Dal 14 febbraio al 14 settembre a Roma
Al Chiostro del Bramante un omaggio al potere dei fiori, tra fragilità e resistenza
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale, Allestimento | Courtesy Chiostro del Bramante
Samantha De Martin
13/02/2025
Roma - Il consiglio è quello di entrare in silenzio, spegnere ogni dispositivo disturbante e respirare l’odore dell’arancio e della rosa, per assaporare con intimo raccoglimento il piacere di un fiore che sboccia, e con panica rassegnazione il tempo effimero di una natura che si dissolve per poi rinascere.
È un percorso leggero e brioso quello che dal 14 febbraio al 14 settembre porta al Chiostro del Bramante l’inesauribile potere evocativo dei fiori, capaci di congiungere arte, scienza e tecnologia in un racconto universale che attraversa i secoli, dalla delicata grazia di Eva rappresentata da Jules-Aimée Dalou adornata di fiori del paradiso alle reinterpretazioni delle nature morte fiamminghe fatte da Ann Carrington con cucchiai, forchette e altri oggetti di uso quotidiano, fino alle più recenti sperimentazioni dell’arte contemporanea con le tecnologie digitali.
Curata da Franziska Stöhr con Roger Diederen, in collaborazione con Suzanne Landau, “Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale” propone un viaggio attraverso cinque secoli di arte, cultura e innovazione, a testimonianza del fatto che, come spiega Natalia de Marco, direttrice artistica del Chiostro del Bramante, “I fiori sono molto più di semplici elementi decorativi, sono simboli universali che rappresentano ogni aspetto della vita: dalla resistenza alla spiritualità, dall’amore al conflitto, dalla scienza all’ecologia”.
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale, Allestimento | Courtesy Chiostro del Bramante
Attraverso un viaggio sensoriale e olfattivo ideato da Campomarzio70, che vede protagonisti quattro fiori nobili utilizzati in profumeria - arancio, gelsomino, rosa e tuberosa, ciascuno presente singolarmente in altrettante sale - le oltre 90 opere in mostra ci guidano tra dieci diversi Paesi del mondo grazie a prestiti da istituzioni prestigiose come il Louvre, il Musée d'Orsay, il Petit Palais, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi e i Royal Botanic Gardens, Kew di Londra, l'Israel Museum di Gerusalemme.
I linguaggi e le ricerche artistiche si intrecciano all’ecologia per offrire al pubblico una visione toccante e urgente delle trasformazioni in atto. I fiori si fanno narrazioni di storie potenti, raccontano ecosistemi minacciati, ma anche la speranza di una qualche rigenerazione. Il 40% degli insetti impollinatori nel mondo è a rischio estinzione. Ed ecco allora in mostra gli strumenti per l’impollinazione e la raccolta degli agricoltori cinesi, o il fiore di pero impollinato manualmente nella provincia cinese di Sichuan, simbolo della lotta contro l’assenza di insetti impollinatori decimati dall’uso intensivo di pesticidi. Con Honeyflower l’artista tedesco Maximilian Prüfer mescola arte e denuncia ecologica.
Il ronzio delle api ci guida verso Pyongyang I di Andreas Gursky che documenta un momento straordinario dell’Arirang Festival in Coreadel Nord, un evento di massa noto per le sue coreagorafie di grande impatto visivo, dove centinaia di persone si muovono in perfetta sincronia trasformandosi in fiori.
Il visitatore è quindi invitato a divertirsi attraversando la foresta di Tamiko Thiel e diventando parte attiva di un paesaggio caratterizzato da abeti rossi e l’olmo campestre. E ancora a carpire i significati, legati alla mitologia e alla religione, di fiori come il giglio, il narciso, o ancora a conoscere il ruolo simbolico e storico del cosiddetto “fiore di pavone”, documentato come abortivo da parte delle donne africane schiavizzate in Suriname, che durante la deportazione ne nascondevano i semi tra i capelli.
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale, Allestimento | Courtesy Chiostro del Bramante
Se una moderna camera delle meraviglie invita ad abbandonarsi all’esplorazione attraverso il corpo, tributo alla profonda connessione tra arte e scienza, Ursula Schleicher-Benz esorta a perdersi nella contemplazione del suo orologio floreale che riflette l’interesse del botanoico svedese Carlo Linneo per il comportamnento temporale delle piante.
Se Ai Weiwei e Kapwani Kiwanga utilizzano i fiori come metafora di resistenza e rigenerazione, ponendo l’accento sulle sfide sociali e ambientali del nostro tempo, Studio Drift affascina con le sue installazioni tecnologiche ispirate ai processi naturali, mentre Rebecca Louise Law crea un suggestivo corridoio per un’esperienza sensoriale di grande impatto.
Una sezione speciale è dedicata ai fiori nella scienza e nella politica, sottolineando come questi simboli naturali abbiano spesso avuto un ruolo cruciale nelle dinamiche culturali e sociali, dalle problematiche ecologiche alle battaglie per i diritti civili. Ci sono due opere che restano impresse più delle altre. Blackfield, creata dall’artista Zadok Ben-David, si compone di migliaia di fiori in acciaio inciso, ciascuno derivato da illustrazioni botaniche storiche, evocando percezioni sulla vita e la morte, un omaggio alla natura e alla sua evoluzione. La seconda si intitola “The flower that never dies, in the painting that never dries”. I suoi autori, Lee Baker e Catherine Borowski invitano letteralmente a sdraiarsi sotto l’installazione per esplorare il modo in cui il mondo fisico e quello virtuale si intrecciano. Da sempre simbolo dell’impermanenza e della bellezza effimera, i fiori diventano qui una riflessione sulla persistenza del digitale. Nella cultura giapponese il concetto di mono no aware traduce la dolce malinconia suscitata dall’osservazione di un fiore. Tuttavia un fiore digitale che si schiude senza appassire ribalta questa dinamica esistendo in un eterno presente. E il pubblico ne gode, sebbene immerso in una situzione artificiale, ammaliato da un’opera ponte tra la natura e la tecnologia, che stimola una connesione sensoriale che va oltre la realtà fisica.
È un percorso leggero e brioso quello che dal 14 febbraio al 14 settembre porta al Chiostro del Bramante l’inesauribile potere evocativo dei fiori, capaci di congiungere arte, scienza e tecnologia in un racconto universale che attraversa i secoli, dalla delicata grazia di Eva rappresentata da Jules-Aimée Dalou adornata di fiori del paradiso alle reinterpretazioni delle nature morte fiamminghe fatte da Ann Carrington con cucchiai, forchette e altri oggetti di uso quotidiano, fino alle più recenti sperimentazioni dell’arte contemporanea con le tecnologie digitali.
Curata da Franziska Stöhr con Roger Diederen, in collaborazione con Suzanne Landau, “Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale” propone un viaggio attraverso cinque secoli di arte, cultura e innovazione, a testimonianza del fatto che, come spiega Natalia de Marco, direttrice artistica del Chiostro del Bramante, “I fiori sono molto più di semplici elementi decorativi, sono simboli universali che rappresentano ogni aspetto della vita: dalla resistenza alla spiritualità, dall’amore al conflitto, dalla scienza all’ecologia”.
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale, Allestimento | Courtesy Chiostro del Bramante
Attraverso un viaggio sensoriale e olfattivo ideato da Campomarzio70, che vede protagonisti quattro fiori nobili utilizzati in profumeria - arancio, gelsomino, rosa e tuberosa, ciascuno presente singolarmente in altrettante sale - le oltre 90 opere in mostra ci guidano tra dieci diversi Paesi del mondo grazie a prestiti da istituzioni prestigiose come il Louvre, il Musée d'Orsay, il Petit Palais, il Musée des Arts Décoratifs di Parigi e i Royal Botanic Gardens, Kew di Londra, l'Israel Museum di Gerusalemme.
I linguaggi e le ricerche artistiche si intrecciano all’ecologia per offrire al pubblico una visione toccante e urgente delle trasformazioni in atto. I fiori si fanno narrazioni di storie potenti, raccontano ecosistemi minacciati, ma anche la speranza di una qualche rigenerazione. Il 40% degli insetti impollinatori nel mondo è a rischio estinzione. Ed ecco allora in mostra gli strumenti per l’impollinazione e la raccolta degli agricoltori cinesi, o il fiore di pero impollinato manualmente nella provincia cinese di Sichuan, simbolo della lotta contro l’assenza di insetti impollinatori decimati dall’uso intensivo di pesticidi. Con Honeyflower l’artista tedesco Maximilian Prüfer mescola arte e denuncia ecologica.
Il ronzio delle api ci guida verso Pyongyang I di Andreas Gursky che documenta un momento straordinario dell’Arirang Festival in Coreadel Nord, un evento di massa noto per le sue coreagorafie di grande impatto visivo, dove centinaia di persone si muovono in perfetta sincronia trasformandosi in fiori.
Il visitatore è quindi invitato a divertirsi attraversando la foresta di Tamiko Thiel e diventando parte attiva di un paesaggio caratterizzato da abeti rossi e l’olmo campestre. E ancora a carpire i significati, legati alla mitologia e alla religione, di fiori come il giglio, il narciso, o ancora a conoscere il ruolo simbolico e storico del cosiddetto “fiore di pavone”, documentato come abortivo da parte delle donne africane schiavizzate in Suriname, che durante la deportazione ne nascondevano i semi tra i capelli.
Flowers. Dal Rinascimento all’intelligenza artificiale, Allestimento | Courtesy Chiostro del Bramante
Se una moderna camera delle meraviglie invita ad abbandonarsi all’esplorazione attraverso il corpo, tributo alla profonda connessione tra arte e scienza, Ursula Schleicher-Benz esorta a perdersi nella contemplazione del suo orologio floreale che riflette l’interesse del botanoico svedese Carlo Linneo per il comportamnento temporale delle piante.
Se Ai Weiwei e Kapwani Kiwanga utilizzano i fiori come metafora di resistenza e rigenerazione, ponendo l’accento sulle sfide sociali e ambientali del nostro tempo, Studio Drift affascina con le sue installazioni tecnologiche ispirate ai processi naturali, mentre Rebecca Louise Law crea un suggestivo corridoio per un’esperienza sensoriale di grande impatto.
Una sezione speciale è dedicata ai fiori nella scienza e nella politica, sottolineando come questi simboli naturali abbiano spesso avuto un ruolo cruciale nelle dinamiche culturali e sociali, dalle problematiche ecologiche alle battaglie per i diritti civili. Ci sono due opere che restano impresse più delle altre. Blackfield, creata dall’artista Zadok Ben-David, si compone di migliaia di fiori in acciaio inciso, ciascuno derivato da illustrazioni botaniche storiche, evocando percezioni sulla vita e la morte, un omaggio alla natura e alla sua evoluzione. La seconda si intitola “The flower that never dies, in the painting that never dries”. I suoi autori, Lee Baker e Catherine Borowski invitano letteralmente a sdraiarsi sotto l’installazione per esplorare il modo in cui il mondo fisico e quello virtuale si intrecciano. Da sempre simbolo dell’impermanenza e della bellezza effimera, i fiori diventano qui una riflessione sulla persistenza del digitale. Nella cultura giapponese il concetto di mono no aware traduce la dolce malinconia suscitata dall’osservazione di un fiore. Tuttavia un fiore digitale che si schiude senza appassire ribalta questa dinamica esistendo in un eterno presente. E il pubblico ne gode, sebbene immerso in una situzione artificiale, ammaliato da un’opera ponte tra la natura e la tecnologia, che stimola una connesione sensoriale che va oltre la realtà fisica.
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