Sculture, dipinti, disegni. Tutti appartenenti ad una medesima collezione, mai esposta in Europa nella sua completezza da quando ha lasciato lo studio parigino di Alberto Giacometti, una delle icone del Novecento.
Il MAGA di Gallarate ospita la collezione dal 5 marzo al 5 giugno, in una mostra promossa dalla Fondazione Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Silvio Zanella, presieduta da Angelo Crespi, con la direzione di Emma Zanella.
La mostra è curata da Michael Peppiatt, autore di “In Giacometti’s Studio”- libro nel quale documenta la ricognizione da lui compiuta nell’archivio prima inesplorato di uno dei rami della famiglia, ricognizione che è alla base anche di questa preziosa rassegna- con il coordinamento generale di Cinzia Chiari. Gli allestimenti della mostra sono affidati a Maurizio Sabatini lo scenografo che lavora con Giuseppe Tornatore.
Gli eredi di Giacometti gli hanno infatti accordato il permesso di esaminare la collezione, pubblicare a lavori ultimati un nuovo libro, e procedere alla catalogazione delle opere. “E’ un materiale – afferma Peppiatt – che getta nuova luce sul modo di lavorare di Giacometti, «afflitto» da una specie di compulsione al bozzetto. Tanto da schizzare sulla prima pagina di France Soir dei nudi di Christine Keeler, la showgirl che fece tremare l’establishment britannico degli anni Sessanta quando venne riconosciuta come l’amante del Tory John Profumo. Il quotidiano, datato 1963, portava in prima pagina un articolo sul piccante affair. Corrispondenza che, evidentemente, ispirò l’artista svizzero solleticando il suo bisogno di disegnare. «C’è un qualcosa di intimo in questi lavori», ha detto all’Observer Peppiatt. «Mi hanno permesso di spaziare fa 300 disegni, ed ero commosso. Sentivo quasi la presenza di Giacometti, come se i suoi schizzi stessero cadendo direttamente dalle sue mani.
Ha scarabocchiato ovunque: sulle pagine dei libri, su pezzi di carta presi nei caffè». Un altro esempio di questi sketch improvvisi si trova su una pagina strappata da L’Express in cui l’artista pasticciò la fotografia di Lee Harvey Oswald, l’assassino del presidente John Kennedy. Di fianco, poi, Giacometti scrisse ripetutamente la parola italiana «continuare», oltre che un appunto di lavoro: «i busti sono stati fatti velocemente, e un dipinto questa sera, i disegni presto». «Gli sketch - spiega ancora Peppiatt - erano per lui una forma di pensiero istintivo.
Non stava mai senza una matita in mano o una sigaretta in bocca».
Ma la mostra al MAGA non si limita a documentare questo aspetto dell’attività di Giacometti. Insieme a schizzi e disegni propone infatti ben 49 sculture ed una importante selezione di dipinti. Le sculture ritraggono membri della famiglia Giacometti: il padre, la madre, la sorella Ottlilia e il fratello Diego. Un secondo gruppo propone invece un campione rappresentativo dei lavori figurativi del dopoguerra di Giacometti: figure intere sia maschili che femminili, un “Homme qui marche”, alcune di teste di “Lotar”, una “Femme de Venise” e diversi busti della moglie Annette.
La collezione di disegni è molto vasta e comprende tanto ritratti a figura intera quanto copie di lavori da opere classiche, insieme agli schizzi sui più diversi supporti.
Benché le opere scelte siano focalizzate sul periodo della maturità artistica di Giacometti, sono molti gli aspetti della mostra che puntano verso un Giacometti intimo, com’è lecito attendersi da una collezione di proprietà della stessa famiglia Giacometti.
Un’ampia sezione documentaristica, anch’essa ricca di materiali sino ad oggi inediti, completa la mostra. Vi sono presentate immagini fotografiche che ritraggono l’artista al lavoro e che raccontano delle sue frequentazioni, insieme a lettere e ad altri documenti, per far rivivere una personalità artistica d’eccezione.