Alessandro Giannì. Psychomachia
Dal 24 Marzo 2024 al 12 Maggio 2024
Palestrina | Roma
Luogo: Museo Archeologico Nazionale Prenestino
Indirizzo: Piazza della Cortina
Enti promotori:
- Direzione Regionale Musei Lazio
Telefono per informazioni: +39 06 9538100
E-Mail info: pm-laz.palestrina@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.polomusealelazio.beniculturali.it
Il Direttore della Direzione Regionale Musei Lazio Stefano Petrocchi in collaborazione con la galleria d’arte Contemporary Cluster, presenta domenica 24 marzo alle ore 11.30 presso il Museo Archeologico Nazionale Prenestino la mostra personale di Alessandro Giannì, Psychomachia, una collezione di ceramiche di grandi dimensioni prodotte in Umbria in collaborazione con Ceramiche Rometti. La mostra è accompagnata dal testo critico di Edoardo De Cobelli.
Per la mostra personale di Alessandro Giannì, il Museo Archeologico si apre per la prima volta al dialogo con il contemporaneo. In questa occasione l’artista, già vicino all’iconografia di ispirazione classica ma di matrice rinascimentale, si è immerso nella storia romana e nel contesto che lo circonda, un contesto non di macerie bensì di rovine, seconda la distinzione che ne fa Marc Augé. Come afferma l’antropologo, sta proprio all’arte ritrovare il tempo delle macerie, trasformandole in rovine, capaci invece di trasmettere la memoria storica delle immagini, risvegliando, nel guardarle, “una coscienza della mancanza”. Si presentano come rovine tutte le sculture presenti nella Sala del Mosaico, un grande spazio al terzo piano del museo che ospita il grandioso mosaico policromo del Nilo, una veduta prospettica del paesaggio egiziano durante l’inondazione del Nilo, realizzato da artisti alessandrini alla fine del II a.C. Si tratta di uno dei più grandi e importanti mosaici ellenistici conservati, un capolavoro assoluto per composizione, finezza di esecuzione, ricchezza cromatica e di dettagli. Da qui traggono ispirazione le opere di Alessandro Giannì: sette sculture in ceramica in cui si osserva lo svolgersi di una battaglia tra forze antagoniste, come ci ricorda il titolo della mostra “Psychomachia”, che letteralmente significa battaglia della mente. Le immagini emergono da un subconscio onirico: un’aquila, che un becco acuminato rende riconoscibile, cerca di uscire da una torre in fiamme; un serpente si fa strada tra le pieghe di un vaso in disfacimento. La ceramica, materia primordiale di creazione, che nasce dall’argilla, erutta in sconvolgimenti teutonici che ricordano l’informale di alcune opere di Leoncillo, o la spontaneità del gesto di Lucio Fontana.
Tra l’ordine e il caos, la rappresentazione e la pura materia, la ceramica smaltata fotografa questo istante, paralizzando lo scontro costante che avviene nella creazione artistica in un momento specifico, carico di potenza e significato. Giannì non parte da un’immagine, non ha un’idea prima. La forma viene fuori lavorando, tanto che l’artista continua a decifrarle una volta compiute. L'artista si lascia agire dalla materia fin nel dialogo con l’inconscio che può avvenire solo attraverso il movimento delle mani e del fare; movimenti che nel caso specifico sono stati guidati nel percorso di creazione delle sculture dalle sapienti mani del direttore artistico della ceramicheria Rometti, Jean-Christophe Clair, e dai suoi artigiani.
Il titolo, Psychomachia, è una parola dal sapore esoterico, ricorda Jodorowsky, forme di preveggenza, il caso, forse, i tarocchi. “Psychomachia” deriva da un poema d’epoca romana. Intorno al V secolo, il politico e poeta Aurelio Prudenzio Clemente, animato da una fede sincera e profonda, scrive un poema di vocazione cristiana, pur ispirandosi alla tradizione pagana. Questo testo fu la prima e più influente allegoria medievale. I suoi versi, che descrivono scontri incredibilmente cruenti e immagini sanguinose, sono l’espressione della lotta tra il bene e il male, i vizi e le virtù cardinali. La Psychomachia è anche la lotta dell’artista con la materia della sua creazione.
Per la mostra personale di Alessandro Giannì, il Museo Archeologico si apre per la prima volta al dialogo con il contemporaneo. In questa occasione l’artista, già vicino all’iconografia di ispirazione classica ma di matrice rinascimentale, si è immerso nella storia romana e nel contesto che lo circonda, un contesto non di macerie bensì di rovine, seconda la distinzione che ne fa Marc Augé. Come afferma l’antropologo, sta proprio all’arte ritrovare il tempo delle macerie, trasformandole in rovine, capaci invece di trasmettere la memoria storica delle immagini, risvegliando, nel guardarle, “una coscienza della mancanza”. Si presentano come rovine tutte le sculture presenti nella Sala del Mosaico, un grande spazio al terzo piano del museo che ospita il grandioso mosaico policromo del Nilo, una veduta prospettica del paesaggio egiziano durante l’inondazione del Nilo, realizzato da artisti alessandrini alla fine del II a.C. Si tratta di uno dei più grandi e importanti mosaici ellenistici conservati, un capolavoro assoluto per composizione, finezza di esecuzione, ricchezza cromatica e di dettagli. Da qui traggono ispirazione le opere di Alessandro Giannì: sette sculture in ceramica in cui si osserva lo svolgersi di una battaglia tra forze antagoniste, come ci ricorda il titolo della mostra “Psychomachia”, che letteralmente significa battaglia della mente. Le immagini emergono da un subconscio onirico: un’aquila, che un becco acuminato rende riconoscibile, cerca di uscire da una torre in fiamme; un serpente si fa strada tra le pieghe di un vaso in disfacimento. La ceramica, materia primordiale di creazione, che nasce dall’argilla, erutta in sconvolgimenti teutonici che ricordano l’informale di alcune opere di Leoncillo, o la spontaneità del gesto di Lucio Fontana.
Tra l’ordine e il caos, la rappresentazione e la pura materia, la ceramica smaltata fotografa questo istante, paralizzando lo scontro costante che avviene nella creazione artistica in un momento specifico, carico di potenza e significato. Giannì non parte da un’immagine, non ha un’idea prima. La forma viene fuori lavorando, tanto che l’artista continua a decifrarle una volta compiute. L'artista si lascia agire dalla materia fin nel dialogo con l’inconscio che può avvenire solo attraverso il movimento delle mani e del fare; movimenti che nel caso specifico sono stati guidati nel percorso di creazione delle sculture dalle sapienti mani del direttore artistico della ceramicheria Rometti, Jean-Christophe Clair, e dai suoi artigiani.
Il titolo, Psychomachia, è una parola dal sapore esoterico, ricorda Jodorowsky, forme di preveggenza, il caso, forse, i tarocchi. “Psychomachia” deriva da un poema d’epoca romana. Intorno al V secolo, il politico e poeta Aurelio Prudenzio Clemente, animato da una fede sincera e profonda, scrive un poema di vocazione cristiana, pur ispirandosi alla tradizione pagana. Questo testo fu la prima e più influente allegoria medievale. I suoi versi, che descrivono scontri incredibilmente cruenti e immagini sanguinose, sono l’espressione della lotta tra il bene e il male, i vizi e le virtù cardinali. La Psychomachia è anche la lotta dell’artista con la materia della sua creazione.
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