Il trionfo del Liberty al Chiostro del Bramante

Courtesy of© Collezione Antonio e Marina Forchino | Il Liberty in Italia
 

14/05/2001

Dopo le recenti esposizioni a Parigi (Grand Palais) e a Londra (Victoria and Albert Museum) anche a Roma trova ospitalità una retrospettiva sul fenomeno internazionalmente noto come “Art Nouveau”, nell’accezione italiana conosciuto come “Liberty”. La bella mostra organizzata al Chiostro del Bramante, curata da Fabio Benzi, propone una selezione di dipinti, sculture, progetti architettonici, arti applicate (mobili, ceramiche, vetri, illustrazioni, manifesti, tessuti, ecc.) che fanno il punto su questo stile internazionale che introdusse l’Italia Unita nel dibattito estetico europeo e modernista. Il percorso espositivo, obbligatoriamente frammentato data la struttura poco ariosa degli spazi, inizia con il proporre gli antecedenti italiani che contribuirono alla formazione dello stile, opere di Medardo Rosso, Giuseppe Boldini, Pelizza da Volpedo, Gaetano Previati, Francesco Paolo Michetti, tutti artisti variamente inseriti, negli anni Ottanta dell’Ottocento, nell’ambito divisionista e simbolista. I capolavori del trentennio 1890-1920, quelli che si possono a rigore considerare interni al gusto “modernista”, occupano le sale successive. Ecco dunque gli stupendi bronzetti e marmi di Leonardo Bistolfi (si veda nella foto la scultura in marmo Giovinezza, realizzata tra il 1899 e il 1907), i mobili di Carlo Bugatti, creazioni di un’eleganza rara, le ceramiche invetriate di Galileo Chini, forse le più straordinarie prodotte in Europa nel gusto “art nouveau”, e poi decine di manifesti e di pezzi di suppellettile domestica (bellissimo il vaso in vetro su stelo in ferro battuto di Umberto Bellotto, nella foto). La tesi sostenuta dai curatori è quella dell’esistenza di radici italiane del gusto Liberty, non secondarie rispetto a quelle provenienti dall’estero, dall’Inghilterra e dalla Francia soprattutto. Essi rintracciano nel divisionismo prima e nel simbolismo poi i due movimenti artistici che, contribuendo alla sconfitta del realismo, hanno aperto la strada all’adozione delle nuove forme fitomorfe. Il sostrato simbolista delle opere di Segantini, di Previati e di Pelizza, insieme a quello decadente e letterario delle creazioni di Sartorio (del quale è in mostra la tela Abisso verde del 1892) aprono dunque la strada al superamento del dato naturale, all’esaltazione del contenuto emozionale e spirituale dei soggetti trattati. L’Italia non fu dunque ultima tra le nazioni europee ad inserirsi nel solco del nuovo gusto, come le mostre di Parigi e di Londra sembravano affermare, ma addirittura contribuì a fondarlo. Il Liberty (uno stile, non certo un movimento omogeneo e compatto), distaccandosi dalla “rappresentazione della realtà”, trova temi e suggerimenti linguistici principalmente nel mondo vegetale e animale. Questi due mondi sono intesi però non alla stregua di due regni separati ma di un medesimo regno della natura, caratterizzato da un senso ininterrotto di metamorfosi, di cambiamento, di continua rinascita. L’opera d’arte, ideata come un organismo vivo, è perciò artefice del proprio sviluppo secondo leggi interne, che nulla hanno a che fare con quelle della riproduzione del reale. L’artista liberty “non contempla la natura direttamente, come fonte immediata di emozioni, ma applica ad essa il metodo analitico-sperimentale, facendone anatomia, cercando di capirne gli schemi, i meccanismi della vita e della crescita” (Bellonzi). Di qui l’adozione della linea curva, del viticcio, della nervatura come strumenti privilegiati d’espressione. La diffusione internazionale dello stile Liberty (Arte floreale, Art Nouveau, Modern Style, Jugendstil, secondo le varie accezioni nazionali) è avvenuta da subito attraverso la vendita degli oggetti d’arte presso esercizi commerciali specializzati: “Liberty & C.” si chiamava alla fine dell’Ottocento un famoso negozio anglosassone, “Art Nouveau” un’elegante bottega in rue de Provence a Parigi. Il legame forte con il mercato è stato dunque l’elemento che da subito ha caratterizzato questa Arte Nuova, entrata nelle case della borghesia industriale e dei professionisti, acquirenti al dettaglio. Le critiche provenienti agli inizi dalla cultura accademica (particolarmente vivaci in Italia), vanno interpretate come un residuo del pensiero idealistico, per il quale l’opera d’arte non ha prezzo e non può essere assoggettata alle leggi del mercato. L’adozione dello stile Liberty nelle arti significò per molti artisti un’alternativa all’accademismo, lo svecchiamento delle gerarchie, la possibilità di raggiungere un vasto pubblico di fruitori. "Il liberty in Italia" Chiostro del Bramante Via della Pace, Roma Dal 21 marzo al 17 giugno 2001 Orari: tutti i giorni 10-19; sabato 10-24; lunedì chiuso Biglietto: intero £ 15000; ridotto £ 10000; scuole £ 8000 Informazioni: 06-68809098 Catalogo: a cura di Fabio Benzi, Motta Editore, £ 130000