietro la sezione del coro, la spaziosa sagrestia conserva ancora alcune caratteristiche originali. A breve a dominare la scena di questo prezioso spazio che, per assolvere alla sua nuova funzione di sala concerti ha richiesto alcuni interventi - prima tra tutti l’ottimizzazione dell’acustica - sarà Jan Fabre.
Jan Fabre | Foto: © Carlotta Manaigo | Courtesy of Visitflanders
Sant’Agostino, infatti, è uno dei luoghi, ad Anversa, che ospiterà uno degli appuntamenti più attesi di Antwerp Baroque 2018. Rubens Inspires, in occasione del quale le chiese monumentali della città - la Cattedrale di Nostra Signora, Sant’Andrea, San Carlo Borromeo, San Giacomo, San Paolo - accoglieranno i visitatori raccontando ciascuna, con ampie illustrazioni e pannelli informativi, la loro storia.
L’artista visivo, promotore di una ricerca tesa a oltrepassare le barriere espressive, realizzerà per questa chiesa tre installazioni permanenti, in sintonia con il patrimonio artistico dell’edificio. Si tratterà, dicono, di un impianto spettacolare, di un sorprendente trionfo di colori.
IN CATTEDRALE RUBENS INCONTRA L'ARTE CONTEMPORANEA
D’altronde non è la prima volta, ad Anversa, che l’arte contemporanea tesse il suo dialogo con il barocco, in un connubio che può sconvolgere o lasciare estasiato il visitatore. Basti pensare alla Cattedreale di Nostra Signora, il tempio consacrato a Rubens, dove accanto ai quattro capolavori del maestro, in una delle navate, si erge The man who Bears the Cross, il funambolo del performer fiammingo Fabre.
In tal caso è proprio la scultura in bronzo, opera incentrata sul dubbio, anzi, “una glorificazione del dubbio” come dichiara lo stesso artista, a introdurre il visitatore nell’universo rubensiano. Ed è straordinario pensare che a ispirare questa creazione all’eclettico e dirompente artista di Anversa - da sempre al centro della forsennata ricerca di un equilibrio, seppur precario, tra sacro e profano, materiale e spirituale - sia stato proprio il trittico della Deposizione dalla croce.
L’interno della Cattedrale di Nostra Signora con il Trittico della Deposizione dalla croce di Rubens (1611 e il 1614) | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
E veramente toglie il fiato questo capolavoro dalle dimensioni impressionanti, incastonato nel transetto destro della Cattedrale, considerato una delle sette meraviglie del Belgio. Per quest’opera, commissionata all’artista dal Maestro della Gilda degli Archibugieri, Nicolas Rockox, il 7 settembre del 1611 e terminata l’anno seguente, il pittore di Siegen ricevette 2400 fiorini. I pannelli laterali rappresentano la Visitazione e la Presentazione al tempio e in quest’ultimo viene raffigurato lo stesso Rockox.
La scena, perfettamente costruita su sfondo scuro, viene descritta con un ritmo lento e grandioso, con le figure colte nel momento di massimo dolore. La Madonna, incinta, viene raffigurata in modo insolito, con una sorta di cappello simile a quelli indossati dallo stesso Rubens. Nel 1794 la parte centrale del trittico fu portata a Parigi per essere restituita nel 1815 al luogo per il quale era stato concepito dal pittore.
E poi c’è un aneddoto che rende quest’opera ancora più affascinante. Rubens avrebbe acconsentito alla realizzazione del trittico a condizione che venisse cambiata la vetrata della chiesa che guardava all’opera, al fine di valorizzarne le tinte e di creare un effetto armonioso tra il suo capolavoro e l’architettura dell'edificio religioso.
Basta spostarsi di qualche passo per trovarsi di fronte a L’innalzamento della croce, del 1610, opera dalla quale trapela la straordinaria capacità del pittore di osservare e descrivere le emozioni umane. Dal trittico, a una sola scena, realizzato dall’artista al suo ritorno dall’Italia, emerge forte l’influenza della sua esperienza a Roma. E non è difficile intravedere, nella straordinaria corpulenza dei soggetti intenti, con vigoroso sforzo, ad innalzare la croce con il Cristo, le monumentali figure del Giudizio Universale di Michelangelo, ammirate dal pittore nella Cappella Sistina e, nel dipinto, fortemente enfatizzate.
L’intera composizione, dalla quale trapela un sapiente utilizzo del chiaroscuro, segue un andamento in diagonale con, sulla sinistra, le donne piangenti, e il centurione a cavallo che trasmette all’osservatore una straordinaria idea di movimento. All’anno dopo risale La Resurrezione di Cristo, posta nella seconda cappella del deambulatorio e, anche questa, fortemente “michelangiolesca”. Al centro della tela, un Cristo abbagliante, corpulento, dai muscoli fortemente enfatizzati, abbandona con vigoroso slancio la propria tomba rupestre tra lo stupore e l’incredulità dei presenti.
In questo crogiolo di stili, tutti racchiusi in uno stesso luogo, attraverso cui è possibile seguire l’evoluzione dell’artista, non poteva mancare un’opera della maturità. Realizzata nel 1626, L’Assunzione della Vergine - sull’altare maggiore e dedicata alla santa patrona della Cattedrale - è un vero trionfo di toni brillanti, con i soggetti ormai distanti dallo stile “eroico” del periodo precedente. Il coro di angeli eleva la Madonna, rappresentata con le braccia sollevate verso l’alto, verso un vortice splendente di luce divina. Dietro al sepolcro, avvolta da una veste di colore rosso fuoco, il pittore avrebbe rappresentato anche Isabella Brant, sua prima moglie, artista e modella. I Dodici Apostoli si stringono, invece, intorno alla tomba vuota.
Ad unire le due scene, costruite con un’armoniosa combinazione di colori e divise in due piani paralleli - la parte superiore con Maria e gli angeli, quella inferiore con le donne e gli Apostoli - la figura di San Giovanni.
SAN CARLO BORROMEO E LA MANO DI RUBENS ARCHITETTO
Prima di raggiungere San Carlo Borromeo, la più antica chiesa barocca delle Fiandre, dove si può scorgere la mano di Rubens architetto nel campanile, nell’altare maggiore, nella volta e nella cappella della Madonna - e dove è anche conservata la tela Ritorno della sacra famiglia dall’Egitto, scampata all’incendio che distrusse buona parte dell’edificio - è opportuno fare una breve sosta alla Chiesa di San Paolo. Per questo edificio, legato all’ordine dei Domenicani, il pittore realizzò tre dipinti. Purtroppo questa chiesa non è sempre aperta, ma con il suo interno monumentale è un’autentica festa per gli occhi. Nel 1609 Rubens dipinse, su commissione dei Domenicani, L’Adorazione dei Pastori (1608) cui seguirono La disputa del Sacramento (1609) e La Flagellazione (1617).
Nella tela del 1608 l’utilizzo della luce e delle turbolenti emozioni sui volti dei personaggi denota ancora la fortissima influenza di Caravaggio, ammirato l’anno prima durante il viaggio in Italia. E che gli sarebbe rimasto nel cuore, nell’anima, tra i suoi pennelli, per sempre.
La chiesa di San Carlo Borromeo ad Anversa | Courtesy of Visitflanders
Ma l’atmosfera non è decisamente quella che un visitatore è abituato a respirare in un edificio religioso. E c’è davvero un qualcosa di vivace, frizzante, tra le luci che si accendono e si spengono dall’alto durante le prove, tra la pedana in legno, il mixer, all’interno di questa antica residenza di monaci Agostiniani, consacrata oggi alla musica, più che ai sermoni, e adibita a sala concerti dell’AMUZ, il centro musicale internazionale che ospita attività culturali, educative e di ricerca.
NELLA CHIESA DI SANT'AGOSTINO IN ATTESA DI JAN FABRE
Il Matrimonio mistico di Santa Caterina, dipinto da Rubens per l’altare maggiore, e per il quale ricevette l’esorbitante cifra di 3000 fiorini - e di indiscusso influsso veneziano - insieme al Martirio di Sant’Apollonia del suo assistente Jakob Jordaens, realizzato per la navata destra, e a La passione di Sant’Agostino concepito da Antoon van Dyck per la navata di sinistra, non sono più qui. Si trovano oggi al Royal Museum of Fine Arts, attualmente chiuso per restauro.
Eppure, nonostante l’assenza dei suoi beniamini, vale davvero la pena di visitare - anche solo per respirarne l’atmosfera - questo inolito edificio, una sorta di santuario dei maestri fiamminghi o di scrigno che i maggiori pittori di Anversa arricchirono, ciascuno, con una pala d’altare appositamente realizzata per abbellire la chiesa in occasione dell'incontro programmato dei capi degli Agostiniani nel chiostro di Anversa, nel giugno del 1628.
Eretta tra il 1615 e il 1618 da Wenceslas Coebergher, la chiesa di Sant’Agostino ospita ancora oggi, nella navata, un pulpito intagliato di Hendrik Frans Verbruggen. Dietro la sezione del coro, la spaziosa sagrestia conserva ancora alcune caratteristiche originali. A breve a dominare la scena di questo prezioso spazio che, per assolvere alla sua nuova funzione di sala concerti ha richiesto alcuni interventi - prima tra tutti l’ottimizzazione dell’acustica - sarà Jan Fabre.
Jan Fabre | Foto: © Carlotta Manaigo | Courtesy of Visitflanders
Sant’Agostino, infatti, è uno dei luoghi, ad Anversa, che ospiterà uno degli appuntamenti più attesi di Antwerp Baroque 2018. Rubens Inspires, in occasione del quale le chiese monumentali della città - la Cattedrale di Nostra Signora, Sant’Andrea, San Carlo Borromeo, San Giacomo, San Paolo - accoglieranno i visitatori raccontando ciascuna, con ampie illustrazioni e pannelli informativi, la loro storia.
L’artista visivo, promotore di una ricerca tesa a oltrepassare le barriere espressive, realizzerà per questa chiesa tre installazioni permanenti, in sintonia con il patrimonio artistico dell’edificio. Si tratterà, dicono, di un impianto spettacolare, di un sorprendente trionfo di colori.
IN CATTEDRALE RUBENS INCONTRA L'ARTE CONTEMPORANEA
D’altronde non è la prima volta, ad Anversa, che l’arte contemporanea tesse il suo dialogo con il barocco, in un connubio che può sconvolgere o lasciare estasiato il visitatore. Basti pensare alla Cattedreale di Nostra Signora, il tempio consacrato a Rubens, dove accanto ai quattro capolavori del maestro, in una delle navate, si erge The man who Bears the Cross, il funambolo del performer fiammingo Fabre.
In tal caso è proprio la scultura in bronzo, opera incentrata sul dubbio, anzi, “una glorificazione del dubbio” come dichiara lo stesso artista, a introdurre il visitatore nell’universo rubensiano. Ed è straordinario pensare che a ispirare questa creazione all’eclettico e dirompente artista di Anversa - da sempre al centro della forsennata ricerca di un equilibrio, seppur precario, tra sacro e profano, materiale e spirituale - sia stato proprio il trittico della Deposizione dalla croce.
L’interno della Cattedrale di Nostra Signora con il Trittico della Deposizione dalla croce di Rubens (1611 e il 1614) | Courtesy of Visitflanders, via Flickr
E veramente toglie il fiato questo capolavoro dalle dimensioni impressionanti, incastonato nel transetto destro della Cattedrale, considerato una delle sette meraviglie del Belgio. Per quest’opera, commissionata all’artista dal Maestro della Gilda degli Archibugieri, Nicolas Rockox, il 7 settembre del 1611 e terminata l’anno seguente, il pittore di Siegen ricevette 2400 fiorini. I pannelli laterali rappresentano la Visitazione e la Presentazione al tempio e in quest’ultimo viene raffigurato lo stesso Rockox.
La scena, perfettamente costruita su sfondo scuro, viene descritta con un ritmo lento e grandioso, con le figure colte nel momento di massimo dolore. La Madonna, incinta, viene raffigurata in modo insolito, con una sorta di cappello simile a quelli indossati dallo stesso Rubens. Nel 1794 la parte centrale del trittico fu portata a Parigi per essere restituita nel 1815 al luogo per il quale era stato concepito dal pittore.
E poi c’è un aneddoto che rende quest’opera ancora più affascinante. Rubens avrebbe acconsentito alla realizzazione del trittico a condizione che venisse cambiata la vetrata della chiesa che guardava all’opera, al fine di valorizzarne le tinte e di creare un effetto armonioso tra il suo capolavoro e l’architettura dell'edificio religioso.
Basta spostarsi di qualche passo per trovarsi di fronte a L’innalzamento della croce, del 1610, opera dalla quale trapela la straordinaria capacità del pittore di osservare e descrivere le emozioni umane. Dal trittico, a una sola scena, realizzato dall’artista al suo ritorno dall’Italia, emerge forte l’influenza della sua esperienza a Roma. E non è difficile intravedere, nella straordinaria corpulenza dei soggetti intenti, con vigoroso sforzo, ad innalzare la croce con il Cristo, le monumentali figure del Giudizio Universale di Michelangelo, ammirate dal pittore nella Cappella Sistina e, nel dipinto, fortemente enfatizzate.
L’intera composizione, dalla quale trapela un sapiente utilizzo del chiaroscuro, segue un andamento in diagonale con, sulla sinistra, le donne piangenti, e il centurione a cavallo che trasmette all’osservatore una straordinaria idea di movimento. All’anno dopo risale La Resurrezione di Cristo, posta nella seconda cappella del deambulatorio e, anche questa, fortemente “michelangiolesca”. Al centro della tela, un Cristo abbagliante, corpulento, dai muscoli fortemente enfatizzati, abbandona con vigoroso slancio la propria tomba rupestre tra lo stupore e l’incredulità dei presenti.
In questo crogiolo di stili, tutti racchiusi in uno stesso luogo, attraverso cui è possibile seguire l’evoluzione dell’artista, non poteva mancare un’opera della maturità. Realizzata nel 1626, L’Assunzione della Vergine - sull’altare maggiore e dedicata alla santa patrona della Cattedrale - è un vero trionfo di toni brillanti, con i soggetti ormai distanti dallo stile “eroico” del periodo precedente. Il coro di angeli eleva la Madonna, rappresentata con le braccia sollevate verso l’alto, verso un vortice splendente di luce divina. Dietro al sepolcro, avvolta da una veste di colore rosso fuoco, il pittore avrebbe rappresentato anche Isabella Brant, sua prima moglie, artista e modella. I Dodici Apostoli si stringono, invece, intorno alla tomba vuota.
Ad unire le due scene, costruite con un’armoniosa combinazione di colori e divise in due piani paralleli - la parte superiore con Maria e gli angeli, quella inferiore con le donne e gli Apostoli - la figura di San Giovanni.
SAN CARLO BORROMEO E LA MANO DI RUBENS ARCHITETTO
Prima di raggiungere San Carlo Borromeo, la più antica chiesa barocca delle Fiandre, dove si può scorgere la mano di Rubens architetto nel campanile, nell’altare maggiore, nella volta e nella cappella della Madonna - e dove è anche conservata la tela Ritorno della sacra famiglia dall’Egitto, scampata all’incendio che distrusse buona parte dell’edificio - è opportuno fare una breve sosta alla Chiesa di San Paolo. Per questo edificio, legato all’ordine dei Domenicani, il pittore realizzò tre dipinti. Purtroppo questa chiesa non è sempre aperta, ma con il suo interno monumentale è un’autentica festa per gli occhi. Nel 1609 Rubens dipinse, su commissione dei Domenicani, L’Adorazione dei Pastori (1608) cui seguirono La disputa del Sacramento (1609) e La Flagellazione (1617).
Nella tela del 1608 l’utilizzo della luce e delle turbolenti emozioni sui volti dei personaggi denota ancora la fortissima influenza di Caravaggio, ammirato l’anno prima durante il viaggio in Italia. E che gli sarebbe rimasto nel cuore, nell’anima, tra i suoi pennelli, per sempre.
La chiesa di San Carlo Borromeo ad Anversa | Courtesy of Visitflanders
Notizie
- Mondo - Al Museo Plantin Moretus dal 28 Settembre