La forza e il dinamismo

Lisippo
 

09/02/2001

E’ forse questa la statua più conosciuta di Lisippo, nota attraverso la copia romana ritrovata nel 1849 a Roma in Vicolo delle Palme (da allora ribattezzato Vicolo dell’Atleta). L’originale bronzeo è ricordato da Plinio come il distrigens se e venne posto da Agrippa davanti alle sue terme, costruite intorno al 20 a.C. La statua rappresenta un atleta (probabilmente un lottatore, date le orecchie tumefatte) che dopo il combattimento si pulisce con un apposito strumento, lo strigile, dall’olio misto alla sabbia e al sudore. Questa copia marmorea è databile in età claudia, ed è una copia proveniente da una bottega di alto livello (da notare come non risultasse affatto strano ad un copista di epoca romana inserire in una copia di così buona qualità un puntello di così ampie dimensioni, necessario evidentemente a sostenere il braccio destro). L’importanza di quest’opera è nell’estrema arditezza con cui Lisippo affronta il problema spaziale: la figura dell’atleta, attraverso il braccio destro, entra prepotentemente nello spazio dello spettatore manifestando una volontà di espansione, di apertura della figura. Attraverso diversi espedienti comunica un senso di forte dinamismo. Se infatti si osserva bene il corpo, ci si accorge di come in tutte le sue parti compaia un certo movimento, una forza vitale, e sia completamente assente il riposo, la stasi. Il peso del corpo si va spostando, la figura sta per cambiare posizione, anche il braccio destro che, secondo il disegno “antitetico” di Lisippo, dovrebbe essere quello in riposo, sta ruotando, e la rotazione sicuramente avrebbe trovato la sua compiutezza nella torsione delle dita. La stabilità dell’immagine policletea è ormai lontana, l’istantaneità fotografica propria del Discobolo di Mirone non interessa Lisippo. Ad essere rappresentato è il momento che passa, ad essere anticipato è il momento che sta per arrivare. Il baricentro della statua scompare, la figura, come ben si può vedere da una posizione laterale, è fortemente inclinata in avanti; l’alternanza di forze compresenti sarà di insegnamento per la scultura ellenistica. Grande fu in tutti i tempi la fortuna di quest’opera; sempre Plinio ci ricorda del grande fascino esercitato dall’originale di Lisippo su Tiberio. Di lui dice che “non seppe mai dominarsi e se lo fece trasportare in camera, sostituendolo con un’altra statua; ma vi fu una tale insurrezione nel popolo romano, che in teatro a gran voce si reclamava che l’Apoxyomenos venisse restituito”. Ma anche al momento della scoperta nel vicolo di Trastevere l’entusiasmo fu tale che ne venne diffuso il calco in numerose copie in tutta Europa. Ora, nella copia romana, lo possiamo ammirare in Vaticano, nel Museo Pio Clementino, in un Gabinetto detto appunto dell’Apoxyomenos.

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