Le Fiandre celebrano il pittore della prospettiva
Dieric Bouts e Lovanio, un incontro nel segno della modernità
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, 1464-1468, M Leuven / Chiesa di San Pietro, Lovanio. photo: artinflanders.be, Dominique Provost
Samantha De Martin
18/10/2023
La Chiesa di San Pietro si innalza dal Grote Markt di Lovanio come un inatteso miraggio gotico. Sembra una di quelle visioni ultraterrene di Dieric Bouts, il geniale creatore di immagini capace di trascinare il pubblico da un semplice dettaglio in un universo di stupore. Eppure, questa antica chiesa simbolo della città, con la sua architettura che pare uscita da un sapiente lavoro ad uncinetto, inclusa dal 1999 tra i Patrimoni Unesco, è uno scrigno dei “moderni” linguaggi di un influencer ante litteram, di un regista “pulp” al pari di Tarantino o di un moderno designer di videogame. Il Maestro in questione, da sempre associato alla città di Lovanio, dove visse e per la quale lavorò per quasi tutta la vita, pur essendo probabilmente nato ad Haarlem, si chiama Dieric Bouts e la sua prima menzione ufficiale ne risale al 1457: "Dieric Bouts schildere" (Dieric Bouts, pittore) recita un documento cittadino.
Dopo gli orrori della guerra e della peste del secolo precedente, nel XV secolo Lovanio conobbe un’autentica rinascita. Il moto di ottimismo e fiducia era lo stesso che oggi troviamo racchiuso nella magnificenza del Municipio, della Chiesa di San Pietro, dell'Università. Questa città opulenta, con i suoi potenziali clienti, dovette affascinare il giovane, ambizioso Bouts.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, 1464-1468, M Leuven / Chiesa di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
La Collegiata di San Pietro e l’Ultima Cena
All’interno della Collegiata è custodito uno dei capolavori assoluti di Bouts, l'Ultima Cena che in questi mesi sarà guest star della mostra Dieric Bouts. Creator of Images che la città dedica al suo pittore fino al prossimo 14 gennaio. Si tratta di una vera chicca che restituisce un’immagine di una tavola qualunque nella Lovanio del 1465. Una scena decisamente affollata affianca ai dodici apostoli quelli che presumibilmente erano anche i committenti del dipinto: la Lega del Santissimo Sacramento. Il Grote Markt, cuore di Lovanio, fa capolino dagli archi ogivali delle finestre del Cenacolo assieme ai sapori della Lovanio dell’epoca, tutti racchiusi in quel piatto vuoto che, al posto dell'Agnello pasquale, accoglie un gustoso sugo di carne. Al posto dei calici, bicchieri di foggia moderna e poi l’innovativa resa del paesaggio con la prospettiva atmosferica.
Il fatto che avesse sposato l’ereditiera Katharina van der Brugghen (soprannominata Metten Ghelde approssimativamente traducibile come “Coi Quattrini") non ci autorizza ad insinuazioni impertinenti. Sta di fatto che il più importante seguace di Rogier van der Weyden di talento ne aveva da vendere e tra i fermenti delle Fiandre nel XV secolo contribuì alla diffusione delle sue opere mentre era ancora in vita.
Dieric Bouts, Cena in casa di Simone il fariseo, 1450-1475, Gemäldegalerie der Staatlichen Museen zu Berlin | Foto: Christoph Schmidt
Nonostante la sua esistenza sia trascorsa quasi tutta a Lovanio, Bouts si guadagnò ben presto una certa notorietà in Europa. L’uso, per la prima volta nei Paesi Bassi, della cosiddetta prospettiva del punto di fuga, la capacità straordinaria di attirare il pubblico nelle sue composizioni paesaggistiche fantastiche, nei ritratti devozionali, faceva di lui un vero mago del pennello.
Per vedere la casa nella quale Dieric Bouts visse basta raggiungere il civico 5 di Minderbroedersstraat che oggi ospita l’edificio "Eygen Heerd" di KU Leuven. Da allora è cambiata molto, ma al suo interno sono ancora conservate tracce medievali. Presumibilmente qui si trovava anche il laboratorio dell’artista. Il giardino sul retro ospitava una vigna, cosa di per sé non eccezionale considerato che Lovanio nel tardo Medioevo era conosciuta per i suoi vigneti.
Jill Magid e La Migrazione delle Ali
Restiamo ancora un po' all'interno della Chiesa di San Pietro dove fino al 28 aprile 2024 troverà posto The Off Hours, il nuovo capitolo di The Migration of the Wings, un'installazione sonora dell’artista concettuale, scrittrice e regista americana Jill Magid. L'installazione segue i movimenti del trittico del Santissimo Sacramento, smembrato nel 1707 quando il pannello centrale venne privato delle ali.
Attraverso il suono, l'immagine e la scultura, i temi dell'esilio e della diaspora, della guerra e del rimpatrio, La Migrazione delle Ali trasformerà la chiesa in un edificio musicale regalando ai visitatori un'esperienza unica tra antico e moderno.
Jill Magid, The Off Hours A Continuation of The Migration of The Wings, Chiesa di San Pietro, Lovanio, 20 ottobre 2023 - 28 aprile 2024 | Courtesy M Leuven
Camminare tra le strade di Lovanio, il capoluogo della provincia del Brabante Fiammingo affacciato sul Fiume Dyle, tutto guglie, piazze, birrifici, edifici dalle facciate di merletto, sede della più antica università cattolica esistente che investe in moderne tecnologie, significa compiere un viaggio tra passato e modernità. D’altra parte il gigantesco coleottero di Jan Fabre, in Piazza Monseigneur Ladeuzeplein, bene esemplifica lo spirito della città, in costante equilibrio tra modernità e passato.
Chi volesse invece assaporarne l’anima più intima può optare per un salto all’Orto botanico, il più antico del Belgio, creato nel 1738 per gli studenti di medicina. Con il suo il dedalo di stradine silenziose dove si rannicchiano cortili e giardini che abbracciano tradizionali edifici in mattoncini di pietra arenaria, il Grande Beghinaggio, dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco nel 1998, è uno dei più antichi e vasti del Belgio. Per quasi sette secoli queste case sono state abitate dalle beghine, donne nubili o vedove, laiche ma molto devote, che sceglievano di vivere insieme, in piccole comunità indipendenti. Oggi a popolarlo sono studenti e accademici, poiché dal 1962 il quartiere è di proprietà dell’università.
Dieric Bouts: un regista ante litteram
Ma torniamo al Maestro Bouts, nominato pittore ufficiale della città nel 1468. Per ammirare L'Ultima Cena, il suo più celebre capolavoro, bisogna recarsi all'M Leuven dove, fino al 14 gennaio, è ospite d’eccezione nell'ambito della grande mostra Dieric Bouts. Creatore di immagini, a cura di Peter Carpreau. Pur essendo ritenuto un caposaldo della tradizione primitiva fiamminga, Dieric Bouts fu inventore di ritratti iconici al pari di certi fotografi contemporanei che consegnano all’Olimpo dello sport le celebrity del nostro tempo. Così se l’Annunciazione restituisce la ricerca prospettica applicata da un moderno designer di videogame, l’Ecce Agnus Dei sembra essere il frutto di un attento regista di scorci di paesaggio, simili alla scenografia di un set cinematografico. Il percorso espositivo restituisce uno sguardo di assoluta attualità su capolavori iconici come L'Ultima Cena, il Martirio di Sant'Erasmo e su altre opere esposte nei più importanti musei del mondo, arrivate a Lovanio grazie ad una rete di prestiti internazionali.
Dieric Bouts, Martirio di Sant'Erasmo, 1458, Lovanio, Collegiata di San Pietro (Sint-Pieterskerk) | Courtesy Visitflanders
In occasione della mostra sono state infatti riunite quasi trenta opere originali del pittore. Mai così tanti capolavori di Bouts sono stati esposti in precedenza in un unico luogo. Un originale dialogo con la cultura visiva contemporanea permette ai visitatori di guardare a quest’arte di oltre cinque secoli fa da una prospettiva completamente nuova. L’originalità del percorso sta proprio in questo: sottolineare le doti di innovatore del Maestro fiammingo, oltre alla sua straordinaria capacità di rappresentare il suo tempo, il contesto, la città, connettendosi con il pubblico e interpretandone valori e desideri, al pari di un coraggioso regista.
E così il percorso affida a grafici, fumettisti, sviluppatori di videogame, professionisti del cinema e della fotografia il compito di svelare i trucchi del mestiere del Maestro, le cui opere dialogano con gli storyboard originali di Guerre Stellari in un sorprendente allestimento, con i ritratti dell'ex ciclista Eddy Merckx e di Beyoncé, con i film di Pasolini e di Gust Van den Berghe. Nel progetto dell'M Leuven , scandito in sei capitoli, le preziose tavole del “pittore del silenzio” si confrontano con il lavoro dei creativi contemporanei, gettando nuova luce sull’autore. Se il finale è affidato all’Ultima Cena, il capolavoro che ne rappresenta la summa, la Sezione Paesaggio rivela come l’artista abbia introdotto in pittura inediti “effetti speciali” capaci di invogliare chi guarda ad esplorare luoghi da sogno o ultraterreni, come nel dittico Inferno e Paradiso. Pur non avendo inventato la pittura di paesaggio, Bouts perfeziona le tecniche visive che continueranno a diffondersi anche nel resto d'Europa.
Dieric Bouts, creatore di immagini, M Louven, 20 ottobre 2023 - 14 gennaio 2014 | Foto: © Tom Herbots | Courtesy VisitFlanders
Un pioniere della prospettiva
Attraverso l’effetto repoussoir Bouts posiziona un personaggio, un cespuglio o una pietra in primo piano per creare una credibile profondità strato dopo strato e dirigere lo sguardo dell'osservatore nella composizione. Se Bouts è entrato nei libri di testo di storia dell'arte, questo è accaduto anche grazie alla sua applicazione del punto di fuga nella prospettiva. Assieme a Piero della Francesca è stato tra i primi a farvi ricorso.
New Horizons su Bouts
La mostra dedicata a Dieric Bouts rientra nell'ambito del Festival culturale New Horizons, la kermesse organizzata dalla città di Lovanio, che fino al 14 gennaio 2024 invita ad esplorare nuovi orizzonti, spostando un po’ i confini, proprio come lo stesso artista fece nel XV secolo. Il festival cittadino che include mostre, spettacoli serate in musica, invita a considerare le tracce depositate da Bouts come artista del XV secolo e a comprendere quanto fosse innovativo per il suo tempo, rappresentando ancora oggi una fonte di ispirazione per il mondo dell'arte, della cultura e della scienza.
KMSKA, Salone di Rubens | Foto: © Karin Borghouts
Turning Heads. I volti dei grandi maestri fanno tappa ad Anversa
In una galoppata di treno raggiungiamo un altro gioiello fiammingo, il KMSKA di Anversa, dove l’anima di Bouts vibra in due Madonne. Il Museo Reale di Belle Arti il 24 settembre dello scorso anno ha riaperto i battenti dopo undici anni, in una veste totalmente rinnovata. Questo gigante di luce, immerso nel vivace Quartiere Zuid, invita a sfogliare i suoi sette secoli di arte in un viaggio accattivante tra antico e moderno, guidati dalla forma e dal colore. Nell’audace agenda che scandisce il calendario di mostre di questo museo che vanta la più grande e ricca collezione delle Fiandre, con i suoi 8400 oggetti, dei quali oltre 650 esposti, oltre alla più grande collezione al mondo di opere di James Ensor, si inserisce la mostra Turning Heads.
Fino al prossimo 21 gennaio oltre 76 opere di Maestri fiamminghi e internazionali raccontano la presenza dei volti nell'arte in tutta la loro intrigante diversità. Da sempre affascinati e incuriositi dal volto umano, gli artisti dei Paesi Bassi lo hanno spesso posto al centro delle loro opere. Nel XVI e XVII secolo, sotto forma di tronie (antica parola fiamminga per "volto"), quest’arte ha assunto piena autonomia diventando un vero e proprio genere. Ed eccole le teste grottesche di Quinten Metsijs sfilare accanto ai contadini di Pieter Bruegel, agli studi di teste di Peter Paul Rubens, ai visi espressivi di Adriaan Brouwer e Rembrandt. Non sono più esclusivamente ritratti, ma volti dall’identità talvolta sconosciuta che riflettono il desiderio di rappresentare qualcosa più che qualcuno, di raffigurare un tipo, un sentimento o un tratto del carattere.
Peter Paul Rubens, Testa di uomo barbuto, National Gallery of Ireland | Courtesy KMSKA
In mostra è possibile ripercorrere l’evoluzione del genere dal XV al XIX secolo con un focus particolare sul Seicento. Cristo che porta la croce, opera di un seguace di Jhieronymus Bosch (1450 - 1516 circa) e Gesù tra i dottori di Albrecht Dürer - opera che raramente lascia la sua sede nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid - accanto alla teoria di volti esposti sembrano scrutare chi passa. Alcuni ritratti sono dipinti in maniera così realistica da sembrare fotografie appena scattate. C’è Abraham Grapheus, un apprezzato membro della Gilda di San Luca, del quale il KMSKA ha raggruppato diverse versioni del volto studiato da vari pittori. Basta poi soffermarsi sui costumi per cogliere qualche indizio sul mestiere di una persona o sulla sua provenienza.
A partire dal XVII secolo Rubens e Rembrandt vestiranno i loro modelli con tessuti colorati o con turbanti che evocavano luoghi esotici, senza alludere ad un tempo o ad un luogo specifico. Provate ad avvicinarvi a un volto sorridente e poi a un altro che esprime rabbia per vedere quanto possano contagiare il vostro aspetto. Difficile non sorridere al cospetto infantile del volto malizioso di Laughing Boy. Non mancano i piccoli trucchi d’autore. Come non cogliere la sensazione di disgusto di fronte a The bitter potion di Brouwer? L’artista avrebbe somministrato al suo soggetto una bevanda amara per ottenere quella determinata espressione di disprezzo sul volto. In The smoker, il personaggio dipinto da Van Craesbeeck, impegnato ad emettere anelli di fumo, l'artista sembra riuscire ad attivare ogni singolo muscolo facciale.
Jean Fouquet, Madonna circondata da serafini e cherubini, 1450 circa, Olio su pannello, 83.5 × 92 cm, Aversa, KMSKA
I gioielli del KMSKA di Anversa, da Ensor a Rik Wouters
Ritagliatevi un po’ di tempo per perdervi alla scoperta della collezione di questo museo di Anversa dall’audace allestimento. I 27 dipinti di Rubens invitano gli ospiti a seguire la carriera dell’artista fiammingo, dal primo periodo in Italia agli ultimi anni di vita. Nella grande sala a lui dedicata il Battesimo di Cristo dialoga con l'Adorazione dei Magi, uno dei fiori all’occhiello del KMSKA, monumentale pannello che l’artista dipinse nel 1626 in sole due settimane. Cristo circondato da angeli cantanti di Hans Memling, Il figliol prodigo di Peter Paul Rubens, La caduta degli angeli ribelli di Frans Floris I sono altre opere da ammirare.
Dal Carnaval de Binche a I bagni di Ostenda, dal celebre Intrigo a Scheletri che si disputano un impiccato, la collezione dedicata a Ensor ammalia con la sua vena grottesca che oscilla tra ironia e inquietudine, in una sorta di incubo in cui sogno e realtà si confondono. Assolutamente da non perdere la collezione dell'artista Rik Wouters, la più grande al mondo, donata, nel 1989, dal barone Ludo van Bogaert e da sua moglie Marie-Louise Sheid (La donna che stira potrebbe tenervi a lungo agganciati alla sua attività).
A colpire di più di questo innovativo museo è la scelta non convenzionale degli accostamenti, il restyling calibrato con il quale ha acquisito progressivamente un nuovo DNA, tra i colori delle pareti che variano a seconda delle stanza, dal rosso pompeiano al verde oliva. Il dialogo tra antico e moderno è costante, i linguaggi si intrecciano, mentre la pittura lascia spazio alla costante presenza del multimediale che invita letteralmente ad entrare nelle creazioni degli “Old Masters”. Non si può lasciare il KMSKA senza aver visto uno dei suoi capolavori assoluti: Madonna circondata da Serafini e Cherubini di Jean Fouquet.
James Ensor, Autoritratto con cappello fiorito, 1883-1888 | Courtesy of Visit Oostende talkie.be | © Toerisme Oostende
A Ostenda il 2024 è nel segno di Ensor
Lasciamo temporaneamente Anversa per volare a Ostenda. Ed eccola la città bagnata dal Mare del Nord pronta a celebrare, nel 2024, i 75 anni dalla morte di James Ensor (1860 - 1949). Per omaggiare il maggiore rappresentante del Simbolismo belga e uno dei padri del Modernismo, vissuto proprio in città, Ostenda ha messo a punto un programma culturale ambizioso, ricco di mostre e iniziative, per un'esperienza approfondita dell'opera del Maestro delle maschere. Ogni angolo di questa vivace perla dall’anima creativa, incorniciata dalla sua lunghissima spiaggia di sabbia finissima, è intessuto della storia del pioniere dell’arte moderna che a Ostenda è nato e vissuto, lasciando raramente la sua città natale.
Il programma Ensor 2024 celebra il pittore solitario dal carattere difficile, che ha sferzato i benpensanti con il suo stile provocatorio nei confronti della società in cui viveva, utilizzando le sue opere come veicolo di critica sociale. Tra i capolavori dell’artista, popolati di maschere dal sapore carnevalesco e macabri scheletri, brilla I bagni di Ostenda. Quest’opera che, più di ogni altra, simboleggia il legame dell’artista con la città, ritrae la borghesia che un tempo affollava la spiaggia cittadina e che Ensor trovava ridicola, quasi un insulto nei confronti del suo amato mare. Per attualizzarne quella visione il fotografo e artista Athos Burez ha voluto trasferire, nel 2020, la medesima scena nella vita reale. Coinvolgendo gli stessi cittadini di Ostenda, Burez li ha resi protagonisti della nuova versione dell’opera, trasformandola in una diapositiva della società moderna, oltre a riprendere alcuni temi già trattati da Ensor nell’originale, come nudità e omosessualità.
Dove vedere le opere di Ensor a Ostenda
Se vi trovate in città e desiderate andare alla ricerca delle opere di Ensor basterà raggiungere il Mu.Zee, museo di arte belga e contemporanea che accoglie anche il celebre Autoritratto con cappello fiorito. Per un tuffo nella vita del pittore tra ninnoli e maschere vendute nella bottega della madre, oggi conservate ed esposte, basta invece recarsi nella Ensor House. Scaricando invece l'app Ensor walk, disponibile in cinque lingue, sarà possibile compiere una suggestiva passeggiata in tredici tappe alla scoperta dei luoghi più significativi legati ad Ensor.
Athos Burez, I Bagni di Ostenda, Dall'opera I Bagni di Ostenda di James Ensor I Courtesy VisitFlanders | © Athos Burez
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• Dieric Bouts, un primitivo nel XXI secolo
Dopo gli orrori della guerra e della peste del secolo precedente, nel XV secolo Lovanio conobbe un’autentica rinascita. Il moto di ottimismo e fiducia era lo stesso che oggi troviamo racchiuso nella magnificenza del Municipio, della Chiesa di San Pietro, dell'Università. Questa città opulenta, con i suoi potenziali clienti, dovette affascinare il giovane, ambizioso Bouts.
Dieric Bouts, L'Ultima Cena, 1464-1468, M Leuven / Chiesa di San Pietro, Lovanio | Foto: artinflanders.be, Dominique Provost
La Collegiata di San Pietro e l’Ultima Cena
All’interno della Collegiata è custodito uno dei capolavori assoluti di Bouts, l'Ultima Cena che in questi mesi sarà guest star della mostra Dieric Bouts. Creator of Images che la città dedica al suo pittore fino al prossimo 14 gennaio. Si tratta di una vera chicca che restituisce un’immagine di una tavola qualunque nella Lovanio del 1465. Una scena decisamente affollata affianca ai dodici apostoli quelli che presumibilmente erano anche i committenti del dipinto: la Lega del Santissimo Sacramento. Il Grote Markt, cuore di Lovanio, fa capolino dagli archi ogivali delle finestre del Cenacolo assieme ai sapori della Lovanio dell’epoca, tutti racchiusi in quel piatto vuoto che, al posto dell'Agnello pasquale, accoglie un gustoso sugo di carne. Al posto dei calici, bicchieri di foggia moderna e poi l’innovativa resa del paesaggio con la prospettiva atmosferica.
Il fatto che avesse sposato l’ereditiera Katharina van der Brugghen (soprannominata Metten Ghelde approssimativamente traducibile come “Coi Quattrini") non ci autorizza ad insinuazioni impertinenti. Sta di fatto che il più importante seguace di Rogier van der Weyden di talento ne aveva da vendere e tra i fermenti delle Fiandre nel XV secolo contribuì alla diffusione delle sue opere mentre era ancora in vita.
Dieric Bouts, Cena in casa di Simone il fariseo, 1450-1475, Gemäldegalerie der Staatlichen Museen zu Berlin | Foto: Christoph Schmidt
Nonostante la sua esistenza sia trascorsa quasi tutta a Lovanio, Bouts si guadagnò ben presto una certa notorietà in Europa. L’uso, per la prima volta nei Paesi Bassi, della cosiddetta prospettiva del punto di fuga, la capacità straordinaria di attirare il pubblico nelle sue composizioni paesaggistiche fantastiche, nei ritratti devozionali, faceva di lui un vero mago del pennello.
Per vedere la casa nella quale Dieric Bouts visse basta raggiungere il civico 5 di Minderbroedersstraat che oggi ospita l’edificio "Eygen Heerd" di KU Leuven. Da allora è cambiata molto, ma al suo interno sono ancora conservate tracce medievali. Presumibilmente qui si trovava anche il laboratorio dell’artista. Il giardino sul retro ospitava una vigna, cosa di per sé non eccezionale considerato che Lovanio nel tardo Medioevo era conosciuta per i suoi vigneti.
Jill Magid e La Migrazione delle Ali
Restiamo ancora un po' all'interno della Chiesa di San Pietro dove fino al 28 aprile 2024 troverà posto The Off Hours, il nuovo capitolo di The Migration of the Wings, un'installazione sonora dell’artista concettuale, scrittrice e regista americana Jill Magid. L'installazione segue i movimenti del trittico del Santissimo Sacramento, smembrato nel 1707 quando il pannello centrale venne privato delle ali.
Attraverso il suono, l'immagine e la scultura, i temi dell'esilio e della diaspora, della guerra e del rimpatrio, La Migrazione delle Ali trasformerà la chiesa in un edificio musicale regalando ai visitatori un'esperienza unica tra antico e moderno.
Jill Magid, The Off Hours A Continuation of The Migration of The Wings, Chiesa di San Pietro, Lovanio, 20 ottobre 2023 - 28 aprile 2024 | Courtesy M Leuven
Camminare tra le strade di Lovanio, il capoluogo della provincia del Brabante Fiammingo affacciato sul Fiume Dyle, tutto guglie, piazze, birrifici, edifici dalle facciate di merletto, sede della più antica università cattolica esistente che investe in moderne tecnologie, significa compiere un viaggio tra passato e modernità. D’altra parte il gigantesco coleottero di Jan Fabre, in Piazza Monseigneur Ladeuzeplein, bene esemplifica lo spirito della città, in costante equilibrio tra modernità e passato.
Chi volesse invece assaporarne l’anima più intima può optare per un salto all’Orto botanico, il più antico del Belgio, creato nel 1738 per gli studenti di medicina. Con il suo il dedalo di stradine silenziose dove si rannicchiano cortili e giardini che abbracciano tradizionali edifici in mattoncini di pietra arenaria, il Grande Beghinaggio, dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco nel 1998, è uno dei più antichi e vasti del Belgio. Per quasi sette secoli queste case sono state abitate dalle beghine, donne nubili o vedove, laiche ma molto devote, che sceglievano di vivere insieme, in piccole comunità indipendenti. Oggi a popolarlo sono studenti e accademici, poiché dal 1962 il quartiere è di proprietà dell’università.
Dieric Bouts: un regista ante litteram
Ma torniamo al Maestro Bouts, nominato pittore ufficiale della città nel 1468. Per ammirare L'Ultima Cena, il suo più celebre capolavoro, bisogna recarsi all'M Leuven dove, fino al 14 gennaio, è ospite d’eccezione nell'ambito della grande mostra Dieric Bouts. Creatore di immagini, a cura di Peter Carpreau. Pur essendo ritenuto un caposaldo della tradizione primitiva fiamminga, Dieric Bouts fu inventore di ritratti iconici al pari di certi fotografi contemporanei che consegnano all’Olimpo dello sport le celebrity del nostro tempo. Così se l’Annunciazione restituisce la ricerca prospettica applicata da un moderno designer di videogame, l’Ecce Agnus Dei sembra essere il frutto di un attento regista di scorci di paesaggio, simili alla scenografia di un set cinematografico. Il percorso espositivo restituisce uno sguardo di assoluta attualità su capolavori iconici come L'Ultima Cena, il Martirio di Sant'Erasmo e su altre opere esposte nei più importanti musei del mondo, arrivate a Lovanio grazie ad una rete di prestiti internazionali.
Dieric Bouts, Martirio di Sant'Erasmo, 1458, Lovanio, Collegiata di San Pietro (Sint-Pieterskerk) | Courtesy Visitflanders
In occasione della mostra sono state infatti riunite quasi trenta opere originali del pittore. Mai così tanti capolavori di Bouts sono stati esposti in precedenza in un unico luogo. Un originale dialogo con la cultura visiva contemporanea permette ai visitatori di guardare a quest’arte di oltre cinque secoli fa da una prospettiva completamente nuova. L’originalità del percorso sta proprio in questo: sottolineare le doti di innovatore del Maestro fiammingo, oltre alla sua straordinaria capacità di rappresentare il suo tempo, il contesto, la città, connettendosi con il pubblico e interpretandone valori e desideri, al pari di un coraggioso regista.
E così il percorso affida a grafici, fumettisti, sviluppatori di videogame, professionisti del cinema e della fotografia il compito di svelare i trucchi del mestiere del Maestro, le cui opere dialogano con gli storyboard originali di Guerre Stellari in un sorprendente allestimento, con i ritratti dell'ex ciclista Eddy Merckx e di Beyoncé, con i film di Pasolini e di Gust Van den Berghe. Nel progetto dell'M Leuven , scandito in sei capitoli, le preziose tavole del “pittore del silenzio” si confrontano con il lavoro dei creativi contemporanei, gettando nuova luce sull’autore. Se il finale è affidato all’Ultima Cena, il capolavoro che ne rappresenta la summa, la Sezione Paesaggio rivela come l’artista abbia introdotto in pittura inediti “effetti speciali” capaci di invogliare chi guarda ad esplorare luoghi da sogno o ultraterreni, come nel dittico Inferno e Paradiso. Pur non avendo inventato la pittura di paesaggio, Bouts perfeziona le tecniche visive che continueranno a diffondersi anche nel resto d'Europa.
Dieric Bouts, creatore di immagini, M Louven, 20 ottobre 2023 - 14 gennaio 2014 | Foto: © Tom Herbots | Courtesy VisitFlanders
Un pioniere della prospettiva
Attraverso l’effetto repoussoir Bouts posiziona un personaggio, un cespuglio o una pietra in primo piano per creare una credibile profondità strato dopo strato e dirigere lo sguardo dell'osservatore nella composizione. Se Bouts è entrato nei libri di testo di storia dell'arte, questo è accaduto anche grazie alla sua applicazione del punto di fuga nella prospettiva. Assieme a Piero della Francesca è stato tra i primi a farvi ricorso.
New Horizons su Bouts
La mostra dedicata a Dieric Bouts rientra nell'ambito del Festival culturale New Horizons, la kermesse organizzata dalla città di Lovanio, che fino al 14 gennaio 2024 invita ad esplorare nuovi orizzonti, spostando un po’ i confini, proprio come lo stesso artista fece nel XV secolo. Il festival cittadino che include mostre, spettacoli serate in musica, invita a considerare le tracce depositate da Bouts come artista del XV secolo e a comprendere quanto fosse innovativo per il suo tempo, rappresentando ancora oggi una fonte di ispirazione per il mondo dell'arte, della cultura e della scienza.
KMSKA, Salone di Rubens | Foto: © Karin Borghouts
Turning Heads. I volti dei grandi maestri fanno tappa ad Anversa
In una galoppata di treno raggiungiamo un altro gioiello fiammingo, il KMSKA di Anversa, dove l’anima di Bouts vibra in due Madonne. Il Museo Reale di Belle Arti il 24 settembre dello scorso anno ha riaperto i battenti dopo undici anni, in una veste totalmente rinnovata. Questo gigante di luce, immerso nel vivace Quartiere Zuid, invita a sfogliare i suoi sette secoli di arte in un viaggio accattivante tra antico e moderno, guidati dalla forma e dal colore. Nell’audace agenda che scandisce il calendario di mostre di questo museo che vanta la più grande e ricca collezione delle Fiandre, con i suoi 8400 oggetti, dei quali oltre 650 esposti, oltre alla più grande collezione al mondo di opere di James Ensor, si inserisce la mostra Turning Heads.
Fino al prossimo 21 gennaio oltre 76 opere di Maestri fiamminghi e internazionali raccontano la presenza dei volti nell'arte in tutta la loro intrigante diversità. Da sempre affascinati e incuriositi dal volto umano, gli artisti dei Paesi Bassi lo hanno spesso posto al centro delle loro opere. Nel XVI e XVII secolo, sotto forma di tronie (antica parola fiamminga per "volto"), quest’arte ha assunto piena autonomia diventando un vero e proprio genere. Ed eccole le teste grottesche di Quinten Metsijs sfilare accanto ai contadini di Pieter Bruegel, agli studi di teste di Peter Paul Rubens, ai visi espressivi di Adriaan Brouwer e Rembrandt. Non sono più esclusivamente ritratti, ma volti dall’identità talvolta sconosciuta che riflettono il desiderio di rappresentare qualcosa più che qualcuno, di raffigurare un tipo, un sentimento o un tratto del carattere.
Peter Paul Rubens, Testa di uomo barbuto, National Gallery of Ireland | Courtesy KMSKA
In mostra è possibile ripercorrere l’evoluzione del genere dal XV al XIX secolo con un focus particolare sul Seicento. Cristo che porta la croce, opera di un seguace di Jhieronymus Bosch (1450 - 1516 circa) e Gesù tra i dottori di Albrecht Dürer - opera che raramente lascia la sua sede nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid - accanto alla teoria di volti esposti sembrano scrutare chi passa. Alcuni ritratti sono dipinti in maniera così realistica da sembrare fotografie appena scattate. C’è Abraham Grapheus, un apprezzato membro della Gilda di San Luca, del quale il KMSKA ha raggruppato diverse versioni del volto studiato da vari pittori. Basta poi soffermarsi sui costumi per cogliere qualche indizio sul mestiere di una persona o sulla sua provenienza.
A partire dal XVII secolo Rubens e Rembrandt vestiranno i loro modelli con tessuti colorati o con turbanti che evocavano luoghi esotici, senza alludere ad un tempo o ad un luogo specifico. Provate ad avvicinarvi a un volto sorridente e poi a un altro che esprime rabbia per vedere quanto possano contagiare il vostro aspetto. Difficile non sorridere al cospetto infantile del volto malizioso di Laughing Boy. Non mancano i piccoli trucchi d’autore. Come non cogliere la sensazione di disgusto di fronte a The bitter potion di Brouwer? L’artista avrebbe somministrato al suo soggetto una bevanda amara per ottenere quella determinata espressione di disprezzo sul volto. In The smoker, il personaggio dipinto da Van Craesbeeck, impegnato ad emettere anelli di fumo, l'artista sembra riuscire ad attivare ogni singolo muscolo facciale.
Jean Fouquet, Madonna circondata da serafini e cherubini, 1450 circa, Olio su pannello, 83.5 × 92 cm, Aversa, KMSKA
I gioielli del KMSKA di Anversa, da Ensor a Rik Wouters
Ritagliatevi un po’ di tempo per perdervi alla scoperta della collezione di questo museo di Anversa dall’audace allestimento. I 27 dipinti di Rubens invitano gli ospiti a seguire la carriera dell’artista fiammingo, dal primo periodo in Italia agli ultimi anni di vita. Nella grande sala a lui dedicata il Battesimo di Cristo dialoga con l'Adorazione dei Magi, uno dei fiori all’occhiello del KMSKA, monumentale pannello che l’artista dipinse nel 1626 in sole due settimane. Cristo circondato da angeli cantanti di Hans Memling, Il figliol prodigo di Peter Paul Rubens, La caduta degli angeli ribelli di Frans Floris I sono altre opere da ammirare.
Dal Carnaval de Binche a I bagni di Ostenda, dal celebre Intrigo a Scheletri che si disputano un impiccato, la collezione dedicata a Ensor ammalia con la sua vena grottesca che oscilla tra ironia e inquietudine, in una sorta di incubo in cui sogno e realtà si confondono. Assolutamente da non perdere la collezione dell'artista Rik Wouters, la più grande al mondo, donata, nel 1989, dal barone Ludo van Bogaert e da sua moglie Marie-Louise Sheid (La donna che stira potrebbe tenervi a lungo agganciati alla sua attività).
A colpire di più di questo innovativo museo è la scelta non convenzionale degli accostamenti, il restyling calibrato con il quale ha acquisito progressivamente un nuovo DNA, tra i colori delle pareti che variano a seconda delle stanza, dal rosso pompeiano al verde oliva. Il dialogo tra antico e moderno è costante, i linguaggi si intrecciano, mentre la pittura lascia spazio alla costante presenza del multimediale che invita letteralmente ad entrare nelle creazioni degli “Old Masters”. Non si può lasciare il KMSKA senza aver visto uno dei suoi capolavori assoluti: Madonna circondata da Serafini e Cherubini di Jean Fouquet.
James Ensor, Autoritratto con cappello fiorito, 1883-1888 | Courtesy of Visit Oostende talkie.be | © Toerisme Oostende
A Ostenda il 2024 è nel segno di Ensor
Lasciamo temporaneamente Anversa per volare a Ostenda. Ed eccola la città bagnata dal Mare del Nord pronta a celebrare, nel 2024, i 75 anni dalla morte di James Ensor (1860 - 1949). Per omaggiare il maggiore rappresentante del Simbolismo belga e uno dei padri del Modernismo, vissuto proprio in città, Ostenda ha messo a punto un programma culturale ambizioso, ricco di mostre e iniziative, per un'esperienza approfondita dell'opera del Maestro delle maschere. Ogni angolo di questa vivace perla dall’anima creativa, incorniciata dalla sua lunghissima spiaggia di sabbia finissima, è intessuto della storia del pioniere dell’arte moderna che a Ostenda è nato e vissuto, lasciando raramente la sua città natale.
Il programma Ensor 2024 celebra il pittore solitario dal carattere difficile, che ha sferzato i benpensanti con il suo stile provocatorio nei confronti della società in cui viveva, utilizzando le sue opere come veicolo di critica sociale. Tra i capolavori dell’artista, popolati di maschere dal sapore carnevalesco e macabri scheletri, brilla I bagni di Ostenda. Quest’opera che, più di ogni altra, simboleggia il legame dell’artista con la città, ritrae la borghesia che un tempo affollava la spiaggia cittadina e che Ensor trovava ridicola, quasi un insulto nei confronti del suo amato mare. Per attualizzarne quella visione il fotografo e artista Athos Burez ha voluto trasferire, nel 2020, la medesima scena nella vita reale. Coinvolgendo gli stessi cittadini di Ostenda, Burez li ha resi protagonisti della nuova versione dell’opera, trasformandola in una diapositiva della società moderna, oltre a riprendere alcuni temi già trattati da Ensor nell’originale, come nudità e omosessualità.
Dove vedere le opere di Ensor a Ostenda
Se vi trovate in città e desiderate andare alla ricerca delle opere di Ensor basterà raggiungere il Mu.Zee, museo di arte belga e contemporanea che accoglie anche il celebre Autoritratto con cappello fiorito. Per un tuffo nella vita del pittore tra ninnoli e maschere vendute nella bottega della madre, oggi conservate ed esposte, basta invece recarsi nella Ensor House. Scaricando invece l'app Ensor walk, disponibile in cinque lingue, sarà possibile compiere una suggestiva passeggiata in tredici tappe alla scoperta dei luoghi più significativi legati ad Ensor.
Athos Burez, I Bagni di Ostenda, Dall'opera I Bagni di Ostenda di James Ensor I Courtesy VisitFlanders | © Athos Burez
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