Online le immagini di una lunga avventura
Dal Bankside a Instagram, i 20 anni della Tate Modern
La ciminiera della Tate Modern di Londra che sovrasta gli alberi sulla riva Sud del Tamigi | Foto: © Robert Lamb Creative via geograph.org.uk Creative Commons
Francesca Grego
11/05/2020
Mondo - L’11 maggio del 2000 la Tate Modern apriva per la prima volta i battenti in una vecchia centrale termoelettrica di Londra: la grande arte del Novecento aveva trovato casa sulle rive del Tamigi negli spazi realizzati dagli architetti svizzeri Herzog & de Meuron. In tempi brevi la Tate sarebbe diventata il museo d'arte moderna più visitato al mondo con una media annuale di 4 milioni e mezzo di visitatori. Merito dei Picasso, dei Dalí;, dei Pollock, dei Kandinskij, dei Magritte, dei Rothko e di altre star dell’arte che ne affollano le collezioni, ma anche delle mostre temporanee - da Henri Matisse a Andy Warhol, fino ad Anish Kapoor - delle commissioni e dello stimolo alla ricerca che in questi anni ne hanno fatto un punto di riferimento imprescindibile per il contemporaneo.
Yayoi Kusama, Infinity Mirrored Room - Filled With the Brilliance of Life, 2012, London, Tate Modern | Foto: Loz Pycock via Flickr
A febbraio il museo del Bankside aveva annunciato che questo sarebbe stato un anniversario coi fiocchi, da festeggiare con gli artisti e con i capolavori che ne hanno accompagnato il cammino. Per l’occasione sarebbero tornate in mostra l’Infinity Mirrored Room - Filled with the Brilliance of Life di Yayoi Kusama e Maman, il gigantesco ragno di Louise Bourgeois che accolse i primi visitatori nel 2000. Intorno a loro, avrebbero preso vita le performance di Lee Mingwei, Neko Solakov, Allora & Calzadilla e Tunga, rinnovando la vocazione verso un’arte viva e presente, che si nutre del contatto con gli spazi e con i visitatori. E un grande progetto espositivo avrebbe ripercorso la storia del museo attraverso film, fotografie, oggetti e registrazioni attentamente selezionate in un ricco archivio.
Louise Burgeois, Maman, London, tate Modern | Foto: Lorenzo G via Flickr 2007
L’emergenza Covid-19 ne ha congelato i progetti, ma la Tate non rinuncia a spegnere le candeline insieme al suo pubblico. Sul canale Instagram del museo questa lunga avventura si racconta in una travolgente galleria di immagini che momentaneamente sostituisce la mostra pensata per inaugurare la festa. C’è la coloratissima Obliteration Room di Kusama con il progetto di Bourgeois - il primo esposto nell’iconica Turbine Hall - ma anche gli incredibili scivoli di Carsten Haller (Test Site, 2006), la distesa di semi di girasole in porcellana creata da Ai Weiwei nel 2010 (Sunflowers Seeds), l’enorme scultura Marsyas nel caratteristico rosso di Anish Kapoor (2003), le stanze della nebbia di Olafur Eliasson (The Weather Project, 2004), i pesci volanti di Philippe Parreno (Anywhen, 2016): importanti progetti site specific portati avanti con il sostegno di partner privati che ben esemplificano l’impegno della Tate a sostegno della produzione artistica, mentre documentano le metamorfosi dell’antica Sala delle Turbine, alta l’equivalente di sette piani. Non vediamo l’ora di tornare a visitarla dal vivo: rispettare le distanze di sicurezza non sarà poi così difficile sui suoi 3.400 metri quadrati.
Olafur Eliasson, The Weather Project, 2003, London, Tate Modern | Foto: Rory Hyde via Flickr
Yayoi Kusama, Infinity Mirrored Room - Filled With the Brilliance of Life, 2012, London, Tate Modern | Foto: Loz Pycock via Flickr
A febbraio il museo del Bankside aveva annunciato che questo sarebbe stato un anniversario coi fiocchi, da festeggiare con gli artisti e con i capolavori che ne hanno accompagnato il cammino. Per l’occasione sarebbero tornate in mostra l’Infinity Mirrored Room - Filled with the Brilliance of Life di Yayoi Kusama e Maman, il gigantesco ragno di Louise Bourgeois che accolse i primi visitatori nel 2000. Intorno a loro, avrebbero preso vita le performance di Lee Mingwei, Neko Solakov, Allora & Calzadilla e Tunga, rinnovando la vocazione verso un’arte viva e presente, che si nutre del contatto con gli spazi e con i visitatori. E un grande progetto espositivo avrebbe ripercorso la storia del museo attraverso film, fotografie, oggetti e registrazioni attentamente selezionate in un ricco archivio.
Louise Burgeois, Maman, London, tate Modern | Foto: Lorenzo G via Flickr 2007
L’emergenza Covid-19 ne ha congelato i progetti, ma la Tate non rinuncia a spegnere le candeline insieme al suo pubblico. Sul canale Instagram del museo questa lunga avventura si racconta in una travolgente galleria di immagini che momentaneamente sostituisce la mostra pensata per inaugurare la festa. C’è la coloratissima Obliteration Room di Kusama con il progetto di Bourgeois - il primo esposto nell’iconica Turbine Hall - ma anche gli incredibili scivoli di Carsten Haller (Test Site, 2006), la distesa di semi di girasole in porcellana creata da Ai Weiwei nel 2010 (Sunflowers Seeds), l’enorme scultura Marsyas nel caratteristico rosso di Anish Kapoor (2003), le stanze della nebbia di Olafur Eliasson (The Weather Project, 2004), i pesci volanti di Philippe Parreno (Anywhen, 2016): importanti progetti site specific portati avanti con il sostegno di partner privati che ben esemplificano l’impegno della Tate a sostegno della produzione artistica, mentre documentano le metamorfosi dell’antica Sala delle Turbine, alta l’equivalente di sette piani. Non vediamo l’ora di tornare a visitarla dal vivo: rispettare le distanze di sicurezza non sarà poi così difficile sui suoi 3.400 metri quadrati.
Olafur Eliasson, The Weather Project, 2003, London, Tate Modern | Foto: Rory Hyde via Flickr
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