In mostra fino al 27 febbraio alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia

Velázquez sotto le lente. Tutti i segreti del Pranzo, per la prima volta in Italia

Diego Velázquez, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021
 

Samantha De Martin

17/12/2021

Stretti intorno al tavolo di una taverna - una sorta di anticamera della rivendita del vino - tre bizzarre figure condividono un pasto poverissimo.
La tovaglia bianca che ricopre il tavolo crea uno schermo luminoso che accende i volti dei protagonisti facendo da contrasto all’oscurità tutt’intorno.
Lo spettatore è invitato a entrare nella scena unendosi ai tre. Il più vecchio, sulla sinistra, con una sorta di radice tra le mani, fissa il vuoto. Accanto a lui, il più giovane punta gli occhi verso lo spettatore, brandendo una bottiglia di vino bianco mentre un ghigno gli attraversa il viso. Il giovane alla sua destra, rivolto nella stessa direzione, alza un pollice con un’aria po’ sciocca. Il suo gesto sembra chiamare in causa una formula tipica del teatro comico, ossia “mostro colui che sta al mio fianco”, a indicare il bambino accanto che è del tutto ignaro dell’atteggiamento del giovane vestito di giallo intento a beffarsi di lui con la complicità dello spettatore.
Attribuito nel 1773 a un anonimo artista di scuola fiamminga e restituito a Velázquez nel 1895 da Wilhelm von Bode, Il Pranzo appartiene al genere delle bodegónes, sviluppatosi in pittura a partire dall’inizio del XVII secolo a definire le anticamere delle rivendite di vino, dove coloro che non possedevano una cucina potevano trovare un pasto frugale.


Velázquez per Ceruti, Allestimento della mostra alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia | Foto: © adicorbetta

L’opera, per la prima volta in Italia, sarà a Brescia fino al 27 febbraio in occasione della mostra Velázquez per Ceruti a cura di Guillaume Kientz, direttore di Hispanic Society Museum & Library di New York, già responsabile delle collezioni di arte e scultura spagnola, portoghese e latino-americana al Museo del Louvre di Parigi.
Il progetto vuole essere un’anteprima della grande mostra che la Fondazione Brescia Musei dedicherà a Giacomo Ceruti nel 2023, a sottolineare la qualità del Pitocchetto, altissimo interprete della pittura di realtà, all’interno della pittura europea.

“L’olio su tela - scrive Kientz nella scheda dell’opera - è generalmente considerato una delle prime opere del maestro, eseguita dopo la composizione dei Tre musicisti (Berlino, Gemäldegalerie) ma prima della Vecchia che frigge le uova (Edimburgo, National Gallery of Scotland), datata 1618”.


Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021

Velázquez e la piramide
Il pittore racchiude l’intera scena all’interno di una rigorosa piramide, il cui vertice è rappresentato dal cappello e da un collare appesi al muro a comporre il vertice di un triangolo, mentre la parte anteriore del tavolo ne costituisce la base. Il bianco ripetuto dei colletti enfatizza questa costruzione. Le braccia destre dei due uomini più giovani sembrano riflettersi l’una all’altra, mentre il coltello in primo piano richiama l’inclinazione della figura dell’uomo con la barba.

Perché la figura vicina allo spettatore è vestita di giallo?
La figura più vicina allo spettatore è vestita di un giallo ocra zafferano, dettaglio che rende la sua sagoma più luminosa. A questa Velázquez affida il compito di accrescere il rilievo, la forza plastica e la profondità della composizione.


Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021

Il Pranzo e la Cena in Emmaus
“Alfonso Emilio Pérez Sánchez - spiega Guillaume Kientz - vide nella formula la possibile influenza della Cena in Emmaus incisa da Johannes Sadeler I a partire dalla composizione di Pietro Candido. È probabile che, sia tematicamente che formalmente, queste scene di taverna si riferiscano alla locanda nella quale i due discepoli riconobbero Cristo.
Raccontando questo miracolo, la Chiesa ha voluto significare la presenza del Salvatore tra gli umili. D’altro canto, nei suoi Diálogos del nobilisimo arte de la Pintura, Jusepe Martínez paragona la Cena in Emmaus a un bodegón. L’atteggiamento grottesco dei personaggi, uno rugoso, con gli occhi persi nel vuoto, l’altro sgradevole e ghignante, il terzo sciocco e beffardo, è però l’antitesi della sacra umiltà del racconto biblico. Le figure sono piuttosto un “anti-Emmaus”, una condanna morale non della povertà, ma delle degenerazioni che essa può causare. In questo contesto, le tre età rappresentate potrebbero suonare come un avvertimento contro la perdizione: il ragazzo che regge il vino è in procinto di imboccare una cattiva strada, presto seduto alla tavola del vizio (le melagrane sul tavolo potrebbero rappresentare un simbolo sessuale) e ridotto qualche anno dopo alla pietosa condizione di un mangiatore di ravanelli”.

A chi era rivolta l’opera?
Secondo Guillaume Kientz, curatore dell’inedito confronto tra Velázquez e Ceruti, ospitato a Brescia dalla Pinacoteca Tosio Martinengo, questa pintura de risa (pittura ridicola) non era destinata agli emarginati ritratti al centro della tela, ma doveva servire da monito alle classi agiate. Il Pranzo rappresenta anche anche una controparte pittorica del romanzo picaresco, un genere letterario nato nella Spagna del XVI e XVII secolo e che si focalizza sulle avventure burlesche dei vagabondi.


Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021

Qual è il significato della spada nel muro?
La presenza, nel riquadro in alto a destra, nel dipinto dell’Ermitage di una spada sul muro, un’insegna aristocratica, potrebbe anche essere un richiamo alla condizione dei poveri hidalgos. Questi nobili squattrinati si rifiutavano di lavorare pena il diventare plebei, e quindi costituire un riferimento al componimento poetico Il cavaliere alla locanda di Francisco de Quevedo.

Il Pranzo e le cinque copie 
Del Pranzo di Velázquez si contano cinque prime copie non autografe che si sommano a un certo numero di varianti. La migliore tra quelle sopravvissute è conservata nel museo di Budapest. A fare tuttavia la differenza, rispetto alla composizione di San Pietroburgo, è il ragazzo con la bottiglia, sostituito da una ragazza che mesce il vino. In più il vecchio con la barba e il giovane adottano posizioni leggermente diverse da quelle nel quadro russo. Il secondo è rigorosamente di profilo, in una formula che replica quella di un’altra opera di Velázquez all’Ermitage. Il suo aspetto finito, lontano dall’immediatezza abituale dello schizzo, ci invita a vederlo, più che come uno studio, come un prototipo destinato alla bottega, che permette a chi vi lavora di replicare e incrociare le invenzioni del maestro. Questa impressione scaturisce dalla molteplicità delle varianti esistenti. Una Testa di giovane donna nel museo Lázaro Galdiano di Madrid potrebbe aver avuto la stessa funzione. La sua fisionomia è vicina a quella della Santa Rufina di Pacheco (collezione privata), o della cuoca di Cristo in casa di Marta e Maria (Londra, National Gallery).


Diego Velázquez, Il pranzo degli agricoltori, 1618, Olio su tela, 112 x 96 cm, Budapest, Museo di belle arti

Da Velázquez a Ceruti
Il successo delle invenzioni di Velázquez risponde anche a una crescente domanda di figure “picaresche”, in Spagna come in tutta Europa. Una generazione più tardi e in un contesto di crisi sociale e di riforma degli ordini mendicanti, sarà Murillo, a Siviglia, a moltiplicare le scene di strada e le rappresentazioni dei poveri, aggiungendo alla tradizione spagnola sublimata da Velázquez i contributi dell'Italia settentrionale e delle Fiandre. E da Velázquez prenderà le mosse, un secolo più tardi, Giacomo Ceruti, altissimo interprete della pittura di realtà, con i suoi quadri che accolgono la vita degli umili e la predilezione per le scene di vita popolare, che gli valse nel Novecento il soprannome di Pitocchetto.
Nel XVIII secolo, tra Italia e Spagna, la ricerca di Giacomo Ceruti troverà a sua volta un’eco nel genovese Francesco Sasso, attivo alla corte di Madrid, dove si costruì una reputazione nell’ambito della pittura “pauperista” alla quale, al pari di Ceruti, aggiunse una nota decorativa e affascinante in linea con lo spirito del tempo.


Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Due pitocchi, 1730-1734 circa, Olio su tela, 173 x 135 cm | Courtesy Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia


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