Gli strani casi del mondo dell’arte: falsi d’autore. Di opere d’arte? No, di case d’asta!
Christie's Auction Room, 1808
14/11/2012
La notizia arriva da The Art Newspaper, il famoso mensile londinese dedicato alle arti visive: Christie’s ha citato in giudizio una casa d'aste cinese con un nome simile per violazione del proprio marchio. Questo, affermano i legali di Christie, dopo aver ricevuto prove certe che dei clienti erano stati "fuorviati e ingannati".
Il gruppo Chritrs (questo il nome contestato), infatti, ha uffici a Hong Kong, Taipei, Londra, Giappone, Singapore, San Francisco e Los Angeles e nel corso dell’ultimo anno ha tenuto diverse aste. Il suono del suo nome, anche in cinese, ha effettivamente un suono molto simile a quello della prestigiosa casa d’aste fondata nella seconda metà Settencento a Londra e dal 1998 proprietà del magnate francese François Pinault.
Christie’s, dal canto suo, ha dichiarato al The Art Newspaper di aver preso molto seriamente la questioni della violazione del marchio e di essere intenzionata a proteggere il pubblico ei suoi clienti dall'inganno e ha diramato un comunicato in cui invita i collezionisti di opere d’arte a prestare grande attenzione nella scelta delle aste.
Gli avvocati che agiscono per conto di Chritrs difendono la propria posizione sostenendo che la somiglianza è nella pronuncia del nome ma che, essendo le campagne pubblicitarie presenti prevalentemente su carta stampata, non era così facile sbagliarsi. Sottolineano inoltre che i collezionisti sono perfettamente in grado di distinguere tra le due case d’aste.
La tendenza alle imitazioni, comunque, a quanto pare dilaga: nel 2008 Sotheby's aveva già vinto una causa per un motivo simile contro una società cinese attiva dal 2003 con il nome di Sufubi Sichuan, una traslitterazione della pronuncia cinese di Sotheby's.
Il giudizio sul caso Christie’s contro Chritrs, invece, deve ancora arrivare. All’Alta Corte di Hong Kong l’ardua sentenza.
Nicoletta Speltra
Il gruppo Chritrs (questo il nome contestato), infatti, ha uffici a Hong Kong, Taipei, Londra, Giappone, Singapore, San Francisco e Los Angeles e nel corso dell’ultimo anno ha tenuto diverse aste. Il suono del suo nome, anche in cinese, ha effettivamente un suono molto simile a quello della prestigiosa casa d’aste fondata nella seconda metà Settencento a Londra e dal 1998 proprietà del magnate francese François Pinault.
Christie’s, dal canto suo, ha dichiarato al The Art Newspaper di aver preso molto seriamente la questioni della violazione del marchio e di essere intenzionata a proteggere il pubblico ei suoi clienti dall'inganno e ha diramato un comunicato in cui invita i collezionisti di opere d’arte a prestare grande attenzione nella scelta delle aste.
Gli avvocati che agiscono per conto di Chritrs difendono la propria posizione sostenendo che la somiglianza è nella pronuncia del nome ma che, essendo le campagne pubblicitarie presenti prevalentemente su carta stampata, non era così facile sbagliarsi. Sottolineano inoltre che i collezionisti sono perfettamente in grado di distinguere tra le due case d’aste.
La tendenza alle imitazioni, comunque, a quanto pare dilaga: nel 2008 Sotheby's aveva già vinto una causa per un motivo simile contro una società cinese attiva dal 2003 con il nome di Sufubi Sichuan, una traslitterazione della pronuncia cinese di Sotheby's.
Il giudizio sul caso Christie’s contro Chritrs, invece, deve ancora arrivare. All’Alta Corte di Hong Kong l’ardua sentenza.
Nicoletta Speltra
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