CENTURIA di Giuseppe Salvatori e PROGETTARE IL CAOS di Felice Levini

Giuseppe Salvatori, Angelo con intorno contadini, 2008
Dal 19 Febbraio 2025 al 04 Maggio 2025
Roma
Luogo: Mattatoio
Indirizzo: Piazza Orazio Giustiniani 4
Sito ufficiale: http://mattatoioroma.it
PROROGATE FINO AL 4 MAGGIO 2025 le mostre “CENTURIA.Giuseppe Salvatori” e “PROGETTARE IL CAOS. Felice Levini”
CENTURIA.Giuseppe Salvatori
La mostra a cura di Matteo Di Stefano ripercorre il lavoro degli ultimi trent’anni di Giuseppe Salvatori (Roma, 1955). In questi tre decenni l'artista ha privilegiato la formula del ciclo per scongiurare la frammentazione dispersiva di opere la cui peculiarità spesso consiste nello stretto rapporto con la narrazione letteraria, di natura classica e contemporanea. Opere, quindi, sempre ancorate a un dato di realtà culturale ma anche pervase da un vissuto personale che ne trasfigura la visione in rappresentazioni singolari. Il percorso inizia proprio con il ciclo inedito Centuria, che dà il titolo alla mostra, composto da centocinque ritratti - profili delle diverse e inesauribili figure della vita dell’artista: un lavoro in progress in cui i motivi floreali si trasformano in volti, portandoci in un territorio di incanti metafisici sospeso tra il reale e il fantastico. A fronteggiare Centuria l’opera Il Fiore (2024), allegoria rivolta alla seduzione amorosa, continuo contrasto tra movimento e immobilità, tra miracolo della conquista e tristezza per la perdita. Attraversando la sala dedicata ai Toreri, guardiani silenti, profili di simboli e colore, si entra nello spazio principale della mostra, nel quale sono visibili le diverse tecniche sperimentate dall’artista: 13 opere, non esposte in ordine cronologico, vanno a comporre un panorama complessivo di questo trentennale, dalla tempera e acrilico su tela de La Gazza Ladra (1990) agli spessori della tempera vinilica su tavola di Volo Nuziale (2023). Il percorso continua nelle sale retrostanti: due installazioni quelle di Settimo Cielo e Libro Mago, che ci riportano all’inizio dell’ultimo decennio, nelle gallerie La Nuova Pesa (2011) e De Crescenzo & Viesti (2013), dove le opere sono state presentate per la prima volta. Proseguendo attraverso i cicli inediti dedicati ai costumi per Fedra e a San Gaudenzio, si conclude l’esposizione nella sala dedicata a Perdere l’amore, videoinstallazione del 2024. L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo presso il Padiglione 9b del Mattatoio, Progettare il Caos di Felice Levini, l’artista e amico con cui Salvatori ha condiviso non solo una lunga carriera, ma anche un linguaggio artistico e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano, fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno del movimento artistico dei Nuovi-Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di Roma. La mostra di Giuseppe Salvatori sarà accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, a cura di Matteo Di Stefano, con un testo critico di Giuseppe Appella e contributi di autori cari all’artista tra cui Edoardo Albinati, Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani, Alice Rubbini.
PROGETTARE IL CAOS. Felice Levini
Dal 19 febbraio al 21 aprile 2025 il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma ospita la mostra Felice Levini. Progettare il Caos, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con AA+ (Associazione per l’Arte e Più). La mostra, curata da Massimo Belli, presenta una cospicua porzione del macrocosmo ordinatamente caotico che da sempre contraddistingue il lavoro di Felice Levini (Roma, 1956), e la sua lettura ironica del sistema-mondo. Tele, carte, installazioni, sculture si alternano senza soluzione di continuità immortalando la contemporaneità con pungente eleganza. Felice Levini è stato fra i fondatori, nel 1978, dello spazio autogestito di S. Agata de’ Goti a Roma, nel quale arte, poesia e musica si sono alternate a baluardo di una libertà espressiva e culturale di reazione alla violenza del decennio Settanta. Nel tempo, Levini ha introdotto nel suo linguaggio l’attività performativa e la presenza umana. Nonostante questa plurimedialità, il suo lavoro non smette di rimanere saldamente ancorato al fatto pittorico. Presente in due Biennali di Venezia - nel 1988 e nel 1993 – e in due Quadriennali romane – nel 1986 e nel 1996 –, ha varcato il Millennio continuando a trasmettere il senso profondo di una società di idoli caduti, che ironicamente tiene sul palmo di una mano con irriverente classicità. Pazientemente stillando la storia attraverso i suoi segni grafici, Levini racconta la presenza dell’uomo nel mondo, dalla preistoria a questo esatto secondo, mostrando una ciclicità complessa. La mostra racconta oltre trent’anni di lavoro di Felice Levini, un artista allo stesso tempo eclettico e ortodosso, ma non è solamente questo. Progettare il Caos manifesta la volontà progettuale utopistica di mettere ordine nel disordine per eccellenza: il Caos. Tornando all’etimologia greca di questo termine, che esprime un’apertura – ciò che è ‘spalancato’ – ci si rende conto che il titolo stesso è un calembour, un nonsense che racconta la corsa a vuoto del mondo contemporaneo, costantemente frustrata dall’impossibilità di raccontarsi in maniera ordinata, per categorie. La mostra prende il titolo da due lunghissimi lavori omonimi a pennarello su carta (Progettare il Caos II/III, 2022-2024) nei quali l’artista sviluppa, senza soluzione di continuità, immagini iconiche dell’ultimo secolo di storia dell’uomo, ironicamente accostate talvolta per antinomia e talaltra per analogia. Pedissequamente realizzate in punta di pennarello, queste immagini tracciano la traiettoria sghemba dell’uomo moderno e dei suoi miti, spesso caduchi. I due lavori, dunque, rappresentano la summa del bagaglio iconografico dell’artista, con essi diventa possibile decifrare l’intero corpus delle opere esposte in mostra, realizzate dagli anni Ottanta sino a oggi. Come in uno spettacolo di tragicommedia, l’ilarità è immediatamente smorzata dalla portata tragica dei soggetti (Gladiatore, 1989) e, viceversa, la serietà è miserabilmente compromessa per mezzo dell’ironia della quale sono intrisi (Domatrice di Pulci, 2003). Non di rado, è lo stesso Levini a celarsi all’interno delle opere (Autoritratto feroce, 1992), attuando un meccanismo di camuffamento tipico dei maestri del Rinascimento, capace di far entrare l’artista nelle pieghe della storia per ri-raccontarla attraverso nuove chiavi di lettura. Uno sconfinamento che arriva fino alla terza dimensione, come nel caso del letto presente in Vittoria, opera esposta già alla Biennale di Venezia del 1988. Confusi dal Caos della terra non ci si salva neanche alzando gli occhi al cielo: fra parà che diventano angeli, navi da battaglia e animali, satiri e ballerine, navigatori e cantanti, ci si può rendere, forse, conto che abbiamo perso da un pezzo le redini di ciò che siamo. L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo presso il Padiglione 9a del Mattatoio, Centuria di Giuseppe Salvatori, l’artista e amico con cui Levini ha condiviso non solo una lunga carriera ma anche un linguaggio artistico e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano, fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno del movimento artistico dei Nuovi- Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di Roma. La mostra di Felice Levini sarà accompagnata da un catalogo a cura di Massimo Belli, con testi di Aurelio Picca, Renato Barilli, Francesco Moschini e Massimo Belli edito da Silvana editoriale.
CENTURIA.Giuseppe Salvatori
La mostra a cura di Matteo Di Stefano ripercorre il lavoro degli ultimi trent’anni di Giuseppe Salvatori (Roma, 1955). In questi tre decenni l'artista ha privilegiato la formula del ciclo per scongiurare la frammentazione dispersiva di opere la cui peculiarità spesso consiste nello stretto rapporto con la narrazione letteraria, di natura classica e contemporanea. Opere, quindi, sempre ancorate a un dato di realtà culturale ma anche pervase da un vissuto personale che ne trasfigura la visione in rappresentazioni singolari. Il percorso inizia proprio con il ciclo inedito Centuria, che dà il titolo alla mostra, composto da centocinque ritratti - profili delle diverse e inesauribili figure della vita dell’artista: un lavoro in progress in cui i motivi floreali si trasformano in volti, portandoci in un territorio di incanti metafisici sospeso tra il reale e il fantastico. A fronteggiare Centuria l’opera Il Fiore (2024), allegoria rivolta alla seduzione amorosa, continuo contrasto tra movimento e immobilità, tra miracolo della conquista e tristezza per la perdita. Attraversando la sala dedicata ai Toreri, guardiani silenti, profili di simboli e colore, si entra nello spazio principale della mostra, nel quale sono visibili le diverse tecniche sperimentate dall’artista: 13 opere, non esposte in ordine cronologico, vanno a comporre un panorama complessivo di questo trentennale, dalla tempera e acrilico su tela de La Gazza Ladra (1990) agli spessori della tempera vinilica su tavola di Volo Nuziale (2023). Il percorso continua nelle sale retrostanti: due installazioni quelle di Settimo Cielo e Libro Mago, che ci riportano all’inizio dell’ultimo decennio, nelle gallerie La Nuova Pesa (2011) e De Crescenzo & Viesti (2013), dove le opere sono state presentate per la prima volta. Proseguendo attraverso i cicli inediti dedicati ai costumi per Fedra e a San Gaudenzio, si conclude l’esposizione nella sala dedicata a Perdere l’amore, videoinstallazione del 2024. L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo presso il Padiglione 9b del Mattatoio, Progettare il Caos di Felice Levini, l’artista e amico con cui Salvatori ha condiviso non solo una lunga carriera, ma anche un linguaggio artistico e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano, fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno del movimento artistico dei Nuovi-Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di Roma. La mostra di Giuseppe Salvatori sarà accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, a cura di Matteo Di Stefano, con un testo critico di Giuseppe Appella e contributi di autori cari all’artista tra cui Edoardo Albinati, Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani, Alice Rubbini.
PROGETTARE IL CAOS. Felice Levini
Dal 19 febbraio al 21 aprile 2025 il Padiglione 9b del Mattatoio di Roma ospita la mostra Felice Levini. Progettare il Caos, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, organizzata da Azienda Speciale Palaexpo in collaborazione con AA+ (Associazione per l’Arte e Più). La mostra, curata da Massimo Belli, presenta una cospicua porzione del macrocosmo ordinatamente caotico che da sempre contraddistingue il lavoro di Felice Levini (Roma, 1956), e la sua lettura ironica del sistema-mondo. Tele, carte, installazioni, sculture si alternano senza soluzione di continuità immortalando la contemporaneità con pungente eleganza. Felice Levini è stato fra i fondatori, nel 1978, dello spazio autogestito di S. Agata de’ Goti a Roma, nel quale arte, poesia e musica si sono alternate a baluardo di una libertà espressiva e culturale di reazione alla violenza del decennio Settanta. Nel tempo, Levini ha introdotto nel suo linguaggio l’attività performativa e la presenza umana. Nonostante questa plurimedialità, il suo lavoro non smette di rimanere saldamente ancorato al fatto pittorico. Presente in due Biennali di Venezia - nel 1988 e nel 1993 – e in due Quadriennali romane – nel 1986 e nel 1996 –, ha varcato il Millennio continuando a trasmettere il senso profondo di una società di idoli caduti, che ironicamente tiene sul palmo di una mano con irriverente classicità. Pazientemente stillando la storia attraverso i suoi segni grafici, Levini racconta la presenza dell’uomo nel mondo, dalla preistoria a questo esatto secondo, mostrando una ciclicità complessa. La mostra racconta oltre trent’anni di lavoro di Felice Levini, un artista allo stesso tempo eclettico e ortodosso, ma non è solamente questo. Progettare il Caos manifesta la volontà progettuale utopistica di mettere ordine nel disordine per eccellenza: il Caos. Tornando all’etimologia greca di questo termine, che esprime un’apertura – ciò che è ‘spalancato’ – ci si rende conto che il titolo stesso è un calembour, un nonsense che racconta la corsa a vuoto del mondo contemporaneo, costantemente frustrata dall’impossibilità di raccontarsi in maniera ordinata, per categorie. La mostra prende il titolo da due lunghissimi lavori omonimi a pennarello su carta (Progettare il Caos II/III, 2022-2024) nei quali l’artista sviluppa, senza soluzione di continuità, immagini iconiche dell’ultimo secolo di storia dell’uomo, ironicamente accostate talvolta per antinomia e talaltra per analogia. Pedissequamente realizzate in punta di pennarello, queste immagini tracciano la traiettoria sghemba dell’uomo moderno e dei suoi miti, spesso caduchi. I due lavori, dunque, rappresentano la summa del bagaglio iconografico dell’artista, con essi diventa possibile decifrare l’intero corpus delle opere esposte in mostra, realizzate dagli anni Ottanta sino a oggi. Come in uno spettacolo di tragicommedia, l’ilarità è immediatamente smorzata dalla portata tragica dei soggetti (Gladiatore, 1989) e, viceversa, la serietà è miserabilmente compromessa per mezzo dell’ironia della quale sono intrisi (Domatrice di Pulci, 2003). Non di rado, è lo stesso Levini a celarsi all’interno delle opere (Autoritratto feroce, 1992), attuando un meccanismo di camuffamento tipico dei maestri del Rinascimento, capace di far entrare l’artista nelle pieghe della storia per ri-raccontarla attraverso nuove chiavi di lettura. Uno sconfinamento che arriva fino alla terza dimensione, come nel caso del letto presente in Vittoria, opera esposta già alla Biennale di Venezia del 1988. Confusi dal Caos della terra non ci si salva neanche alzando gli occhi al cielo: fra parà che diventano angeli, navi da battaglia e animali, satiri e ballerine, navigatori e cantanti, ci si può rendere, forse, conto che abbiamo perso da un pezzo le redini di ciò che siamo. L’esposizione si pone in stretto dialogo con la mostra che ha luogo nello stesso periodo presso il Padiglione 9a del Mattatoio, Centuria di Giuseppe Salvatori, l’artista e amico con cui Levini ha condiviso non solo una lunga carriera ma anche un linguaggio artistico e poetico. Nel 1978 Salvatori e Levini, insieme ad altri artisti e scrittori del panorama romano, fondano il gruppo di S. Agata de’ Goti, successivamente Renato Barilli li inserisce all’interno del movimento artistico dei Nuovi- Nuovi, in occasione della mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Bologna nella primavera del 1980. Un legame, dunque, che ha resistito al tempo, dagli esordi degli anni Settanta, alla condivisione di progetti più recenti, come il ciclo di mostre Realia della galleria La Nuova Pesa, fino alle attuali mostre presso il Mattatoio di Roma. La mostra di Felice Levini sarà accompagnata da un catalogo a cura di Massimo Belli, con testi di Aurelio Picca, Renato Barilli, Francesco Moschini e Massimo Belli edito da Silvana editoriale.
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