Vittoria alata
La statua in bronzo della Vittoria alata è per composizione, conservazione e materiale una delle opere più rappresentative dell’arte romana. Venne trovata a Brescia nel 1826 presso il Capitolium, in occasione di indagini archeologiche condotte dai membri dell’Ateneo di Scienze Lettere e Arti ai piedi del colle Cidneo, unitamente a centinaia di altri manufatti in bronzo. Nel bronzo è riprodotta una figura femminile alata, alta poco meno di due metri (cm 194), con una postura oggi incompleta per la perdita di alcuni elementi che ne completavano il gesto e la posizione di equilibrio; il piede sinistro doveva poggiare molto probabilmente sull’elmo di Marte, il braccio sinistro doveva trattenere uno scudo, sostenuto anche dalla gamba flessa, scudo sul quale, con uno stilo, la divinità aveva inciso il nome del vincitore, affidandolo al bronzo e offrendolo alla vista di chi la guardava.
A contatto con il corpo è riprodotto un chitone leggero, trattenuto in alto forse da due fermagli, oggi perduti; la veste è scesa sulla spalla destra e lascia scoperto anche il seno, mentre sul resto del busto aderisce con un effetto quasi di bagnato. La parte inferiore del corpo è coperta da un himation, di aspetto e di volume più pesanti, che si avvolge intorno alle gambe e ai fianchi da sinistra verso destra, caratterizzando con questo andamento il tipo statuario.
Il volto presenta due lamine metalliche che chiudono le orbite, probabilmente inserite poco dopo la scoperta, a risarcire i vuoti degli occhi originali andati perduti; i capelli, acconciati con una sorta di chignon, sono trattenuti da una fascia illuminata da agemine in argento, che riproducono foglie probabilmente di mirto e rosette.
In alcune zone delle parti anatomiche non coperte dagli abiti si intravedono tracce di doratura, trattamento forse riservato all’epidermide. Completano la figura due ampie ali caratterizzate da lunghe piume, pressoché bidimensionali nella parte inferiore e più plastiche nella parte alta.
I dettagli stilistici nonché quelli riscontrati per il metodo di realizzazione della statua non possono che essere la cifra di un atelier di alto livello, che poteva avvalersi di un artista maturo per la scelta del modello e la costruzione armonica di questo tipo statuario unico e originale nel panorama di quanto noto, ma anche di maestranze qualificate e ben organizzate. La statua infatti è stata realizzata con il metodo della fusione a cera persa cava indiretta, costituita da almeno 30 parti fuse separatamente e poi saldate tra loro. Non si esclude che possa essere stata realizzata in Italia settentrionale.
Indubbiamente il bronzo doveva trovarsi in un edificio o in uno spazio pubblico dell’antica Brixia, offerto alla vista dei cittadini e a ricordo forse di un successo militare.
Allo stato attuale delle conoscenze sull’urbanistica e l’architettura pubblica di Brescia per i decenni centrali del I secolo d. C. le ipotesi che possono essere avanzate riguardano spazi e monumenti topograficamente vicini al luogo del rinvenimento stesso.
Avrebbe potuto accogliere la statua, ad esempio, il rinnovato santuario tardorepubblicano, che in età augustea subì una significativa trasformazione dell’architettura e degli apparati decorativi, che rimase in uso sino alla costruzione del Capitolium flavio, avvenuta dopo il 69 d. C. per invito dell’imperatore Vespasiano stesso. Anche in questo nuovo edificio di culto poteva essere collocata la Vittoria alata, così come nel foro, che con i suoi portici era in continuità architettonica con il tempio, garantendo una quinta monumentale di grande scenografia per il cuore religioso e politico della città.
Non si può escludere infine nemmeno il contiguo teatro, la cui fase più antica risale all’età augustea, con modifiche e adeguamenti nel tempo, sino ad arrivare al completo rifacimento della scena in età severiana.
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