Con Torriti e Rusuti è uno dei massimi rappresentanti della scuola romana a cavallo tra ‘200 e ‘300. Nacque certamente a Roma, dato che nei documenti medievali, ma anche nei Commentari di Ghiberti viene citato come pictor romanus. Vasari lo definisce “discepolo di Giotto”, ma è da considerare un errore di anacronismo dettato dal toscanocentrismo dell’autore delle Vite.
Tra le grandi committenze ricevute da Cavallini, la prima fu quella per San Paolo fuori le mura: due cicli ad affresco con le Storie degli Apostoli e dell’Antico Testamento e i mosaici con i Busti dei Papi. Naturalmente di queste opere, realizzate tra gli anni ’70 e ’80 non resta più nulla, se non alcune copie a disegno a causa dell’incendio del 1823.
Seguì la decorazione per Bertoldo Stefaneschi nell’abside di Santa Maria in Trastever, dove realizzò i mosaici con le Storie della Vergine (1291 o 1296 ca.), e lo splendido affresco con il Giudizio Universale per Santa Cecilia in Trastevere (1293). A Roma lavorò anche per Santa Maria in Aracoeli (Affresco per tomba Acquasparta, 1302; cappella San Pasquale Baylon; perduta abside con Apparizione della Sibilla ad Augusto, 1298); Santa Maria Maggiore (clipei con Profeti e Storie dell’antico Testamento); San Pietro (affreschi perduti in controfacciata); San Giorgio al Velabro (abside); San Crisogono; San Francesco a Ripa (perduti).
In seguito si trasferì a Napoli, dove affrescò la Cappella Brancaccio in San Domenico Maggiore (1308) e a Santa Maria Donnaregina (1317). Morì a Roma quasi centenario, come ricorda un suo discendente.
Una recente tesi attribuisce a Cavallini gli affreschi con le Storie di San Francesco della Basilica superiore d’Assisi, da sempre attribuiti a Giotto.
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Arnolfo Di Cambio