Dal 25 ottobre a Roma
Tre nuove mostre da scoprire al MAXXI: Architettura instabile, il Bulgari Prize e la Torre Velasca
MAXXI, Architettura instabile: Diller Sconfidio + Renfro, The Shed, 2022. Photo Iwan Baan I Courtesy DS+R
Francesca Grego
24/10/2024
Roma - Sono state presentate questa mattina le mostre che animeranno l’inverno del MAXXI: un nuovo viaggio tra passato e futuro, una nuova sfida alle frontiere artistiche consuete, tra icone riconosciute e possibilità impreviste. In corso da domani, venerdì 25 ottobre, fino a marzo 2025, i progetti della prossima stagione spaziano dall’architettura all’arte contemporanea con prestigiose collaborazioni nazionali e internazionali.
Cominciamo dal MAXXI BVLGARI PRIZE, il premio internazionale di arte contemporanea che dal 2001 - quando si chiamava Premio per la Giovane Arte - è stato un trampolino di lancio per artisti oggi ben noti, da Vanessa Beecroft a Francesco Vezzoli, da Giorgio Andreotta Calò a Yuri Ancarani, Rossella Biscotti, Lara Favaretto, Marinella Senatore, Nico Vascellari, Diego Marcon. Anche questa volta tre opere site specific realizzate per l’occasione si daranno battaglia nella sala Gian Ferrari del museo sotto gli occhi dei visitatori, che potranno esprimere la propria preferenza per uno dei tre. Dal 2025, infine, l’opera vincitrice entrerà a far parte delle collezioni del MAXXI.
MAXXI BVLGARI PRIZE: Monia Ben Hamouda, Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X, 2024. Photo MUSA
Selezionati da una prestigiosa giuria internazionale, i finalisti di questa edizione, sono Riccardo Benassi (Cremona, 1982), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Binta Diaw (Milano, 1995).
Ad aprire il percorso è il primo con l’opera ASSENZAHAH ESSENZAHAH (2024). All’interno del montacarichi del MAXXI due cani robotici eseguono delle coreografie, muovendosi nello spazio accompagnati da un componimento musicale e da un testo laser proiettato sulle pareti. L’installazione ci invita a riflettere sulle nostre esistenze e sull'impatto delle nuove tecnologie che investono i nostri spazi domestici, emozionali e corporei.
L’opera di Binta Diaw è intrisa di memoria personale e collettiva: si intitola Juroom ñaar (2024) ed è ispirata a un evento della storia del Senegal commemorato dall’artista con sette colonne di carbone. Sette furono infatti le donne del villaggio senegalese di Nder che nel 1819 morirono dandosi fuoco per evitare la schiavitù a seguito dell’invasione dei Mori. Intorno alle sculture trecce di capelli, suoni e voci in lingua Wolof accompagnano il visitatore in una riflessione sulle forme di resistenza agli abusi.
Denso di simboli è Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024) di Monia Ben Hamouda, che si compone di dieci pannelli metallici intagliati a laser con motivi ispirati alla calligrafia islamica e alle moschee. Le lastre dipinte con spezie come paprika, ibisco e cannella sono installate sulla parete in fondo alla galleria, comunicando una sensazione di collasso che evoca la fragilità delle identità contemporanee.
MAXXI BVLGARI PRIZE: Binta Draw, Juroom ñaar, 2024. Photo MUSA
Novità di quest’anno è il MAXXI BVLGARI PRIZE for Digital Art, che ha assegnato la menzione speciale per il miglior progetto digitale a Roberto Fassone. A gennaio l'artista presenterà nella hall del Museo il progetto And we thought (2021 - ongoing), con il quale esplora il rapporto tra autorialità e intelligenza artificiale, indagando i limiti dell’immaginazione e sfidando le logiche autoreferenziali del sistema artistico contemporaneo.
“Giunto alla quarta edizione, il MAXXI Bvlgari Prize rappresenta il premio di riferimento per la valorizzazione dei giovani artisti italiani. Dal 2018 il museo. collabora con Bulgari al fine di sostenere e promuovere i percorsi delle ultime generazioni di artisti, dando vita a un'ampia rete di ricerche e prospettive che affrontano urgenze contemporanee ed esprimono la complessità del tempo in cui viviamo”, ha detto il direttore del MAXXI Francesco Stocchi.
Architettura instabile, a cura di Diller Scofidio + Renfro: InstantCity, 1970. Archigram Collection Frac Centre Val de Loire
L’architettura è la matrice comune degli altri due progetti in campo. Il primo porta a Roma uno dei più noti e influenti studi di progettazione a livello globale, i newyorchesi Diller Scofidio + Renfro (DS+R), per intenderci gli autori della riprogettazione del MoMa, della High Line di New York, della ristrutturazione del Lincoln Center, mentre tra i prossimi cantieri ci sono i depositi visitabili del Victoria and Albert Museum di Londra e il Pina Bausch Center di Wuppertal. Restless Architecture / Architettura instabile è il titolo del progetto che li porta al MAXXI, un ossimoro solo apparente che sfida la tradizionale firmitas vitruviana puntando sul movimento.
“L'invito a curare e progettare una mostra sull'architettura in movimento al MAXXI è stata un'opportunità per coinvolgere la dinamica dell'edificio di Zaha Hadid e, allo stesso tempo, per collocare il lavoro del nostro studio all'interno di una più ampia costellazione di progetti architettonici definiti dalla loro resistenza all'ostinazione dell'inerzia dell'architettura”, spiega Elizabeth Diller: “La stabilità non è sempre una virtù per l'architettura. Il nostro mondo dinamico è plasmato dall'incessante susseguirsi di sconvolgimenti politici, fluttuazioni economiche, riforme sociali, cambiamenti climatici e innovazioni tecnologiche, che rendono l'inerzia dell'architettura una sua responsabilità. Perché l'architettura dovrebbe stare ferma?”.
MAXXI, Architettura instabile. Photo Vincenzo Labellarte
L’allestimento al MAXXI è stato pensato da DS+R come un’opera coreografica cinetica: in perfetta sincronia con suoni e immagini, un sistema di tende si muove nella galleria ridefinendone continuamente lo spazio e offrendone letture inaspettate. In quattro sezioni, 26 progetti illustrano le sorprendenti possibilità di un’architettura definita dal movimento: dagli edifici adattativi, che si evolvono in parallelo con la società e la tecnologia, alle architetture mobili che si spostano insieme agli utenti, offrendo spazio e rifugio proprio dove serve, fino agli edifici azionabili, che rispondono alle esigenze dei corpi umani, ed ecodinamici, che non resistono alle forze della natura, ma interagiscono con loro in modo sostenibile.
MAXXI, La Torre Velasca dei BBPR: Vista della Torre - N.INV. F64995, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Collezione MAXXI Architettura. Archivio Studio BBPR - Comodato Alberico Belgiojoso
Protagonista dell’ultima mostra è un edificio simbolo di Milano, del boom economico e della ricostruzione post-bellica: parliamo della Torre Velasca, il primo esempio di grattacielo all’italiana, che ha cambiato per sempre lo skyline della città, oggi è al centro di un progetto di restauro e rigenerazione urbana guidato da Hines. A rendere interessante il progetto La Torre Velasca dei BBPR sono soprattutto i ricchissimi materiali d’archivio, catalogati, studiati e selezionati dal Centro Archivi del MAXXI grazie al comodato d’uso dell’archivio BBPR: fotografie, elaborati grafici, documenti che ripercorrono la storia dell’edificio dagli studi preliminari fino alla progettazione degli interni e ai dettagli degli arredi. Storiche fotografie del cantiere raccontano la costruzione avvenuta in soli nove mesi e venti giorni, mentre nel cuore della sala campeggia il modello originale della Torre Velasca, in prestito dal Centre Pompidou. Un percorso phygital, infine, esplora la crescita verticale di Milano e la ricerca strutturale alla base dell’edificio con dispositivi di realtà aumentata e realtà virtuale.
Cominciamo dal MAXXI BVLGARI PRIZE, il premio internazionale di arte contemporanea che dal 2001 - quando si chiamava Premio per la Giovane Arte - è stato un trampolino di lancio per artisti oggi ben noti, da Vanessa Beecroft a Francesco Vezzoli, da Giorgio Andreotta Calò a Yuri Ancarani, Rossella Biscotti, Lara Favaretto, Marinella Senatore, Nico Vascellari, Diego Marcon. Anche questa volta tre opere site specific realizzate per l’occasione si daranno battaglia nella sala Gian Ferrari del museo sotto gli occhi dei visitatori, che potranno esprimere la propria preferenza per uno dei tre. Dal 2025, infine, l’opera vincitrice entrerà a far parte delle collezioni del MAXXI.
MAXXI BVLGARI PRIZE: Monia Ben Hamouda, Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X, 2024. Photo MUSA
Selezionati da una prestigiosa giuria internazionale, i finalisti di questa edizione, sono Riccardo Benassi (Cremona, 1982), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Binta Diaw (Milano, 1995).
Ad aprire il percorso è il primo con l’opera ASSENZAHAH ESSENZAHAH (2024). All’interno del montacarichi del MAXXI due cani robotici eseguono delle coreografie, muovendosi nello spazio accompagnati da un componimento musicale e da un testo laser proiettato sulle pareti. L’installazione ci invita a riflettere sulle nostre esistenze e sull'impatto delle nuove tecnologie che investono i nostri spazi domestici, emozionali e corporei.
L’opera di Binta Diaw è intrisa di memoria personale e collettiva: si intitola Juroom ñaar (2024) ed è ispirata a un evento della storia del Senegal commemorato dall’artista con sette colonne di carbone. Sette furono infatti le donne del villaggio senegalese di Nder che nel 1819 morirono dandosi fuoco per evitare la schiavitù a seguito dell’invasione dei Mori. Intorno alle sculture trecce di capelli, suoni e voci in lingua Wolof accompagnano il visitatore in una riflessione sulle forme di resistenza agli abusi.
Denso di simboli è Theology of Collapse (The Myth of Past) I-X (2024) di Monia Ben Hamouda, che si compone di dieci pannelli metallici intagliati a laser con motivi ispirati alla calligrafia islamica e alle moschee. Le lastre dipinte con spezie come paprika, ibisco e cannella sono installate sulla parete in fondo alla galleria, comunicando una sensazione di collasso che evoca la fragilità delle identità contemporanee.
MAXXI BVLGARI PRIZE: Binta Draw, Juroom ñaar, 2024. Photo MUSA
Novità di quest’anno è il MAXXI BVLGARI PRIZE for Digital Art, che ha assegnato la menzione speciale per il miglior progetto digitale a Roberto Fassone. A gennaio l'artista presenterà nella hall del Museo il progetto And we thought (2021 - ongoing), con il quale esplora il rapporto tra autorialità e intelligenza artificiale, indagando i limiti dell’immaginazione e sfidando le logiche autoreferenziali del sistema artistico contemporaneo.
“Giunto alla quarta edizione, il MAXXI Bvlgari Prize rappresenta il premio di riferimento per la valorizzazione dei giovani artisti italiani. Dal 2018 il museo. collabora con Bulgari al fine di sostenere e promuovere i percorsi delle ultime generazioni di artisti, dando vita a un'ampia rete di ricerche e prospettive che affrontano urgenze contemporanee ed esprimono la complessità del tempo in cui viviamo”, ha detto il direttore del MAXXI Francesco Stocchi.
Architettura instabile, a cura di Diller Scofidio + Renfro: InstantCity, 1970. Archigram Collection Frac Centre Val de Loire
L’architettura è la matrice comune degli altri due progetti in campo. Il primo porta a Roma uno dei più noti e influenti studi di progettazione a livello globale, i newyorchesi Diller Scofidio + Renfro (DS+R), per intenderci gli autori della riprogettazione del MoMa, della High Line di New York, della ristrutturazione del Lincoln Center, mentre tra i prossimi cantieri ci sono i depositi visitabili del Victoria and Albert Museum di Londra e il Pina Bausch Center di Wuppertal. Restless Architecture / Architettura instabile è il titolo del progetto che li porta al MAXXI, un ossimoro solo apparente che sfida la tradizionale firmitas vitruviana puntando sul movimento.
“L'invito a curare e progettare una mostra sull'architettura in movimento al MAXXI è stata un'opportunità per coinvolgere la dinamica dell'edificio di Zaha Hadid e, allo stesso tempo, per collocare il lavoro del nostro studio all'interno di una più ampia costellazione di progetti architettonici definiti dalla loro resistenza all'ostinazione dell'inerzia dell'architettura”, spiega Elizabeth Diller: “La stabilità non è sempre una virtù per l'architettura. Il nostro mondo dinamico è plasmato dall'incessante susseguirsi di sconvolgimenti politici, fluttuazioni economiche, riforme sociali, cambiamenti climatici e innovazioni tecnologiche, che rendono l'inerzia dell'architettura una sua responsabilità. Perché l'architettura dovrebbe stare ferma?”.
MAXXI, Architettura instabile. Photo Vincenzo Labellarte
L’allestimento al MAXXI è stato pensato da DS+R come un’opera coreografica cinetica: in perfetta sincronia con suoni e immagini, un sistema di tende si muove nella galleria ridefinendone continuamente lo spazio e offrendone letture inaspettate. In quattro sezioni, 26 progetti illustrano le sorprendenti possibilità di un’architettura definita dal movimento: dagli edifici adattativi, che si evolvono in parallelo con la società e la tecnologia, alle architetture mobili che si spostano insieme agli utenti, offrendo spazio e rifugio proprio dove serve, fino agli edifici azionabili, che rispondono alle esigenze dei corpi umani, ed ecodinamici, che non resistono alle forze della natura, ma interagiscono con loro in modo sostenibile.
MAXXI, La Torre Velasca dei BBPR: Vista della Torre - N.INV. F64995, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. Collezione MAXXI Architettura. Archivio Studio BBPR - Comodato Alberico Belgiojoso
Protagonista dell’ultima mostra è un edificio simbolo di Milano, del boom economico e della ricostruzione post-bellica: parliamo della Torre Velasca, il primo esempio di grattacielo all’italiana, che ha cambiato per sempre lo skyline della città, oggi è al centro di un progetto di restauro e rigenerazione urbana guidato da Hines. A rendere interessante il progetto La Torre Velasca dei BBPR sono soprattutto i ricchissimi materiali d’archivio, catalogati, studiati e selezionati dal Centro Archivi del MAXXI grazie al comodato d’uso dell’archivio BBPR: fotografie, elaborati grafici, documenti che ripercorrono la storia dell’edificio dagli studi preliminari fino alla progettazione degli interni e ai dettagli degli arredi. Storiche fotografie del cantiere raccontano la costruzione avvenuta in soli nove mesi e venti giorni, mentre nel cuore della sala campeggia il modello originale della Torre Velasca, in prestito dal Centre Pompidou. Un percorso phygital, infine, esplora la crescita verticale di Milano e la ricerca strutturale alla base dell’edificio con dispositivi di realtà aumentata e realtà virtuale.
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