Cenni biografici

Luca Signorelli
 

14/09/2001

I natali di Luca Signorelli sono generalmente fissati a Cortona intorno al 1450. Maestro tra i più noti del nostro Rinascimento, è però sempre rimasto in ombra al cospetto di Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Andrea del Verrocchio, suoi contemporanei e interlocutori (con i quali intrattenne un vivace dialogo). Sotto il segno di Piero della Francesca si colloca la sua formazione. Nel cantiere di San Francesco ad Arezzo, egli impara le regole della prospettiva geometrica e della costruzione plastica delle figure. La personalità del maestro lo incanta e l’esempio delle sue opere non gli è indifferente: quando tra il 1470 e il 1480 Luca dipinge la "Flagellazione" (Milano, Pinacoteca di Brera), sua prima prova documentata, ha in testa l’omonima opera di Piero (Urbino, Palazzo Ducale). Intorno alla figura del Cristo legato alla colonna e all’interno di un edificio inequivocabilmente classico, gli aguzzini si danno alla violenza. Le figure sono plastiche, racchiuse da contorni che ne esaltano le anatomie e mantengono una solidità e una monumentalità dalle quali anche Michelangelo sarà ispirato. Il trasferimento ad Urbino, presso la corte dei Montefeltro, serve al pittore per allargare le conoscenze in fatto di artisti contemporanei. Francesco di Giorgio Martini, architetto di corte, lo introduce all’arte di Melozzo da Forlì e di Ercole de’ Roberti. Quando riceve la commissione per la sacrestia di San Giovanni nel Santuario della Santa Casa di Loreto (1477) il suo linguaggio si è svuotato della fissità e del severo rigore pierfrancescano per aderire ad un gergo più arioso ed espressivo. Nella volta ottagona, scompartita da costoloni, angeli musicanti, evangelisti e dottori della chiesa campeggiano su un fondo azzurro impreziosito di luce d’oro. Nelle pareti le possenti figure dei dodici apostoli, ritratti a due a due, accompagnano l’episodio dell’Incredulità di San Tommaso e quello della Conversione di San Paolo (sopra la porta d’accesso). La sua pittura, nella quale è assoluta protagonista la figura umana, manifesta evidenti i segni del debito verso il Pollaiolo e verso il Bramante. Al 1482 data la chiamata a Roma per affrescare nella Cappella Sistina "Il Testamento e la morte di Mosè", scena veterotestamentaria, parte del gruppo commissionato ai maggiori pittori del tempo (Perugino, Botticelli, Ghirlandaio) dall’allora papa Sisto IV. Luca si dimostra abile nell’impaginare in sequenze narrative numerosi episodi distinti. Due anni più tardi dipinge la "Pala di Sant’Onofrio" per il Duomo di Perugia. E’ la definitiva adozione dello stile aulico ed eroico, di gran successo al tempo, rispondente agli ideali universalistici promulgati dalla Chiesa romana. Nel 1485 Luca si trasferisce a Firenze ed, entrato nel giro di artisti della corte medicea, si dà a rappresentare con grande forza persuasiva i temi neoplatonici. Il tondo della "Madonna con Bambino" (Firenze, Uffizi) è ispirato alla ricerca di un profondo accordo tra Antichità e Cristianesimo: i nudi sullo sfondo rappresentano abitanti dell’Età dell’oro che, con la bellezza dei corpi e della musica da loro suonata alludono alle armonie del creato e alla pace, presupposti indispensabili per la venuta del Cristo. Fino al 1492 il pittore lavora assiduamente in città, estraneo alle commissioni pubbliche (affidate agli astri Botticelli, Ghirlandaio, Filippino Lippi) ma ricercato dai privati. Con la morte di Lorenzo il Magnifico e il conseguente blocco delle commissioni, l’artista è costretto a lasciare Firenze. Tra il 1497 e il 1498 dipinge a Monteoliveto Maggiore, nel braccio orientale del Chiostro Grande dell’abbazia, alcuni episodi della vita di San Benedetto. E’ una sorta di prova generale per il più impegnativo incarico degli anni successivi: la decorazione delle volte e delle pareti della cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto, sua maggiore impresa pittorica. Nel 1502, quando il cantiere orvietano risulta ancora aperto, Luca è documentato a Cortona. Scampa alla peste che gli decima la famiglia e causa la morte del figlio Antonio, pittore anch’egli. Nell’intenso Compianto sul Cristo morto (Cortona, Museo Diocesano) sembra dare sfogo all’enorme dolore per la perdita dei familiari. Gli ultimi vent’anni di vita (muore nel 1523) vedono l’artista isolato, operante tra Siena, Cortona, Arezzo e i centri minori dell’Umbria. Egli assiste all’ascesa degli astri Michelangelo e Raffaello; cerca di competere con Perugino e Leonardo. Nella "Comunione degli Apostoli" del Museo Diocesano di Cortona fa della testa del Cristo il centro della composizione, alla ricerca di equilibrio e di simmetria classica. Le regole del naturalismo e dell’idealismo raffaellesco gli restano però estranee. Al paragone delle opere dei pittori emergenti all’inizio del nuovo secolo le sue appaiono sempre più statiche e chiuse nei contorni rigidi e nel colorito aspro. E’ a Roma nel 1513. Conosce Michelangelo e viene presentato al papa fiorentino Leone X. Non piace né all’uno né all’altro.

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