Cattedrale di Santa Colomba
Rimini, Via 4 Novembre
- Artista: Battista Alberti
- Dove: Rimini, Via 4 Novembre
- Realizzazione: 1450 - 1468
- Indirizzo: Via 4 novembre
Il Tempio Malatestiano, ufficialmente denominato cattedrale di Santa Colomba e usualmente indicato dai cittadini come il Duomo, è la chiesa maggiore di Rimini. Rinnovata completamente sotto la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, con il contributo di artisti come Leon Battista Alberti, Matteo de' Pasti, Agostino di Duccio e Piero della Francesca, è, sebbene incompleta, l'opera chiave del Rinascimento riminese ed una delle architetture più significative del Quattrocento italiano in generale.
Nell'area è documentata già nel IX secolo una chiesa chiamata Santa Maria in Trivio, sostituita nel XII secolo da una di stile gotico, detta di San Francesco, retta dall'ordine francescano.
Tra il Duecento e Trecento furono aggiunte due nuove cappelle sul lato sud. Parte dei marmi per il lavori furono presi da rovine romane in Sant'Apollinare in Classe e da Fano. La chiesa, nonostante le dimensioni relativamente modeste, venne scelta come luogo di sepoltura della famiglia Malatesta, venendo arricchita da altari e opere d'arte, alle quali fu chiamato a contribuire anche Giotto.
Sotto la signoria di Sigismondo Pandolfo Malatesta, venne deciso nel 1447 di sistemarvi una cappella dedicata a San Sigismondo, santo dallo stesso nome, nonché patrono, del committente, affidando il progetto al veronese Matteo de' Pasti. Il 31 ottobre di tal anno si benedice la posa della prima pietra. Fu solo negli anni immediatamente successivi, in seguito a una fortunata serie di vittorie e riconoscimenti, che il Malatesta decise di estendere il progetto a tutto l'edificio, trasformandolo in un monumento celebrativo di sé stesso e della sua casata[1]. Ebbe un ruolo nel mutato progetto probabilmente Leon Battista Alberti, al quale venne poi affidato il progetto della sistemazione esterna, che comprendeva, secondo la testimonianza di una medaglia di Matteo de' Pasti del 1450, l'aggiunta di una rotonda all'estremità della chiesa, coperta da una cupola a imitazione di quella del Pantheon. Se completata, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al maestoso edificio circolare, e sarebbe stato molto più evidente la funzione celebrativa dell'edificio, anche in rapporto allo skyline cittadino.
Durante i lavori, Sigismondo Malatesta entrò in contrasto con papa Pio II Piccolomini fin dalla sua elezione al soglio papale (1458), a tal punto da ricevere la scomunica nel 1460. Sigismondo fu definitivamente sconfitto dalle truppe papali alleate con Federico da Montefeltro due anni dopo sul Cesano. Durante tale tormentato periodo i lavori proseguirono ma con una modifica sostanziale: egli volle infatti tale edificio unicamente come sepolcro suo, per la sua stirpe e per i dignitari a lui vicino, eliminando qualunque simbolo cristiano, cosa inaudita per quei tempi e praticamente unica in Italia. Nella struttura originaria non venne incredibilmente prevista una croce o un'effige di santo: da qui la denominazione Tempio. La quantità di riferimenti pagani è tale per cui Pio II riportò nei suoi Commentari: "Aedificavit tamen nobile templum Arimini in honorem divi Francisci; verum ita gentilibus operibus implevit ut non tam Christianorum quam Infidelium daemones templum esse videretur" (Costruì un nobile tempio a Rimini in onore di San Francesco; ma lo riempì di tante opere pagane che non sembra un tempio di cristiani ma di infedeli adoratori dei demoni). Tuttavia sarebbe riduttivo leggere il Tempio Malatestiano solo come sfida personale di un uomo, ma piuttosto come massima manifestazione di una raffinata cultura di tipo neoplatonico, intellettuale e idealistica, intenzionalmente lontana dalla realtà, non timorosa di esprimersi attraverso un linguaggio proprio del paganesimo. Roberto Valturio, membro di quella corte illuminata che circondava il Malatesta e che tanta parte ha avuto nella definizione del gusto e dei temi, ribadì che il piano iconografico è ispirato alla filosofia, anzi "ai più riposti segreti della filosofia", e che solo gli iniziati potevano penetrarne il significato.
La struttura progettata dall'Alberti non fu completata, in seguito al sopraggiungere della triste situazione economica per il Malatesta, che rese impossibile la fine dei lavori. Alla morte di Sigismondo tutte le fabbriche da lui avviate rimasero inesorabilmente interrotte.
Nel 1809 le soppressioni napoleoniche sciolsero il convento francescano e in seguito alla sconsacrazione e distruzione dell'antica Santa Colomba, il tempio venne consacrato a cattedrale cittadina, assumendo la dedica della santa.
Durante la seconda guerra mondiale l'edificio subì molti danni. La zona absidale, insieme a buona parte della copertura, fu distrutta e ricostruita in forme semplificate con l'esterno in mattoni a vista e l'interno in semplice e disadorno intonaco bianco. Solo recentemente l'altare maggiore è stato arricchito da un celebre crocifisso di Giotto, dipinto durante il suo soggiorno a Rimini tra il 1308 e il 1312. La facciata e i fianchi furono danneggiati, con dislivelli e distacchi, tanto da dover procedere con un difficile intervento, smontando e rimontando sostanzialmente l'intero paramento murario, numerando i vari conci e blocchi lapidei.
L'esterno dell'edificio venne progettato da Leon Battista Alberti cinque o sei anni dopo l'avvio dei lavori all'interno. Egli ideò un involucro marmoreo che lasciasse intatto l'edificio preesistente. L'opera, incompiuta, prevedeva in facciata una tripartizione con archi scanditi da semicolonne corinzie, mentre nella parte superiore era previsto un specie di frontone con arco al centro affiancato da paraste. Punto focale era il portale centrale, con timpano triangolare e riccamente ornato da lastre marmoree policrome nello stile della Roma imperiale. La mancanza dell'arco superiore permette di vedere, ancora oggi, un pezzo della semplice facciata medievale a capanna di San Francesco.
Le fiancate invece sono composte da una sequenza di archi su pilastri, destinati ad accogliere i sarcofagi dei più alti dignitari di corte. Tra questi si trova il filosofo neoplatonico Giorgio Gemisto Pletone, ritenuto all'epoca uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi, che aveva fatto rinascere le scuole filosofiche dell'antica Grecia e i cui resti furono portati da Sigismondo dalla campagna militare nei Balcani.
Fianchi e facciata sono unificati da un alto zoccolo che isola la costruzione dallo spazio circostante. Anche all'esterno ricorre la ghirlanda circolare, qui usata come oculo.
Interessante è notare come Alberti traesse spunto dall'architettura classica, ma affidandosi a spunti locali, come l'arco di Augusto, il cui modulo è triplicato in facciata. Una particolarità di questo intervento è che il rivestimento non tiene conto delle precedenti aperture gotiche: infatti, il passo delle arcate laterali non è lo stesso delle finestre ogivali, che risultano posizionate in maniera sempre diversa. Del resto Alberti scrive a Matteo de' Pasti che «queste larghezze et altezze delle Chappelle mi perturbano».
Una medaglia di Matteo de' Pasti del 1450 mostra l'aspetto originario che il tempio avrebbe dovuto avere, con una grande rotonda coperta da cupola emisferica simile a quella del Pantheon. Se completato, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al maestoso edificio circolare, e sarebbe stata molto più evidente la funzione celebrativa dell'edificio, anche in rapporto allo skyline cittadino.
Parte di un frondone marmoreo della facciata è ora al Victoria and Albert Museum di Londra.