La forza della microstruttura

Studi aperti
 

14/05/2003

Massimo Bagarotto "Rocco Salvia ha introdotto l'idea della microstruttura. Da una parte il singolo, l'individuo che sta rinchiuso in se stesso e fa fatica per trovare il proprio stile e non riceve aiuto e dall'altra parte le mega-strutture che premiano sempre chi è già premiato. Studi Aperti si è inserita in un contesto che stava mutando, in un vuoto che chiede sostegno alle istituzioni, in un contesto come elemento di necessità, per ricreare possibilità a partire da quello che è il luogo tradizionale della creazione dell'opera d'arte, e cioè lo studio dell'artista." Rocco Salvia "Nel contesto della società degli anni'90 che è mutato anche l'artista è cambiato. Studi aperti qui a Roma è un primo tipo di associazione artistica che si è organizzata ed ha cominciato non interpretare il ruolo dell'artista come uno che dipinge crea ma di individuo che si fa promotore del proprio valore. La gallerie che hanno fatto questo lavoro a Roma sono molto poche, noi ci siamo mossi su un'idea un po' più ampia abbiamo cominciato a proporre e creare dei progetti e a collaborare con le istituzioni, i privati, gli sponsor eventuali e quindi ad assumere un ruolo diverso che è quello probabilmente viene richiesto dalla società attuale. E' importante che si creino strutture piccole, è importante finanziare non solo i grossi musei, ma anche le associazioni di artisti, se andiamo a vedere come sono organizzate tutte le strutture economiche vediamo che c'è la grossa azienda, ma c'è la piccola e media impresa che è stata una novità proprio dell'economia degli anni '90. Le microstrutture sono un'unica struttura socio-economica per cui oggi è possibile, lavorare, lavorare in gruppo." Le microstrutture rispondono al respiro della città… Giancarlo Savino "Nella grandi costruzioni che sono state fatte negli anni '80 si prevedeva un movimento di capitali e di investimenti che aldilà del fatto che fosse arte o fosse architettura e cioè aldilà della merce costituiva un'occasione per altro. Il mercato italiano è un mercato chiuso elitario che non pesca nelle nuove capacità, che non crede nel fare perché è abituato soprattutto all'assistenza. Assistiamo ad eventi drammatici, le gallerie italiane, non solo le romane, al 90% si sono trasformate tutte in associazioni culturali non a scopo di lucro. Anche i premi e i concorsi non favoriscono di una sorte migliore. La macchina organizzata in questo modo, gli artisti l'hanno subita per dieci, quindici anni, noi ad un tratto ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: 'ma questo è il nostro campo? è questo quello che vogliamo? sono questi i nostri obbiettivi?' …"