A Milano dal 20 gennaio alla Wunderkammern Gallery
Blek le Rat: sono un artista “di propaganda”
Lo studio dell'artista Blek le Rat. e' considerato il padre della stencil graffiti art. Photo by Sybille Prou
Eleonora Zamparutti
16/12/2015
Il pioniere della stencil art, Blek le Rat, sarà presto in Italia, a Roma per un intervento site specific proprio nell’anno del Giubileo. “Ho in mente di realizzare un personaggio che ho fatto in quasi tutte le città del mondo dove sono intervenuto, mai in Italia. Lo chiamo il viaggiatore, in inglese il titolo è The Man Who Walk Through Walls, ossia l’uomo che attraversa i muri. Si tratta di una figura maschile con le valigie in mano. Di fatto è un autoritratto”. L’artista francese è atteso con il nuovo anno a Milano, il 14 gennaio per una lezione all’Institut Français e poi il 20 dello stesso mese con una personale dedicata al tema Propaganda negli spazi della galleria Wunderkammern, che con l’occasione inaugura la nuova sede in via Ausonio.
VAI ALLA MOSTRA "PROPAGANDA", DAL 20 GENNAIO ALLA WUNDERKAMMERN GALLERY DI MILANO
L’Italia è una destinazione chiave per inquadrare la formazione dell’artista francese. “Sono stato molto influenzato dall’arte italiana e dall’arte antica. Sono francese, le mie origini sono latine e appartengo a questa cultura da sempre. In Italia avete avuto i più grandi pittori, e noi in Francia siamo costretti a fare i conti con la cultura dei nostri vicini”. La tecnica della stampa già in uso nel rinascimento sarà poi ripresa a distanza di secoli dall’arte urbana di Blek le Rat. Significativo nella biografia dell’artista fu quel viaggio a Padova agli inizi degli anni ’60: la vista dei graffiti sui muri che risalivano alla Seconda Guerra mondiale e che raffiguravano l’effige di Mussolini prodotta con la tecnica dei pochoir rappresentò un vero e proprio choc culturale per il giovane.
“L’arte urbana è di per sè ripetitiva. Non realizziamo una sola immagine, la riproduciamo decine, centinaia di volte nella stessa città e questo ha a che fare con la propaganda. Siamo degli artisti “di propaganda”. Abbiamo il desiderio di farci conoscere e la ripetizione è il nostro mezzo per farci pubblicità. E’ per questa ragione che trovo un legame profondo tra la congregazione di “Propaganda Fide” e il nostro lavoro d’artista”.
In passato si è occupato di casi di attualità come quello della giornalista Florence Aubenas e di temi sociali come quello dei senza tetto. A suo avviso l’arte deve prendere una posizione politica?
“Non sempre. Molti artisti veicolano un messaggio politico per esprimersi. Per me è importante far passare un messaggio sociale nella misura in cui siamo testimoni del nostro tempo e abbiamo anche delle rivendicazioni da fare.”
Qual è il tema sul quale invita a riflettere?
“In questo momento mi trovo in una fase problematica, sono ripiegato un po’ su me stesso. Rifletto sulle difficoltà che abbiamo tutti.”
Qual è il suo parere sui recenti attentati a Parigi?
“Vengo molto informato dalla televisione e dai media, ma non so bene cosa pensare francamente. Ho l’impressione che tutto sia molto mediatizzato con un’informazione un po’ tronca e alle volte falsa. Non so bene più a chi credere, mi sento un po’ perso.”
Quali sono i punti di contatto con artisti come Bansky e Obey?
“Mi sento molto vicino a loro. Conosco personalmente Obey, ho esposto le mie opere in una galleria di Los Angeles dove lavora. Il movimento della street art è molto vasto: in tutte le città del mondo ci sono numerosi street artist, si tratta di un movimento globale di cui fanno parte persone di grande talento. I loro interventi sono pacifici, non intendono aggredire le persone, piuttosto sono un regalo alla gente che passa.”
A suo avvio l’ingresso della street art nei circuiti commerciali delle gallerie d’arte è un po’ come avvilire lo spirito originario?
“L’arte urbana è un’arte effimera. Bisogna pur che resti qualcosa. Occorre che resti traccia e memoria degli interventi. Ad esempio dei primi graffiti degli anni ’60 realizzati a New York restano ormai solo delle foto.”
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L’Italia è una destinazione chiave per inquadrare la formazione dell’artista francese. “Sono stato molto influenzato dall’arte italiana e dall’arte antica. Sono francese, le mie origini sono latine e appartengo a questa cultura da sempre. In Italia avete avuto i più grandi pittori, e noi in Francia siamo costretti a fare i conti con la cultura dei nostri vicini”. La tecnica della stampa già in uso nel rinascimento sarà poi ripresa a distanza di secoli dall’arte urbana di Blek le Rat. Significativo nella biografia dell’artista fu quel viaggio a Padova agli inizi degli anni ’60: la vista dei graffiti sui muri che risalivano alla Seconda Guerra mondiale e che raffiguravano l’effige di Mussolini prodotta con la tecnica dei pochoir rappresentò un vero e proprio choc culturale per il giovane.
“L’arte urbana è di per sè ripetitiva. Non realizziamo una sola immagine, la riproduciamo decine, centinaia di volte nella stessa città e questo ha a che fare con la propaganda. Siamo degli artisti “di propaganda”. Abbiamo il desiderio di farci conoscere e la ripetizione è il nostro mezzo per farci pubblicità. E’ per questa ragione che trovo un legame profondo tra la congregazione di “Propaganda Fide” e il nostro lavoro d’artista”.
In passato si è occupato di casi di attualità come quello della giornalista Florence Aubenas e di temi sociali come quello dei senza tetto. A suo avviso l’arte deve prendere una posizione politica?
“Non sempre. Molti artisti veicolano un messaggio politico per esprimersi. Per me è importante far passare un messaggio sociale nella misura in cui siamo testimoni del nostro tempo e abbiamo anche delle rivendicazioni da fare.”
Qual è il tema sul quale invita a riflettere?
“In questo momento mi trovo in una fase problematica, sono ripiegato un po’ su me stesso. Rifletto sulle difficoltà che abbiamo tutti.”
Qual è il suo parere sui recenti attentati a Parigi?
“Vengo molto informato dalla televisione e dai media, ma non so bene cosa pensare francamente. Ho l’impressione che tutto sia molto mediatizzato con un’informazione un po’ tronca e alle volte falsa. Non so bene più a chi credere, mi sento un po’ perso.”
Quali sono i punti di contatto con artisti come Bansky e Obey?
“Mi sento molto vicino a loro. Conosco personalmente Obey, ho esposto le mie opere in una galleria di Los Angeles dove lavora. Il movimento della street art è molto vasto: in tutte le città del mondo ci sono numerosi street artist, si tratta di un movimento globale di cui fanno parte persone di grande talento. I loro interventi sono pacifici, non intendono aggredire le persone, piuttosto sono un regalo alla gente che passa.”
A suo avvio l’ingresso della street art nei circuiti commerciali delle gallerie d’arte è un po’ come avvilire lo spirito originario?
“L’arte urbana è un’arte effimera. Bisogna pur che resti qualcosa. Occorre che resti traccia e memoria degli interventi. Ad esempio dei primi graffiti degli anni ’60 realizzati a New York restano ormai solo delle foto.”
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