Etruschi: una civilta' in trasformazione
22/11/2000
Qual è l’obiettivo di questa grande mostra sugli Etruschi?
Marco Torelli:“Abbiamo cercato di spiegare il processo di trasformazione che ha coinvolto questa straordinaria civiltà antica. Un processo unico nel suo genere che ha plasmato la cultura indigena etrusca fino a darle un connotato fortemente elenizzante”
In che modo l’esposizione di Palazzo Grassi rende il senso di questo processo?
M.T.:"Innanzitutto nel modo in cui è strutturato lo spazio espositivo. Al primo piano del palazzo è illustrata la prima fase dello sviluppo socio-culturale degli etruschi. Al piano superiore sono raccolti i reperti riconducibili al secondo periodo fino alla decadenza”
In passato Lei ha utilizzato, per spiegare questa trasformazione, un paragone abbastanza forte e volutamente provocatorio: il parallelo tra l’antica civiltà etrusca e quella giapponese di oggi....
M.T.”Il mio non era un intento provocatorio, quanto didascalico. Effettivamente ci sono alcuni elementi comuni tra le due civiltà. Anche i giapponesi, nel corso di questo secolo, hanno assorbito una cultura e un modello socio-economico profondamente diverso dal loro di stampo occidentale. Gli uffici e la vita di Tokyo all’apparenza sembrano quelli di una qualsiasi città statunitense o europea. Ma l’identificazione è solo parziale, in quanto voluta artificialmente all’inizio del secolo. I giapponesi conservano costumi e tradizioni propri della loro antica civiltà. Così è accaduto per gli Etruschi che all’apparenza possono sembrare cugini delle popolazioni greche”
Ritorniamo a parlare della mostra a Palazzo Grassi. Secondo lei qual è il pezzo più pregiato in esposizione?
M.T.: "Secondo me non esiste un reperto più importante rispetto ad un altro. L’archeologia moderna ha smesso di essere feticista. I fenomeni storico-artistici si studiano così come si presentano, ben sapendo che una statua o un gioiello da soli non fanno la storia. Non c’è nulla che non sia insostituibile. Tutti i reperti insieme ci raccontano la storia di un popolo. Ciò che conta è la quantità, non la qualità.
Noi archeologi ormai da anni conduciamo una vera e propria battaglia contro questa attitudine feticista della gente comune e della stampa. E' proprio questa mentalità che porta a storture e patologie che compromettono lo studio e la scienza e a fenomeni come il mercato clandestino"
Lei parla di mercato clandestino dei reperti. Impossibile non pensare ai “tombaroli” e alle loro campagne di razzia in Etruria. Oggi il fenomeno è ancora presente?
M.T.:”Direi che in Etruria, il fenomeno sta calando, anche perché ormai c’è sempre meno materiale da scoprire in maniera facile. Per fortuna: in passato le ricerche scientifiche sugli Etruschi hanno subito enormi danni a causa del mercato clandestino delle opere d’arte. Un buco di conoscenza ormai difficilmente colmabile”
Qual è stata la sua soddisfazione più grande nell’allestimento della mostra a Palazzo Grassi?
M.T:”Sicuramente il modo in cui ho lavorato con lo staff del centro espositivo veneziano. Hanno seguito in maniera molto precisa le mie indicazioni. Quella di Palazzo Grassi è più grande mostra mai dedicata agli Etruschi, anche se non bisogna dimenticare quelle del 1985 e del 1955. Questa mostra vuole fare il punto della situazione della ricerca scientifica sugli etruschi all’alba del terzo millennio. E’ come dire al visitatore o al turista: “ecco qua, ciò che vedi è quello che si sa, oggi, della questa grandiosa civiltà del passato”.
Ha qualche rammarico, sente che ci potrebbe essere stato qualcosa in più, qualcosa che avrebbe reso la mostra un po’ più completa?
M.T.:” No, e lo dico senza presunzione. Mi sento molto soddisfatto di come sono andate le cose, non posso lamentarmi di nulla, anche se sono consapevole che ciò accresce le mie responsabilità”
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