Film in concorso a Berlino e al cinema in Italia dal 4 marzo
Volevo nascondermi, favola amara su Antonio Ligabue - la nostra recensione
Elio Germano interpreta Antonio Ligabue nel film Volevo nascondermi diretto da Giorgio Dritti | Foto: © Chico De Luigi
La redazione
22/02/2020
«Siamo tutti animali. Tutti». Era così che Antonio Ligabue (1899-1965) si avvicinava alla natura, con compassione. Le bestie erano per lui una forma di evasione personalissima. Le osservava, le sentiva, le annusava e le ricreava sulla tela con una potenza senza eguali. Oggi Giorgio Diritti rilegge la sua storia e la sua vita in Volevo nascondermi, film prodotto da Palomar con Rai Cinema, in concorso al 70° Internationale Filmfestspiele Berlin e a breve nelle sale italiane con 01 Distribution a partire da mercoledì 4 marzo 2020.
Elio Germano interpreta magistralmente Toni (questo il nomignolo dell’artista), calandosi in un fisico deforme e dentro un’anima combattuta. Nato a Zurigo da un’emigrata italiana e poi respinto dalla Svizzera all’Italia, il pittore ha trascorso anni come eremita sul Po e ha sperimentato più volte il manicomio. Vittima di una mente irrequieta oltre che di un corpo malconcio, ha trovato una fuga dall’emarginazione grazie all’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati e con la comunità del paese di Gualtieri, in Emilia Romagna, che ha segnato l’inizio di un riscatto in cui l’arte è diventata l’impalcatura della sua nuova identità e del suo legame con il mondo.
Il regista, allievo di Ermanno Olmi e già autore de Il vento fa il suo giro e Un giorno devi andare, è affascinato dall’istinto primordiale verso la pittura di Ligabue, dalla sua pulsione verso i colori a olio che odora, dalla tela bianca sulla quale vede materializzarsi la forza di una natura dirompente, che sia essa simboleggiata da una gallina, un cane, un gatto o una belva feroce poco importa. «Si è avvicinato alla pittura sprovvisto di ogni tecnica pittorica, senza conoscere Van Gogh e i Fauves a cui le sue opere sembrano relazionarsi», commenta Diritti nelle sue note di regia. «Come per ogni uomo nella vita, è capitato anche a Toni di sentirsi inadeguato, sbagliato, sconfitto. E il primo istinto anche per lui in quei momenti è stato il desiderio di nascondersi, di uscire dal mondo».
L’isolamento ha permesso a Ligabue di mettersi al pari della natura e trasformarla in un mondo popolato di tigri, leoni e gorilla pur guardando le stesse rive del Po per tutta la vita. Ma non gli è bastato. E così Giorgio Diritti ed Elio Germano intercettano il suo bisogno di amore, di una carezza ricevuta da una donna più anziana che cerca di guarirlo dall’autolesionismo con pietas umana, di una girandola di risate dei bambini di paese, di una bocca di ragazza da baciare o di una moto rossa fiammante con cui scorrazzare per le campagne.
Elio Germano è Antonio Ligabue nel film Volevo nascondermi | Foto: © Chico De Luigi
La storia, scritta dal regista con Tania Pedroni e la collaborazione di Fredo Valla, arriva sugli schermi a pochi giorni dalla morte di Flavio Bucci, altro grande interprete del pittore in uno sceneggiato Rai degli anni ‘70. Lo sviluppo narrativo supera la biografia per seguire lo stato d’animo di Antonio Ligabue che sapeva di avere un dono. E che nel film di sé dice: «Sono brutto, lo so, ma sono un artista!».
Leggi anche:
• Il Ligabue di Elio Germano vince alla Berlinale
• Volevo nascondermi. In arrivo al cinema il film su Ligabue
Elio Germano interpreta magistralmente Toni (questo il nomignolo dell’artista), calandosi in un fisico deforme e dentro un’anima combattuta. Nato a Zurigo da un’emigrata italiana e poi respinto dalla Svizzera all’Italia, il pittore ha trascorso anni come eremita sul Po e ha sperimentato più volte il manicomio. Vittima di una mente irrequieta oltre che di un corpo malconcio, ha trovato una fuga dall’emarginazione grazie all’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati e con la comunità del paese di Gualtieri, in Emilia Romagna, che ha segnato l’inizio di un riscatto in cui l’arte è diventata l’impalcatura della sua nuova identità e del suo legame con il mondo.
Il regista, allievo di Ermanno Olmi e già autore de Il vento fa il suo giro e Un giorno devi andare, è affascinato dall’istinto primordiale verso la pittura di Ligabue, dalla sua pulsione verso i colori a olio che odora, dalla tela bianca sulla quale vede materializzarsi la forza di una natura dirompente, che sia essa simboleggiata da una gallina, un cane, un gatto o una belva feroce poco importa. «Si è avvicinato alla pittura sprovvisto di ogni tecnica pittorica, senza conoscere Van Gogh e i Fauves a cui le sue opere sembrano relazionarsi», commenta Diritti nelle sue note di regia. «Come per ogni uomo nella vita, è capitato anche a Toni di sentirsi inadeguato, sbagliato, sconfitto. E il primo istinto anche per lui in quei momenti è stato il desiderio di nascondersi, di uscire dal mondo».
L’isolamento ha permesso a Ligabue di mettersi al pari della natura e trasformarla in un mondo popolato di tigri, leoni e gorilla pur guardando le stesse rive del Po per tutta la vita. Ma non gli è bastato. E così Giorgio Diritti ed Elio Germano intercettano il suo bisogno di amore, di una carezza ricevuta da una donna più anziana che cerca di guarirlo dall’autolesionismo con pietas umana, di una girandola di risate dei bambini di paese, di una bocca di ragazza da baciare o di una moto rossa fiammante con cui scorrazzare per le campagne.
Elio Germano è Antonio Ligabue nel film Volevo nascondermi | Foto: © Chico De Luigi
La storia, scritta dal regista con Tania Pedroni e la collaborazione di Fredo Valla, arriva sugli schermi a pochi giorni dalla morte di Flavio Bucci, altro grande interprete del pittore in uno sceneggiato Rai degli anni ‘70. Lo sviluppo narrativo supera la biografia per seguire lo stato d’animo di Antonio Ligabue che sapeva di avere un dono. E che nel film di sé dice: «Sono brutto, lo so, ma sono un artista!».
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