Omaggio a Rolando Raggenbass 1950-2005
Dal 05 Marzo 2022 al 15 Maggio 2022
Ascona | Mondo
Luogo: Museo Comunale d’Arte Moderna
Indirizzo: Via Borgo 34
Orari: da martedì a sabato 10.00 – 12.00 / 14.00 – 17.00; domenica e festivi 10.30 – 12.30; lunedì chiuso
Curatori: Mara Folini
Costo del biglietto: Intero, CHF 10; ridotto (AVS, studenti, gruppi min. 15 persone), CHF 7; ragazzi fino a 18 anni, gratuito; biglietto combinato (Museo Comunale d'Arte Moderna + Museo Castello San Materno, valido 3 giorni), CHF 12 (intero) / CHF 8 (ridotto)
Telefono per informazioni: +41 091 759 81 40
E-Mail info: museo@ascona.ch
Sito ufficiale: http://www.museoascona.ch
Rolando Raggenbass
Il Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona (Svizzera), dal 5 marzo al 15 maggio 2022, rende omaggio all’artista ticinese Rolando Raggenbass (1950-2005).
L’esposizione, curata da Mara Folini, direttrice del museo svizzero, in collaborazione con Luisa Figini, presenta quaranta opere in grado di analizzare tutte le fasi del percorso creativo di Raggenbass, dagli anni ottanta al primo quinquennio del Duemila.
“Rolando Raggenbass - afferma Mara Folini - è figlio di quella “condizione postmoderna” straniata e straniante, nata dal disincanto dalle grandi Ideologie “moderniste” (illuminismo, idealismo, marxismo, positivismo) e dalla cultura di massa che, sulle ceneri della drammatica crisi economica, politica e sociale degli anni settanta, caratterizzata dalla costante crescita della disoccupazione, dei conflitti sociali e dei conseguenti anni bui del terrorismo, avevano mostrato quanto l’ottimismo verso il futuro, la fiducia nel progresso delle avanguardie e i suoi valori, la convinzione che la storia proceda in modo lineare e per progressivi miglioramenti in ambito culturale, sociale, scientifico, fossero fondati su falsi paradigmi dogmatici, predittivi e autoritari, incapaci di dar conto e di includere ciò che fosse semplicemente “differente”, incoerente, non-riconoscibile, non comprensibile, non ingabbiabile in categorie astratte totalizzanti”.
Il percorso espositivo si apre con un’opera particolarmente significativa del 1982 (Senza titolo) in cui Raggenbass riprende la figura del funambolo come metafora dell’artista contemporaneo che vive con smarrimento le conseguenze della civiltà dei consumi.
La cravatta, uno dei topos della sua ricerca, simbolo della società consumistica, ritorna spesso nei suoi lavori degli anni ottanta, come in Senza titolo del 1984, in cui Raggenbass applica la tela su una impalcatura di legno ripiegata verso l’esterno, così da creare una sorta di straniamento, accentuato dalle righe della camicia e dai pois rossi su sfondo nero della cravatta, e mettere in guardia l’osservatore sulle difficoltà di comunicazione tra gli uomini, rivelando l’effimera natura di questo accessorio, falsamente considerato uno status symbol.
La mostra prosegue con alcune opere iconiche come Micromare del 1987, in cui si assiste all’apparire di un colore pieno, compatto, bidimensionale che sembra bloccare in superficie ogni elemento in esso contenuto e dove ogni particolare, illustrato con leggerezza infantile, sembra come congelato, addirittura banalizzato.
Da questa dimensione che sembra portare tutto in superficie, tipica degli anni ottanta, con opere come Monomotel(1987-1988), dove un rosso potente, espressionista, domina la scena e anticipa il graffitismo scenico dell’informale, si assiste a una tendenza opposta che preme in profondità e che diventerà distintiva dei primi anni novanta. Tra il 1992 e il 1993, infatti, Raggenbass realizza opere caratterizzate dalla quasi totale assenza di figurazione, dove i colori ocra, marrone e le loro varianti, tendono al monocromo, come in Ma io stesso non ero del 1989.
Raggenbass esprime una predisposizione interiore che si realizza con superfici astratte sempre meno frammentate, lasciando al colore, sulle tonalità dei bianchi e dei neri, la libertà di tradursi in emozione.
Se queste creazioni sembrano segnare un momento felice e una liberazione nella liricità di un’arte astratta, a partire dal 1995 le cose sembrano cambiare, affondando nel tessuto vivo della corporeità.
Lungo questo orizzonte sempre più radicale, si attesta la serie, sempre più materica, dei “rossi”, in cui il nero lascia il posto alle macchie color sangue che si raggrumano, si espandono come lacerti di un corpo esploso, messo in evidenza dall’uso di fogli di plastica sovrapposti gli uni agli altri.
Eppure, è proprio da queste opere, dalla materia aggrumata del colore rosso, che nascono gli Elfimilza del 2002, le sculture “ambientali” dell’ultima produzione di Rolando Raggenbass.
Accompagna la mostra un libretto, edito dal Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona.
Rolando Raggenbass nasce a Balerna (Svizzera), il 27 agosto del 1950.
Nel 1975, dopo un primo soggiorno di studio a Parigi, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove nel 1979 si diploma con il critico d’arte e scrittore Zeno Birolli con una tesi su Paul Ricoeur. Parallelamente segue i corsi di filosofia di Fulvio Papi all’Università di Pavia.
Nel 1984 si tengono prime mostre personali allo Studio Abitare di Bellinzona e, nell’anno successivo, allo SCI-Arc (Sud California Institute) di Vico Morcote. Nel 1989 ottiene la borsa di studio dell’Unione di Banche Svizzere.
Nel 1990, le due personali alla Villa du Jardin Alpin a Meyrin e al Museo Epper di Ascona. Nello stesso anno esce la sua prima monografia, con testi di Fulvio Papi, Christoph Eggenberger, Christian Marazzi, Guglielmo Volonterio e Armande Reymond, pubblicata da Casagrande ed Édition d’En Haut.
Iniziano in questi anni i soggiorni nella Svizzera tedesca, in particolare a Zurigo, e in Germania, a Francoforte, Amburgo e Monaco, dove espone le sue opere in mostre personali e collettive.
Nel 1997 è presente alla mostra collettiva della Fondazione Corrente di Milano.
Nel 2002 il Museo d’Arte di Mendrisio gli dedica una retrospettiva, curata da Simone Soldini e Paola Tedeschi-Pellanda, incentrata sugli ultimi dieci anni di lavoro.
Nel 2005, Rolando Raggenbass muore a Castel San Pietro.
Nel 2012 al Museo cantonale d’arte di Lugano si tiene una importante mostra antologica, curata da Elio Schenini e Marco Franciolli.
Hanno scritto di lui, tra gli altri, gli amici filosofi Fulvio Papi e Fabio Merlini, il professore di scienze politiche ed economiche Christian Marazzi e il critico cinematografico e d’arte Guglielmo Volonterio.
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