Linea, colore e luce: di Giacomo Balla
23/05/2001
Faro della pittura italiana del nostro secolo, Giacomo Balla può essere considerato il primo punto di riferimento per alcuni dei membri del Movimento futurista; all’inizio del novecento il suo studio è frequentato da Boccioni e Severini, ai quali trasmette le nozioni delle pittura divisionista acquisita durante un soggiorno a Parigi nel 1900.
La tecnica del colore puro dato a piccoli tocchi, o per piccoli punti, evidenzia la sapiente resa della luce nelle prime opere del pittore, contrassegnate anche dalla scelta di temi desunti dalle tante realtà che le nuove metropoli andavano proponendo, come ad esempio le masse operaie o gli alienati relegati ai margini della società (La giornata dell’operaio 1904; La pazza 1905).
Nel 1909 realizza La lampada ad arco, un’opera che, insieme alla contemporanea adesione al Manifesto redatto da Marinetti, inaugura formalmente la stagione futurista del pittore.
I miti della velocità e del movimento, principi cardine dell’estetica futurista, trovano, in quadri come Bambina che corre sul balcone o Dinamismo di un cane al guinzaglio, l’espressione più ortodossa che l’avanguardia italiana andava proponendo in quegli anni; a tutto ciò giovarono anche gli studi attenti che Balla rivolse alle sperimentazioni delle sequenze cronografiche e fotodinamiche, le quali sezionavano il movimento di un oggetto in un’analitica scansione delle stesse fasi che lo componevano.
La velocità simboleggia, per il pittore, anche l’effetto primario e più immediato della tecnologia e del progresso che avanzano: automobile, treno, aereo e mille altre innovazioni rappresentano il risvolto più positivo che la nuova umanità oppone alla vecchia e ormai sterile cultura del passato; il mondo va verso il futuro e non si deve più arrestarlo.
Con il Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo, firmato assieme a Depero nel 1915, Balla inizia un periodo di ricerche sull’arte plastica, realizzata con diversi materiali (Velocità+Paesaggio) e ripresa in seguito dal movimento dadaista e da alcune scuole di design in Europa. La scultura, come anche la pittura, rappresenta in questi anni la volontà dell’artista di sintetizzare il movimento in scattanti linee-forza, prive di riferimenti reali e proprio per questo efficaci simboli di forze astratte che governano l’intero universo (Canto patriottico in piazza di Siena).
Gli anni del primo dopoguerra portano l’artista a cimentarsi in diversi campi quali il cinema, gli elementi di arredo ed altro ancora, senza arrestare però la sua produzione pittorica, che a partire dal 1930 ritorna a prendere in considerazione i temi figurativi degli anni che precedettero il Futurismo; paesaggi, città, ritratti, ritrovano i loro connotati reali conservando ancora quella adesione al dinamismo del colore e delle linee che negli anni passati aveva fatto di Balla uno fra i pochi aggiornati esponenti dell’avanguardia italiana. Solo recentemente l’artista ha visto celebrare degnamente il suo talento di sperimentatore ed innovatore anche grazie alle retrospettive che gli sono state dedicate negli Stati Uniti ed in Europa; sentiamo di sostenere che questo ancora non può colmare le lacune scientifiche riguardo all’universo moderno che Balla ci ha offerto.
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