Michelangelo e Pontormo: modelli illustri

Venere e Amore
 

27/03/2001

Michele Tosini, noto col nome di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio (1503-1577), artista che solo recentemente ha acquisito un ruolo definito nel panorama del manierismo fiorentino, fu collaboratore, figlio adottivo ed erede della bottega del fiorentino Ridolfo del Ghirlandaio. Partecipò alla fondazione dell’Accademia fiorentina del Disegno. Nella sua produzione giovanile Michele aderì alla corrente classica fiorentina (Fra’ Bartolomeo e Andrea del Sarto), in seguito fu notevolmente ispirato dall’arte di Francesco Salviati, dal quale mutuò le cadenze morbide e l’uso dei colori chiari. Nella sua felicissima carriera di ritrattista si ispirò ai soggetti del Pontormo, del Salviati e del Bronzino. Fra il 1560 e il 1570 lavorò come aiuto del Vasari nella decorazione di Palazzo Vecchio. La tavola di “Venere e Amore” fu realizzata in quell’epoca, forse attorno al 1555, anno in cui viene datato un altro famoso dipinto “Venere, Cupido e un Satiro” del Bronzino, sempre conservato nella Galleria Colonna. I due quadri furono commissionati da Alamanno Salviati. La ripresa del soggetto della Venere si collega alla notevole fortuna che ebbe il cartone con Venere e Amore eseguito da Michelangelo nel 1532-33 per l’amico Bartolomeo Bettini. Uno schizzo di Michelangelo conservato nel British Museum traccia una prima idea della composizione. Si nota infatti una poderosa figura sdraiata in obliquo dai caratteri quasi maschili, una consuetudine del Buonarroti quella di ricavare le figure femminili da disegni di modelli maschili. Secondo Vasari lo stesso Michelangelo si sarebbe rivolto al Pontormo per tradurre il disegno in un dipinto destinato sempre a Bartolomeo Bettini. Il duca Alessandro de’ Medici, colpito dalla bellezza del quadro del Pontormo lo volle per sé. Il quadro entrato nella collezione medicea ebbe un destino di grande successo. Il tema della dea fu ripreso e disegnato in una gran quantità di copie e rielaborazioni che hanno dato adito a controversie circa la paternità pontormesca. Michele di Ridolfo del Ghirlandaio riprese la Venere come modello ideale nel suo tirocinio manierista, e il soggetto, seduttivo ma moralmente deprecabile, si rivelò molto adatto per rendere l’opera gradita ai committenti e collezionisti.