Inaugurato dopo 14 anni di chiusura il complesso monumentale nel Ghetto di Roma
Nuova vita al Portico d’Ottavia
Courtesy Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali |
Il Portico di Ottavia
Francesca Grego
19/12/2017
Dopo 14 anni di ponteggi e restauri, il Portico di Ottavia è restituito alla città.
Luogo simbolo del ghetto ebraico della Capitale, il complesso monumentale rappresenta anche “uno dei cuori di Roma antica”, come ha sottolineato il soprintendente capitolino Claudio Parisi Presicce.
Tecnologie di ultima generazione e la passione di un team di archeologi, architetti e ingegneri hanno consentito di portare a termine un intervento particolarmente delicato: secolari problematiche di staticità aggravatesi negli ultimi anni minavano l’equilibrio del quadriportico, al punto da minacciare la sicurezza dei visitatori.
Il progetto di recupero, realizzato in tre fasi, ha riguardato il consolidamento della strutture, ma anche il restauro delle parti lapidee, degli intonaci e degli affreschi. Nel 2018 il lavoro sarà completato con un breve intervento di restauro sulle pareti laterali e sul podio, mentre sonde inserite in una colonna monitoreranno eventuali piccoli movimenti nei prossimi due anni.
Una storia affascinante e tormentata quella del Portico, che già pochi anni dopo la sua costruzione fu funestato da incendi e terremoti.
Nato dalla volontà di Augusto, che lo intitolò a sua sorella Ottavia, in età romana il monumento fu quello che oggi definiremmo un prestigioso centro polifunzionale: nel recinto delle sue colonne erano racchiusi i templi di Giunone Regina e Giove Stratore, una biblioteca greca e una latina, nonché un grande ambiente per le pubbliche riunioni, la Curia Octaviae.
Gli spazi esterni potevano essere paragonati a un museo a cielo aperto: vi trovava posto una gran quantità di opere d’arte, tra cui spiccavano le 24 statue bronzee della Turma Alexandri, realizzate dal grande scultore greco Lisippo.
Più tardi il raffinato quadriportico fu adibito a mercato del pesce. Fin dall’età tardo-antica una lapide decretava che le teste dei pesci più grossi, adatte alla preparazione di zuppe prelibate, dovevano essere cedute gratuitamente agli alti funzionari del Campidoglio.
Destinazione che rimase immutata fino alla fine dell’Ottocento, quando il Portico d’Ottavia era noto semplicemente come la Pescheria, principale mercato ittico dell’Urbe.
Intanto, nel XVI secolo l’area circostante era stata occupata dal Claustro degli Ebrei, il Ghetto di Roma, mentre fin dall’VIII secolo era sorta proprio a ridosso del Forum Piscium la bella di chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, oggi parte integrante del complesso monumentale, del quale restano l’angolo Sud-orientale e il grande propileo di accesso.
Leggi anche:
• Domus, magazzini e tabernae: a Ostia Antica rinasce il Decumano
• L'epopea di Traiano in una grande mostra
• La Tomba Barberini svela al pubblico i suoi segreti
Luogo simbolo del ghetto ebraico della Capitale, il complesso monumentale rappresenta anche “uno dei cuori di Roma antica”, come ha sottolineato il soprintendente capitolino Claudio Parisi Presicce.
Tecnologie di ultima generazione e la passione di un team di archeologi, architetti e ingegneri hanno consentito di portare a termine un intervento particolarmente delicato: secolari problematiche di staticità aggravatesi negli ultimi anni minavano l’equilibrio del quadriportico, al punto da minacciare la sicurezza dei visitatori.
Il progetto di recupero, realizzato in tre fasi, ha riguardato il consolidamento della strutture, ma anche il restauro delle parti lapidee, degli intonaci e degli affreschi. Nel 2018 il lavoro sarà completato con un breve intervento di restauro sulle pareti laterali e sul podio, mentre sonde inserite in una colonna monitoreranno eventuali piccoli movimenti nei prossimi due anni.
Una storia affascinante e tormentata quella del Portico, che già pochi anni dopo la sua costruzione fu funestato da incendi e terremoti.
Nato dalla volontà di Augusto, che lo intitolò a sua sorella Ottavia, in età romana il monumento fu quello che oggi definiremmo un prestigioso centro polifunzionale: nel recinto delle sue colonne erano racchiusi i templi di Giunone Regina e Giove Stratore, una biblioteca greca e una latina, nonché un grande ambiente per le pubbliche riunioni, la Curia Octaviae.
Gli spazi esterni potevano essere paragonati a un museo a cielo aperto: vi trovava posto una gran quantità di opere d’arte, tra cui spiccavano le 24 statue bronzee della Turma Alexandri, realizzate dal grande scultore greco Lisippo.
Più tardi il raffinato quadriportico fu adibito a mercato del pesce. Fin dall’età tardo-antica una lapide decretava che le teste dei pesci più grossi, adatte alla preparazione di zuppe prelibate, dovevano essere cedute gratuitamente agli alti funzionari del Campidoglio.
Destinazione che rimase immutata fino alla fine dell’Ottocento, quando il Portico d’Ottavia era noto semplicemente come la Pescheria, principale mercato ittico dell’Urbe.
Intanto, nel XVI secolo l’area circostante era stata occupata dal Claustro degli Ebrei, il Ghetto di Roma, mentre fin dall’VIII secolo era sorta proprio a ridosso del Forum Piscium la bella di chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, oggi parte integrante del complesso monumentale, del quale restano l’angolo Sud-orientale e il grande propileo di accesso.
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