Un autunno con Picasso, da Mantova a Milano
Succession Picasso by SIAE 2024 Photo © RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Mathieu Rabeau |
Pablo Picasso, La Baie de Cannes, Cannes, 19 aprile 1958 - 9 giugno 1958. Olio su tela, 130x195 cm. Musée national Picasso-Paris. Dation Pablo Picasso, 1979. MP212
Francesca Grego
17/05/2024
Mantova - Guardare all’opera di Pablo Picasso da una nuova prospettiva: è l’ambizioso obiettivo di due mostre in programma da settembre, frutto dell’impegno congiunto di Palazzo Te a Mantova e Palazzo Reale a Milano. Entrambe portano la firma di Annie Cohen-Solal, scrittrice e storica con un debole per il mondo dell’arte e per gli incroci di culture.
Su Picasso è stato già detto tutto, o quasi. Molti di noi non sanno, però, che a Parigi il grande artista spagnolo portò per decenni lo stigma di “straniero”: un individuo da tenere d’occhio secondo la solerte Police des étrangers, che lo schedò con il numero 74.664 - se non altro, era in buona compagnia - bollandolo come “anarchico” e “artista d’avanguardia” (!). Ma non finisce qui. Più volte lo Stato francese rifiutò a Picasso la cittadinanza, per poi offrirgliela su un piatto d’argento quando era ormai all’apice della fama. A quel punto il maestro declinò l’offerta restando straniero per sempre, a dispetto dei 60 anni trascorsi in Francia.
La diffidenza delle istituzioni artistiche fu forse ancora peggiore. Nel 1947 Picasso domina la scena internazionale da oltre 30 anni, ma solo un paio di suoi dipinti figurano nelle collezioni dei musei francesi. Uno dei due è una donazione.
Nel ‘55 l’artista lascerà definitivamente Parigi per vivere in Costa Azzurra, “tra ceramisti, fotografi, scultori e litografi, di fronte al Mediterraneo, in un’area di culture multiple alla quale era sempre appartenuto”, racconta Cohen-Solal. Picasso “sceglie la regione rispetto alla capitale, gli artigiani rispetto agli accademici, la provincia rispetto all’establishment parigino, e gestisce felicemente la sua fama ormai mondiale”.
Giulio Romano e allievi, Camera di Amore e Psiche, 1527, olio su intonaco su supporto ligneo. Mantova, Palazzo Te I Ph. Gianmaria Pontiroli
Qual è stato l’impatto della condizione di “straniero” sull’opera di Picasso? Come ha reagito l’artista all’ostilità del paese in cui viveva? Che cosa può insegnarci questa storia, ancora di notevole attualità? Parte di qui il viaggio di Cohen-Solal, che ha approfondito la questione nel libro Picasso. Una vita da straniero, edito in Italia da Marsilio. Con prestiti da importanti collezioni come quella del Musée National Picasso di Parigi e la collaborazione della famiglia del maestro, le due mostre esploreranno l’esperienza di Picasso seguendo traiettorie diverse e complementari. Proprio per questo, grazie alla collaborazione tra Palazzo Te e Palazzo Reale, con il biglietto di ingresso a una esposizione i visitatori potranno accedere all’altra ad un prezzo ridotto.
A Mantova dal prossimo 5 settembre, Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza racconta come nei primi anni a Parigi l’artista sia stato accolto da un gruppo di poeti bohémien, trovando nella poesia e nelle relazioni i mezzi per superare gli ostacoli legati alla sua condizione di straniero. Picasso sceglie la metamorfosi come strategia per navigare tra le tensioni della società francese, diventando - a livello estetico, personale e professionale - un artista camaleontico che pochissimi critici riescono a decifrare. Come sappiamo, a Palazzo Te metamorfosi e poesia sono di casa: molti dei monumentali affreschi dipinti da Giulio Romano per i Gonzaga sono infatti ispirati alle Metamorfosi di Ovidio. Le 50 opere in mostra - disegni, dipinti, sculture e rari documenti - dialogheranno perciò con lo spettacolare apparato decorativo dell’edificio mantovano, rivelando assonanze inaspettate. “Il rapporto tra Giulio Romano, Palazzo Te e l’arte di Picasso passa dal lavoro sulle Metamorfosi di Ovidio che l’artista spagnolo esegue su richiesta di Albert Skira nel 1931”, racconta il direttore di Palazzo Te Stefano Baia Curioni: “Ma le domande e i misteri sollevati dal lavoro di Picasso e Giulio Romano vanno oltre le affinità tematiche: entrambi gli artisti sono ‘amici’ del cambiamento e leggono la metamorfosi come tema dominante. Entrambi estraggono dalla letteratura e dalla poesia alimento e salvezza, insieme suggeriscono un modo di partecipare all’arte e alla vita”.
Giulio Romano, Gigantomachia. Palazzo Te, Mantova I Courtesy Palazzo Te
Dal 20 settembre il percorso proseguirà a Milano nella sede di Palazzo Reale, con la mostra Picasso lo straniero, dove Cohen-Solal sarà affiancata nella curatela da Cécile Debray, presidente del Musée National Picasso Paris, con la collaborazione di Sébastien Delot, direttore delle collezioni del museo parigino. Qui vedremo più di 80 opere di Picasso, accanto a documenti, fotografie, lettere e video scelti per ricostruire la traiettoria estetica e politica dell’artista e comprendere come la condizione di immigrato ne abbia plasmato l’identità. “La scoperta della precarietà nascosta dell'artista e degli ostacoli lungo il suo percorso”, si chiede Cohen-Solal, “non ci restituisce un'immagine brutale e poco conosciuta della xenofobia comune, del nostro contemporaneo, e di noi stessi? Queste due mostre complementari diventano anche una radioscopia della Francia, con i sogni che ispira, le sconfitte che impone e i demoni che la affliggono. In tempi caotici come oggi, Picasso diventa un nostro contemporaneo: il suo esempio è una lezione d’ottimismo, un modello da seguire, una spinta all'impegno politico e alla pratica artistica”.
Pablo Picasso, La lecture de la lettre, 1921, Olio su tela, 184 × 105 cm, Musée national Picasso-Paris | © Succession Picasso – Gestion droits d’auteur by SIAE 2023 | Foto: © RMN-Grand Palais / Mathieu Rabeau
Leggi anche:
• Tra Picasso e Giulio Romano, le Metamorfosi di Palazzo Te
• Picasso, lo straniero. Anticipazioni dalla grande mostra milanese
Su Picasso è stato già detto tutto, o quasi. Molti di noi non sanno, però, che a Parigi il grande artista spagnolo portò per decenni lo stigma di “straniero”: un individuo da tenere d’occhio secondo la solerte Police des étrangers, che lo schedò con il numero 74.664 - se non altro, era in buona compagnia - bollandolo come “anarchico” e “artista d’avanguardia” (!). Ma non finisce qui. Più volte lo Stato francese rifiutò a Picasso la cittadinanza, per poi offrirgliela su un piatto d’argento quando era ormai all’apice della fama. A quel punto il maestro declinò l’offerta restando straniero per sempre, a dispetto dei 60 anni trascorsi in Francia.
La diffidenza delle istituzioni artistiche fu forse ancora peggiore. Nel 1947 Picasso domina la scena internazionale da oltre 30 anni, ma solo un paio di suoi dipinti figurano nelle collezioni dei musei francesi. Uno dei due è una donazione.
Nel ‘55 l’artista lascerà definitivamente Parigi per vivere in Costa Azzurra, “tra ceramisti, fotografi, scultori e litografi, di fronte al Mediterraneo, in un’area di culture multiple alla quale era sempre appartenuto”, racconta Cohen-Solal. Picasso “sceglie la regione rispetto alla capitale, gli artigiani rispetto agli accademici, la provincia rispetto all’establishment parigino, e gestisce felicemente la sua fama ormai mondiale”.
Giulio Romano e allievi, Camera di Amore e Psiche, 1527, olio su intonaco su supporto ligneo. Mantova, Palazzo Te I Ph. Gianmaria Pontiroli
Qual è stato l’impatto della condizione di “straniero” sull’opera di Picasso? Come ha reagito l’artista all’ostilità del paese in cui viveva? Che cosa può insegnarci questa storia, ancora di notevole attualità? Parte di qui il viaggio di Cohen-Solal, che ha approfondito la questione nel libro Picasso. Una vita da straniero, edito in Italia da Marsilio. Con prestiti da importanti collezioni come quella del Musée National Picasso di Parigi e la collaborazione della famiglia del maestro, le due mostre esploreranno l’esperienza di Picasso seguendo traiettorie diverse e complementari. Proprio per questo, grazie alla collaborazione tra Palazzo Te e Palazzo Reale, con il biglietto di ingresso a una esposizione i visitatori potranno accedere all’altra ad un prezzo ridotto.
A Mantova dal prossimo 5 settembre, Picasso a Palazzo Te. Poesia e Salvezza racconta come nei primi anni a Parigi l’artista sia stato accolto da un gruppo di poeti bohémien, trovando nella poesia e nelle relazioni i mezzi per superare gli ostacoli legati alla sua condizione di straniero. Picasso sceglie la metamorfosi come strategia per navigare tra le tensioni della società francese, diventando - a livello estetico, personale e professionale - un artista camaleontico che pochissimi critici riescono a decifrare. Come sappiamo, a Palazzo Te metamorfosi e poesia sono di casa: molti dei monumentali affreschi dipinti da Giulio Romano per i Gonzaga sono infatti ispirati alle Metamorfosi di Ovidio. Le 50 opere in mostra - disegni, dipinti, sculture e rari documenti - dialogheranno perciò con lo spettacolare apparato decorativo dell’edificio mantovano, rivelando assonanze inaspettate. “Il rapporto tra Giulio Romano, Palazzo Te e l’arte di Picasso passa dal lavoro sulle Metamorfosi di Ovidio che l’artista spagnolo esegue su richiesta di Albert Skira nel 1931”, racconta il direttore di Palazzo Te Stefano Baia Curioni: “Ma le domande e i misteri sollevati dal lavoro di Picasso e Giulio Romano vanno oltre le affinità tematiche: entrambi gli artisti sono ‘amici’ del cambiamento e leggono la metamorfosi come tema dominante. Entrambi estraggono dalla letteratura e dalla poesia alimento e salvezza, insieme suggeriscono un modo di partecipare all’arte e alla vita”.
Giulio Romano, Gigantomachia. Palazzo Te, Mantova I Courtesy Palazzo Te
Dal 20 settembre il percorso proseguirà a Milano nella sede di Palazzo Reale, con la mostra Picasso lo straniero, dove Cohen-Solal sarà affiancata nella curatela da Cécile Debray, presidente del Musée National Picasso Paris, con la collaborazione di Sébastien Delot, direttore delle collezioni del museo parigino. Qui vedremo più di 80 opere di Picasso, accanto a documenti, fotografie, lettere e video scelti per ricostruire la traiettoria estetica e politica dell’artista e comprendere come la condizione di immigrato ne abbia plasmato l’identità. “La scoperta della precarietà nascosta dell'artista e degli ostacoli lungo il suo percorso”, si chiede Cohen-Solal, “non ci restituisce un'immagine brutale e poco conosciuta della xenofobia comune, del nostro contemporaneo, e di noi stessi? Queste due mostre complementari diventano anche una radioscopia della Francia, con i sogni che ispira, le sconfitte che impone e i demoni che la affliggono. In tempi caotici come oggi, Picasso diventa un nostro contemporaneo: il suo esempio è una lezione d’ottimismo, un modello da seguire, una spinta all'impegno politico e alla pratica artistica”.
Pablo Picasso, La lecture de la lettre, 1921, Olio su tela, 184 × 105 cm, Musée national Picasso-Paris | © Succession Picasso – Gestion droits d’auteur by SIAE 2023 | Foto: © RMN-Grand Palais / Mathieu Rabeau
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