I programmi da non perdere
La settimana dell’arte in tv, da Dürer a Van Gogh
Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello di feltro grigio, 1887 | Courtesy of Munchmuseet, Oslo
Francesca Grego
14/10/2024
Il genio visionario di Arcimboldo apre la settimana su Rai 5
Un pittore moderno, già nel Cinquecento: stiamo parlando di Giuseppe Arcimboldo, protagonista di un appuntamento da non perdere su Rai 5. Caduto nell’oblio poco dopo la morte, Arcimboldo fu riscoperto quasi per caso negli anni Venti del Novecento dai surrealisti, che videro in lui un precursore dell’arte moderna. Da quel momento in poi, il suo lavoro influenzerà artisti delle estrazioni più disparate.
Le sue “teste composte” sono tra le opere più celebri del Rinascimento, ma che cosa sappiamo davvero di questo artista ritenuto da molti rivoluzionario? Che cosa ha inventato Arcimboldo? Quale la sua eredità nel lavoro dei surrealisti e delle generazioni successive? In costante metamorfosi, profondamente originale, a volte inquietante o sovversiva, la sua arte ha disorientato i contemporanei e continua ad affascinare chiunque la osservi. Lo scopriremo martedì 15 ottobre alle 19.25 nel documentario di Benoit Felici Arcimboldo. Ritratto di un artista coraggioso, realizzato con la collaborazione del Musée Pompidou Metz e i contributi di noti artisti contemporanei.
Giuseppe Arcimboldo, L'imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno (Particolare), 1590 circa, Olio su tela, 58 x 70 cm, Skoklosters slott, Stoccolma
Il mistero degli autoritratti, un viaggio nell’arte di Albrecht Dürer
Eclettico e geniale come Picasso. Eccentrico come Salvador Dalì. Istrionico come Andy Warhol. Intraprendente come Jeff Koons. Cinque secoli prima di tutti loro, Albrecht Dürer ha interpretato i diversi ruoli dell’artista moderno, mettendosi al centro della scena attraverso una serie eccezionale di autoritratti. Parte da qui il documentario Albrecht Dürer, il mistero degli autoritratti, dedicato da Frédéric Ramade al maestro del Rinascimento nordico.
In onda mercoledì 16 alle 19.35, il racconto di Ramade indaga su un apparente mistero: come ha fatto il figlio di un orafo di Norimberga a diventare il maestro indiscusso della pittura tedesca? Le sue capacità sono evidenti già a tredici anni quando realizza il primo autoritratto, correggendo con innata abilità la distorsione indotta dagli specchi di allora, leggermente convessi. Lavora a punta d'argento, una tecnica da virtuosi che presuppone l'attesa che l'argento si ossidi perché le linee diventino un disegno, e non ammette pentimenti. Fin da allora il destino Dürer sembra segnato. Si indirizza verso l'incisione, una tecnica inventata appena cinquant'anni prima, che permette di riprodurre facilmente le opere e farle viaggiare. In questo modo i suoi capolavori attraverseranno l’Europa appena uscita dal Medioevo tra epidemie, turbolenze politiche e cambiamenti religiosi.
Dai Musei di Norimberga all'Albertina di Vienna, dall'Alte Pinakothek di Monaco all'Università di Zurigo, nel documentario eminenti specialisti di Dürer commentano con passione un’opera capace di affascinarci con la sua strana bellezza, oggi come allora.
Albrecht Dürer, il mistero degli autoritratti, un documentario di Frederic Ramade in onda questa settimana su Rai 5
Cancellare per rinascere: ad Art Night l’arte di Emilio Isgrò
Cancellare per rileggere, per riscrivere, per dare nuova vita alle parole: è la missione di Emilio Isgrò, artista concettuale e pittore, ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista, che avremo l’occasione di conoscere meglio mercoledì 16 ottobre alle 21.15 su Rai 5 nel documentario Emilio Isgrò. Come cancellare l’inutile.
Siciliano di nascita e milanese d’adozione, Isgrò è noto in tutto il mondo per le sue “cancellature”. Per lui sottrarre è aggiungere valore: in un mondo votato alla produzione incontrollata, alla globalizzazione della crescita senza fine, cancellare le parole vuol dire recuperarle e preservarle dall’usura. Non una banale negazione, ma l'affermazione di nuovi significati, ovvero la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo. Così Isgrò cancella per esempio le leggi razziali: “È ebreo colui che è nato da madre ebrea” diventa “È ebreo colui che è”, riuscendo a svelare nell’orrore di quelle pagine le parole pronunciate da Dio sul Sinai. Nella prossima puntata di Art Night il documentario di Guido Talarico propone un dialogo franco, generoso, profondo tra l’artista e il regista attraverso un viaggio nei suoi luoghi più cari - lo studio, l’archivio, il museo privato, la casa - ripercorrendo un secolo di storia italiana.
Emilio Isgrò, I promessi sposi non erano due, 1967 (part.)
Una per tutte. La Venere di Milo si racconta in un doc
Il suo profilo inconfondibile può essere tracciato con pochi segni di matita: due metri di marmo bianco che hanno eccitato la fantasia di innumerevoli artisti. Ma come mai la Venere di Milo è diventata un’icona universale? Lo scopriremo giovedì 17 ottobre alle 19.29 su Rai 5. Riprodotta, copiata, distorta, contraffatta, la statua resta uno degli enigmi più intriganti del mondo dell'arte. La Venere di Milo è una stella del Louvre, dove ogni anno milioni di visitatori le rendono omaggio. Simbolo di sensualità, incarnazione dei canoni della bellezza classica, questo incredibile reperto è ancora straordinariamente attuale, mentre molti misteri circondano la sua storia.
Nel documentario La Venere di Milo la regista Natacha Giler la racconta attraverso gli occhi degli ammiratori, le parole degli esperti, i progetti degli artisti e le rivendicazioni femministe, da Auguste Rodin a Jim Dine, da Salvador Dalì a Beyoncé, da Buster Keaton a Brigitte Bardot. Il film ripercorre la storia della Venere fin dal suo ritrovamento in Grecia nel 1820: sebbene porti il nome della sua isola di origine, è a Parigi che diventerà una diva. L'arrivo al Louvre nel 1821 suscita scalpore. Perfetta ma conturbante per la sua misteriosa mutilazione, questa straordinaria scultura ispirerà i movimenti artistici più disparati - dal Romanticismo al Surrealismo, fino alla Pop Art e al postmoderno - assumendo nel tempo valori e significati sempre diversi.
Venere di Milo, Parigi, Louvre | Foto: Shawn Lipowski (Shawnlipowski), Distracting background masked out and levels adjusted, Fuji F11 Camera at ISO 1600, 15 July 2006, via Wikimedia Creative Commons
Come in un giallo, le rivelazioni dell’ultimo Van Gogh
Per oltre 130 anni, il quadro Radici d'albero ha suscitato domande su possibili simboli nascosti, su dove e in quali circostanze Van Gogh lo abbia dipinto. Nell’estate del 2020 uno dei migliori specialisti del pittore, il franco-olandese Wouter van der Veen, ritrova fortunosamente il paesaggio che ispirò la tela, realizzata probabilmente proprio nel giorno del suicidio dell'artista. Una storia da scoprire venerdì 18 ottobre alle 18.55 su Rai 5 nel documentario Il mistero dell'ultimo Van Gogh. Diretto da Mathilde Deschamps Lotthe e prodotto da Arte France con Christie Molia, il film è un’indagine avvincente fatta di piccoli indizi e grandi coincidenze, con la partecipazione dei massimi esperti di uno dei pittori più studiati eppure più enigmatici della storia.
Punto di partenza, una scoperta casuale: “Stavo archiviando una vecchia cartolina”, racconta van der Veen, “quando il mio sguardo è stato attratto da un dettaglio che ritrae esattamente gli stessi tronchi e le stesse radici rappresentate nel quadro". La cartolina di inizio Novecento mostra un paesaggio di Auvers-sur-Oise, a pochi passi dalla pensione in cui Van Gogh trascorse le sue ultime settimane. "Van Gogh non dipingeva mai nulla senza voler dire chiaramente qualcosa. Come in un libro aperto, qui ha quindi scritto il suo ultimo messaggio", argomenta ancora lo studioso. E se Radici d'albero fosse un’opera-testamento? Un dipinto atipico, quasi astratto, capace di raccontare meglio di qualsiasi narrazione le ultime ore di vita di questo artista geniale e tormentato?
Vincent Van Gogh, Radici d’albero, 1890. Olio su tela. Van Gogh Museum, Amsterdam
"Gli anni della follia": su Sky Arte un nuovo capitolo della serie sul Manierismo
Entra nel vivo la serie Sky Manierismo - L’Arte più pazza del mondo, condotta dal critico d’arte, regista e divulgatore britannico Waldemar Januszczak. Dopo il primo episodio dedicato alle origini del movimento cinquecentesco, sabato 19 ottobre a partire dalle 21.15 scopriremo l’impatto rivoluzionario della sua diffusione in Italia nella puntata Gli anni della follia. Mentre a Mantova Giulio Romano dipinge le spettacolari scene della Camera dei Giganti di Palazzo Te, nel Bosco di Bomarzo (Viterbo) un immaginifico giardino manierista prende forma come in un sogno. Per la prima volta sulla scena dell’arte occidentale, inoltre, emerge il talento femminile di pittrici come Properzia de Rossi, Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola.
Avete perso il primo capitolo della serie? Niente paura: Bye bye Rinascimento torna in tv mercoledì 16 e giovedì 17 alle 21.15 ed è visibile su NOW anche on demand.
Waldemar Januszczak In Manierismo - L'arte più pazza del mondo I Courtesy Sky Arte
Un pittore moderno, già nel Cinquecento: stiamo parlando di Giuseppe Arcimboldo, protagonista di un appuntamento da non perdere su Rai 5. Caduto nell’oblio poco dopo la morte, Arcimboldo fu riscoperto quasi per caso negli anni Venti del Novecento dai surrealisti, che videro in lui un precursore dell’arte moderna. Da quel momento in poi, il suo lavoro influenzerà artisti delle estrazioni più disparate.
Le sue “teste composte” sono tra le opere più celebri del Rinascimento, ma che cosa sappiamo davvero di questo artista ritenuto da molti rivoluzionario? Che cosa ha inventato Arcimboldo? Quale la sua eredità nel lavoro dei surrealisti e delle generazioni successive? In costante metamorfosi, profondamente originale, a volte inquietante o sovversiva, la sua arte ha disorientato i contemporanei e continua ad affascinare chiunque la osservi. Lo scopriremo martedì 15 ottobre alle 19.25 nel documentario di Benoit Felici Arcimboldo. Ritratto di un artista coraggioso, realizzato con la collaborazione del Musée Pompidou Metz e i contributi di noti artisti contemporanei.
Giuseppe Arcimboldo, L'imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno (Particolare), 1590 circa, Olio su tela, 58 x 70 cm, Skoklosters slott, Stoccolma
Il mistero degli autoritratti, un viaggio nell’arte di Albrecht Dürer
Eclettico e geniale come Picasso. Eccentrico come Salvador Dalì. Istrionico come Andy Warhol. Intraprendente come Jeff Koons. Cinque secoli prima di tutti loro, Albrecht Dürer ha interpretato i diversi ruoli dell’artista moderno, mettendosi al centro della scena attraverso una serie eccezionale di autoritratti. Parte da qui il documentario Albrecht Dürer, il mistero degli autoritratti, dedicato da Frédéric Ramade al maestro del Rinascimento nordico.
In onda mercoledì 16 alle 19.35, il racconto di Ramade indaga su un apparente mistero: come ha fatto il figlio di un orafo di Norimberga a diventare il maestro indiscusso della pittura tedesca? Le sue capacità sono evidenti già a tredici anni quando realizza il primo autoritratto, correggendo con innata abilità la distorsione indotta dagli specchi di allora, leggermente convessi. Lavora a punta d'argento, una tecnica da virtuosi che presuppone l'attesa che l'argento si ossidi perché le linee diventino un disegno, e non ammette pentimenti. Fin da allora il destino Dürer sembra segnato. Si indirizza verso l'incisione, una tecnica inventata appena cinquant'anni prima, che permette di riprodurre facilmente le opere e farle viaggiare. In questo modo i suoi capolavori attraverseranno l’Europa appena uscita dal Medioevo tra epidemie, turbolenze politiche e cambiamenti religiosi.
Dai Musei di Norimberga all'Albertina di Vienna, dall'Alte Pinakothek di Monaco all'Università di Zurigo, nel documentario eminenti specialisti di Dürer commentano con passione un’opera capace di affascinarci con la sua strana bellezza, oggi come allora.
Albrecht Dürer, il mistero degli autoritratti, un documentario di Frederic Ramade in onda questa settimana su Rai 5
Cancellare per rinascere: ad Art Night l’arte di Emilio Isgrò
Cancellare per rileggere, per riscrivere, per dare nuova vita alle parole: è la missione di Emilio Isgrò, artista concettuale e pittore, ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista, che avremo l’occasione di conoscere meglio mercoledì 16 ottobre alle 21.15 su Rai 5 nel documentario Emilio Isgrò. Come cancellare l’inutile.
Siciliano di nascita e milanese d’adozione, Isgrò è noto in tutto il mondo per le sue “cancellature”. Per lui sottrarre è aggiungere valore: in un mondo votato alla produzione incontrollata, alla globalizzazione della crescita senza fine, cancellare le parole vuol dire recuperarle e preservarle dall’usura. Non una banale negazione, ma l'affermazione di nuovi significati, ovvero la trasformazione di un segno negativo in gesto positivo. Così Isgrò cancella per esempio le leggi razziali: “È ebreo colui che è nato da madre ebrea” diventa “È ebreo colui che è”, riuscendo a svelare nell’orrore di quelle pagine le parole pronunciate da Dio sul Sinai. Nella prossima puntata di Art Night il documentario di Guido Talarico propone un dialogo franco, generoso, profondo tra l’artista e il regista attraverso un viaggio nei suoi luoghi più cari - lo studio, l’archivio, il museo privato, la casa - ripercorrendo un secolo di storia italiana.
Emilio Isgrò, I promessi sposi non erano due, 1967 (part.)
Una per tutte. La Venere di Milo si racconta in un doc
Il suo profilo inconfondibile può essere tracciato con pochi segni di matita: due metri di marmo bianco che hanno eccitato la fantasia di innumerevoli artisti. Ma come mai la Venere di Milo è diventata un’icona universale? Lo scopriremo giovedì 17 ottobre alle 19.29 su Rai 5. Riprodotta, copiata, distorta, contraffatta, la statua resta uno degli enigmi più intriganti del mondo dell'arte. La Venere di Milo è una stella del Louvre, dove ogni anno milioni di visitatori le rendono omaggio. Simbolo di sensualità, incarnazione dei canoni della bellezza classica, questo incredibile reperto è ancora straordinariamente attuale, mentre molti misteri circondano la sua storia.
Nel documentario La Venere di Milo la regista Natacha Giler la racconta attraverso gli occhi degli ammiratori, le parole degli esperti, i progetti degli artisti e le rivendicazioni femministe, da Auguste Rodin a Jim Dine, da Salvador Dalì a Beyoncé, da Buster Keaton a Brigitte Bardot. Il film ripercorre la storia della Venere fin dal suo ritrovamento in Grecia nel 1820: sebbene porti il nome della sua isola di origine, è a Parigi che diventerà una diva. L'arrivo al Louvre nel 1821 suscita scalpore. Perfetta ma conturbante per la sua misteriosa mutilazione, questa straordinaria scultura ispirerà i movimenti artistici più disparati - dal Romanticismo al Surrealismo, fino alla Pop Art e al postmoderno - assumendo nel tempo valori e significati sempre diversi.
Venere di Milo, Parigi, Louvre | Foto: Shawn Lipowski (Shawnlipowski), Distracting background masked out and levels adjusted, Fuji F11 Camera at ISO 1600, 15 July 2006, via Wikimedia Creative Commons
Come in un giallo, le rivelazioni dell’ultimo Van Gogh
Per oltre 130 anni, il quadro Radici d'albero ha suscitato domande su possibili simboli nascosti, su dove e in quali circostanze Van Gogh lo abbia dipinto. Nell’estate del 2020 uno dei migliori specialisti del pittore, il franco-olandese Wouter van der Veen, ritrova fortunosamente il paesaggio che ispirò la tela, realizzata probabilmente proprio nel giorno del suicidio dell'artista. Una storia da scoprire venerdì 18 ottobre alle 18.55 su Rai 5 nel documentario Il mistero dell'ultimo Van Gogh. Diretto da Mathilde Deschamps Lotthe e prodotto da Arte France con Christie Molia, il film è un’indagine avvincente fatta di piccoli indizi e grandi coincidenze, con la partecipazione dei massimi esperti di uno dei pittori più studiati eppure più enigmatici della storia.
Punto di partenza, una scoperta casuale: “Stavo archiviando una vecchia cartolina”, racconta van der Veen, “quando il mio sguardo è stato attratto da un dettaglio che ritrae esattamente gli stessi tronchi e le stesse radici rappresentate nel quadro". La cartolina di inizio Novecento mostra un paesaggio di Auvers-sur-Oise, a pochi passi dalla pensione in cui Van Gogh trascorse le sue ultime settimane. "Van Gogh non dipingeva mai nulla senza voler dire chiaramente qualcosa. Come in un libro aperto, qui ha quindi scritto il suo ultimo messaggio", argomenta ancora lo studioso. E se Radici d'albero fosse un’opera-testamento? Un dipinto atipico, quasi astratto, capace di raccontare meglio di qualsiasi narrazione le ultime ore di vita di questo artista geniale e tormentato?
Vincent Van Gogh, Radici d’albero, 1890. Olio su tela. Van Gogh Museum, Amsterdam
"Gli anni della follia": su Sky Arte un nuovo capitolo della serie sul Manierismo
Entra nel vivo la serie Sky Manierismo - L’Arte più pazza del mondo, condotta dal critico d’arte, regista e divulgatore britannico Waldemar Januszczak. Dopo il primo episodio dedicato alle origini del movimento cinquecentesco, sabato 19 ottobre a partire dalle 21.15 scopriremo l’impatto rivoluzionario della sua diffusione in Italia nella puntata Gli anni della follia. Mentre a Mantova Giulio Romano dipinge le spettacolari scene della Camera dei Giganti di Palazzo Te, nel Bosco di Bomarzo (Viterbo) un immaginifico giardino manierista prende forma come in un sogno. Per la prima volta sulla scena dell’arte occidentale, inoltre, emerge il talento femminile di pittrici come Properzia de Rossi, Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola.
Avete perso il primo capitolo della serie? Niente paura: Bye bye Rinascimento torna in tv mercoledì 16 e giovedì 17 alle 21.15 ed è visibile su NOW anche on demand.
Waldemar Januszczak In Manierismo - L'arte più pazza del mondo I Courtesy Sky Arte
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